Viaggio nell’Albania che vota: brogli, compravendite e violenza. Sognando l’Europa

di Arber Agalliu

Il leader del Partito Socialista albanese Edi Rama ha già cantato vittoria nonostante sia stato scrutinato solamente il 25% delle urne. Se il Partito Democratico dell’attuale premier Sali Berisha accettasse una possibile sconfitta, l’Albania potrebbe segnare un nuovo capitolo nella sua storia politica, che potrebbe garantirgli un avvicinamento al sogno chiamato Unione Europea.

Perchè  fa tanto rumore una perdita di Berisha? Nel 1991, dopo 45 lunghissimi e difficili anni sotto il regime dittatoriale di Enver Hoxha, l’Albania riapriva gli occhi avviandosi verso una transizione democratica. Dal 1992 al 1997 il paese è stato guidato dal Partito Democratico, partito di destra con a capo Sali Berisha (ex membro del regime comunista). In seguito il potere e la guida della nazione sono passati nelle mani del Partito Socialista. Il 28 giugno 2009, grazie ad una coalizione con Ilir Meta leader del partito di sinistra LSI (Movimento Socialista Per L’integrazione), Berisha riesce a rivincere le elezioni nel paese.

Brogli, tangenti e repressione. L’opposizione guidata da Edi Rama, all’epoca sindaco di Tirana, denunciò dei brogli e non riconobbe l’esito delle votazioni, rinunciando in forma di protesta alla partecipazione alla vita parlamentare e accusando di corruzione molti membri di governo e lo stesso Berisha. Oltre alle manifestazioni in piazza, il Partito Socialista ha abbracciato anche lo sciopero della fame nel tentativo di attirare l’attenzione della comunità internazionale sulla situazione albanese. Queste proteste sono continuate senza sosta fino alla fine del 2010. Nei primissimi giorni del 2011 un video scandalo mandato in onda dall’emittente privata Top Channel, mostrava l’ex Ministro dell’Economia Dritan Prifti(LSI) ed il vice premier Ilir Meta(LSI) parlare di affari illeciti, di concessioni e di tangenti. L’opposizione, seguita da un grandissimo numero di sostenitori e non, si precipitò nelle piazze per gridare “NO” al governo corrotto. Queste proteste hanno avuto un tragico epilogo il 21 gennaio 2011, quando decine di migliaia di persone giunte a Tirana da diverse città dell’Albania formarono un grande corteo che a differenza delle occasioni passate, non aveva a capo nessun leader dell’opposizione. Diversi gruppi di persone circondarono il palazzo del governo scatenando la reazione della polizia, che sparò gas lacrimogeni sulla folla nel tentativo di disperderla, i camion idranti sembravano dei tori nel bel mezzo di una corrida, dove le persone lanciavano pietre, pezzi di legno e tutto ciò che trovavano sotto mano. Diversi veicoli delle forze armate vennero dati alle fiamme ed il fumo denso oscurò il cielo sopra Tirana preannunciando l’inizio di una dura guerriglia tra manifestanti e forze armate. Dal giardino del palazzo del governo la guardia repubblicana, incaricata di proteggere l’edificio nel caso in cui la folla avesse tentato di oltrepassare i cancelli, comiciò a sparare sulla folla uccidendo sul colpo tre manifestanti e ferendone altri 80. Un altro manifestante moriva qualche settimana dopo in Turchia dove era stato trasportato d’urgenza nel vano tentativo di salvargli la vita. 120 manifestanti furono fermati, molti di loro testimoniarono di essere stati picchiati e maltrattati all’interno delle caserme della polizia.

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Nuove elezioni, nuove violenze. Negli ultimi quattro anni l’Albania è entrata a far parte della NATO ed ha richiesto lo status di paese candidato ad entrare nella Comunità Europea, ma niente sembra essere cambiato, nonostante le elezioni del 2009 e quelle del 2013 siano state considerate come delle prove di democrazia e trasparenza dall’UE e dagli USA. Anche quest’anno non cambia il sipario che avvolge le elezioni nel paese delle aquile: spari, minacce, agressioni, favoritismi, compra-vendite di voti. Dal norda al sud del paese non sono mancati episodi di violenza, il fatto più grave è accaduto la mattina di ieri, durante l’apertura dei seggi elettorali a Laç, cittadina situata a 40 km a nord di Tirana, dove un sostenitore del LSI è stato freddato davanti al seggio elettorale, mentre un altro sostenitore del PD è rimasto ferito. La violenza non ha risparmiato neanche i giornalisti e le troupe televisive, scese in campo per documentare l’andamento delle elezioni. Sempre nella città di Laç, dove è stato brutalmente assassinato il sostenitore del centro sinistra, gli operatori dell’emittente Top Channel sono stati brutalmente aggrediti mentre cercavano di denunciare attraverso le loro riprese video un gruppo di sostenitori del Partito Democratico nel momento in cui impedivano l’entrata nel seggio elettorale agli elettori del centro sinistra, negando a quest’ultimi il diritto di voto. A Valona, è stata fatta saltare in aria la macchina del Segretario comunale del Partito Socialista Kreshnik Tepelena, mentre durante le ore serali anche la seconda autovettura di proprietà del segretario è stata presa di mira da degli ignoti, i quali hanno scaricato sull’automobile diversi caricatori di kalashnikov.  Lo stesso leader del LSI, Ilir Meta, ha denunciato che in alcuni seggi elettorali oltre alle aggressioni e alle minacce ricevute dagli elettori da parte di personaggi ignoti, sono state offerte somme di denaro a singoli elettori in cambio di voti a nome dell’intero nucleo familiare, inoltre in alcuni seggi sono risultati essere presenti molti più elettori rispetto alle schede elettorali.

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La compravendita dei voti. Il paese conta attualmente 2,8 milioni di cittadini, mentre gli elettori effettivi risultano essere 3,2 milioni, dal momento che molti albanesi che hanno diritto di voto risiedono all’estero, tutto ciò facilita quelle organizzazioni criminali che spalleggiano i partiti e che tramite le carte d’identità falsificate riescono a poter votare a nome di tutte le persone emigrate all’estero o addirittura di persone decedute. In altri casi sono stati gli stessi partiti ad offrire agli emigrati viaggi gratis per rientrare in patria durante il periodo delle elezioni, magari sfruttando l’occasione per farsi anche le vacanze estive. Il tutto in cambio del loro voto, che doveva essere documentato tramite le fotografie scattate dai celluari all’interno delle cabine di votazione. Per non parlare della compra-vendita dei voti che avviene nei villaggi albanesi, dove intere famiglie ridotte al lastrico, vendono il loro voto in cambio di 50 dollari, di qualche elettrodomestico, o addirittura in cambio di capi di bestiame. Ma non finisce qui. Ricordate lo scandalo delle scorse politiche, quando i grillini postarono sui social network le foto che ritraevano il loro voto a sostegno del M5S? Sembra che la stessa sindrome abbia colpito anche gli elettori albanesi, peccato che il “fotografo” in questione sia il Ministro dell’Interno Flamur Noka.

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Profilo dell'autore

Arber Agalliu
Odio ripetere il mio nome due volte quando mi presento agli altri, come odio rispondere a chi mi domandano se mi trovo meglio in Italia o in Albania. Io mi sento un italiano albanese a Firenze, ed un albanese italiano a Tirana.

Tra le varie collaborazioni in Italia ed in Albania c'è anche quella con ToscanaTv. All'interno del programma "Toscana senza frontiere" riporto la bella faccia dell'immigrazione, attraverso reportage e interviste da me realizzate.

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