Davanti al Parlamento a Roma si è svolta ieri una manifestazione curda in memoria dell’arresto del presidente del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) Abdullah Öcalan, avvenuto nel 1999. La manifestazione, autorizzata dal Comune ed assolutamente lontana da ogni qualsivoglia episodio di violenza, è stata però macchiata da quello che gli organizzatori hanno definito un evitabile episodio di intolleranza.
Le forze dell’ordine hanno infatti sequestrato, sotto ordine del Questore di Roma, tre bandiere identificate come appartenenti al PKK, adducendo a vaghe motivazioni di “opportunità”. Ad un primo rifiuto dei manifestanti, che considerano quelle bandiere il simbolo dell’identità curda e che non capivano i motivi di tale sequestro, gli agenti hanno reagito con vigore estirpando dalle mani dei manifestanti gli oggetti incriminati. Solo la natura estremamente pacifica della manifestazione ha impedito disordini ben più gravi, dei quali, spiegano sempre gli organizzatori “il Questore avrebbe dovuto rendere conto”.
Un gesto difficilmente qualificabile, soprattutto alla luce del fatto che popoli come quello curdo vengono in Italia sperando in quel clima di rispetto e libertà di pensiero che negli stati di origine viene evidentemente a mancare. Da notare inoltre il fatto che la nostra Costituzione non solo non vieta in alcun modo l’utilizzo di una bandiera PKK, ma più in generale si pone a tutela di ogni libertà di manifestazione. Ora i manifestanti richiedono a gran voce la restituzione delle bandiere, nonché spiegazioni e scuse per quello che a tutti gli effetti è stato considerato un gesto di censura.
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