Era il 30 agosto del 2008 quando a Bengasi il decaduto Silvio Berlusconi firmava il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia” con il defunto Muammar Gheddafi. Era l’inizio della politica dei respingimenti voluta fortemente dall’allora Ministro dell’Interno Maroni e dalla Lega, detentrice della golden share di quella maggioranza. Nonostante le denunce dell’Unhcr, di Amnesty International e di Human Right Watch, quegli accordi sono in gran parte ancora validi.
Dopo la caduta del Rais, il governo Monti li ha infatti rinnovati eliminando la parola “respingimenti”. Si è mantenuta, però, l’impostazione di fondo del trattato che aveva l’obiettivo dichiarato di bloccare in nord Africa i migranti. Ora anche il governo Letta ha firmato due accordi con le autorità libiche che consentiranno di rafforzare la cooperazione bilaterale tra Italia e Libia nell’ambito del controllo delle frontiere, “al fine di fronteggiare e ridurre l’emergenza immigrazione”. Il 28 novembre, infatti, a Roma si sono incontrati il ministro della Difesa Mario Mauro e il suo omologo libico Abdullah Al-Thinni.
Il primo dei due accordi firmati prevede il supporto delle autorità libiche per le attività di controllo del confine sud del Paese. I due ministri hanno sottoscritto inoltre un accordo relativo alla formazione del personale libico che prevede la possibilità di imbarcare ufficiali libici a bordo delle unità navali italiane impegnate nell’operazione Mare Nostrum. Al termine dell’incontro Mauro ha espresso la “preoccupazione per la perdita di vite umane e per l’impatto destabilizzante causato dai flussi di immigrazione che attraversano la Libia e i suoi confini”. Per il ministro, “confini sicuri e stabili sono indispensabili per una corretta gestione dei flussi migratori e per proteggere i diritti fondamentali degli stessi migranti”.
La storia degli ultimi anni ha però dimostrato che affidare il controllo delle frontiere e la gestione dei flussi migratori a paesi come la Libia è un atto irresponsabile. Migliaia sono infatti i migranti che hanno subito violenze e torture nelle carceri libiche. Molte donne, in particolare, sono state violentate mentre gli uomini venivano abbandonati nel deserto dalla polizia libica. Il tutto con il sostegno finanziario del governo italiano e calpestando le leggi internazionali che tutelano lo status di richiedente asilo e rifugiato politico. E la caduta di Gheddafi non ha certo migliorato la situazione dei migranti in Libia. Nel frattempo migliaia di loro sono morti cercando di attraversare il Mediterraneo e l’unica reazione del nostro Paese, oltre alla firma di questi nuovi accordi con la Libia, è stata l’operazione Mare Nostrum, l’ennesima risposta militare al problema dell’immigrazione.
E’ evidente che il controllo delle frontiere è una delle prerogative di uno Stato sovrano, ma questo deve passare per il rispetto della dignità della persona e dei diritti sanciti dalle convenzioni internazionali. Un Paese che si definisce civile non può firmare accordi bilaterali per il controllo dell’immigrazione con Paesi che torturano, violentano e uccidono i migranti. Se lo fa è da considerare corresponsabile di questi delitti. Lo pensavamo con Berlusconi al governo e lo pensiamo ora con Letta Primo Ministro.
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