Siracusa e gli sbarchi, un reporter si racconta: “La mia città accoglie mentre Alfano fugge”

Foto di Gaspare Urso

Intervista di Rossella De Falco

Non solo Lampedusa. Altre aree dell’Italia meridionale sono interessate da forti afflussi di migrazione forzata. La zona del siracusano, ad esempio. Proviamo ad approfondire la questione con chi la segue da vicino, giorno per giorno: Gaspare Urso è un giornalista del Giornale di Sicilia, con una decennale esperienza in cronaca politica e nera, che vive e lavora a Siracusa. Per la sua testata ha seguito avvenimenti come blitz antimafia o l’arresto del mostro di Cassibile, che ha terrorizzato il paese per 13 anni. Il contributo di Urso, lungi dall’essere una mera descrizione fattuale, può aiutarci a comprendere il perché di una storia agghiacciante, che coinvolge tanto i migranti quanto i cittadini e le istituzioni dell’Unione Europea.

Gli sbarchi che hanno interessato la zona di Siracusa sono stati meno analizzati e discussi rispetto a quelli, per esempio, di Lampedusa. Da dove vengono e da cosa fuggono, in prevalenza, i migranti che arrivano sulle coste di Siracusa?

Per la sua posizione, Siracusa e la sua provincia hanno attirato soprattutto profughi siriani. E’ stata questa la caratteristica principale degli sbarchi che hanno interessato Siracusa, così come Portopalo e in misura minore Augusta. Rispetto al 2012, quando in 12 mesi si sono registrati 15 sbarchi, dall’inizio dell’anno a oggi si sono contati 97 sbarchi con oltre 13 mila persone arrivate. Tra questi la maggior parte sono proprio famiglie siriane in fuga dalla guerra e dalla morte nel proprio paese. Una presenza così forte che si spiega proprio con la posizione di Siracusa e le esigenze dei profughi siriani che vedono nel capoluogo aretuseo una tappa di passaggio verso il Nord Europa, soprattutto Danimarca e Svezia dove ci sono grosse comunità siriane. In misura minore sono arrivati anche molti egiziani, quasi tutti minori non accompagnati. A Siracusa non si sono poi registrati naufragi tragici come purtroppo avvenuto a Lampedusa ma in pochi mesi sono stati migliaia i ragazzi, spesso anche bambini, arrivati sulla costa.

Alcuni episodi che difficilmente dimenticherai?

Ricordo un episodio del 29 agosto, quando al porto arrivò una motovedetta della Capitaneria a bordo della quale c’erano solo ragazzi, il più grande dei quali avrà avuto 16 anni. O ancora le due vite nate a bordo di un barcone, durante la traversata, con i militari della Capitaneria che hanno dovuto soccorrere una bimba di appena 4 giorni e un piccolo di tre giorni.

Solo una minima parte del totale di migranti e rifugiati fanno ingresso nel territorio italiano via mare, stando ai dati di organizzazioni quali l’UNHCR. Tuttavia, conosciamo l’enorme costo del fenomeno in termini di vite umane. Qual è il traffico che ruota intorno ai migranti che arrivano nel Siracusano?

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L’esplosione dell’emergenza sbarchi, soprattutto nella città di Siracusa che fino a pochi mesi fa non era mai stata interessata in maniera così ampia da questo fenomeno, è stata un affare soprattutto per gli scafisti di terra. La necessità delle famiglie siriane di spostarsi quanto più velocemente verso il Nord Europa li ha portati spesso a cercare passaggi, anche di fortuna, e a pagare cifre astronomiche (in qualche caso anche 800 euro a persona) pur di lasciare Siracusa dove quasi sempre sono rimasti massimo per 48 ore. Un traffico fiorente che in qualche caso ha visto tassisti improvvisati attendere poco fuori dal porto all’arrivo delle motovedette cariche di migranti. È così che a Siracusa è stata sfruttata, dal punto di vista economico, la tragedia siriana.

Quale la reazione dei siracusani di fronte a un tale dramma umano?

A fronte di chi ha approfittato dell’esigenza delle famiglie siriane, ci sono state centinaia di persone, associazioni e volontari che si sono spesi giornalmente per dare assistenza ai migranti. Le esigenze sono state tante e un episodio particolare è legato a una stanza della Capitaneria di porto che con il passare del giorno si è riempita di buste piene di abiti, soprattutto per bambini, che gente comune ha voluto donare per i migranti. Non sono mancate però le situazioni di conflitto e le lamentele, in qualche caso molto forti e al limite della xenofobia, da parte soprattutto di chi abita nelle zone che si trovano attorno al centro di accoglienza cittadino. Tante le lamentele di chi ha in più occasioni sostenuto un calo della sicurezza proprio per la presenza dei migranti. Una situazione identica si è ripetuta nell’area davanti una delle mense per i poveri della città dove per quasi un mese si sono radunati, quotidianamente, decine di migranti, soprattutto somali ed eritrei. Anche in quel caso forti mugugni. Va però detto che in tanti hanno lamentato lo scarso coinvolgimento dei migranti in attività che potessero tenerli occupati durante la giornata e favorirne l’integrazione.

Come funziona il meccanismo di soccorso e accoglienza per i migranti che arrivano nelle acque del canale di Sicilia? Ci sono particolari criticità da segnalare?

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Il meccanismo di primo soccorso, per quanto riguarda la zona di Siracusa, ha funzionato senza particolari criticità. Sono stati soprattutto gli uomini della Capitaneria di porto che hanno lavorato senza sosta, spesso in condizioni limite e di grande pericolo, per salvare la vita a migliaia di migranti. Diverso è il discorso per quanto avvenuto una volta portate queste persone sulla terraferma. Siracusa che non ha una storia di sbarchi ha sofferto i numeri enormi che hanno caratterizzato il periodo tra giugno e ottobre quando si è registrata una media giornaliera di 150 arrivi. Le strutture di accoglienza si sono rivelate inadatte a gestire numeri così elevati. Grazie a un accordo tra prefettura ed Emergency si è riusciti a garantire, seppure solo in determinate fasce orarie, l’assistenza medica ma il risultato di questa inadeguatezza è stato che gruppi di migranti per alcuni giorni sono stati sistemati in una struttura, a poche centinaia di metri dal porto, utilizzata come teatro e sala per eventi culturali. Qualche lacuna anche nella primissima accoglienza. Ricordo un episodio dei primi di settembre dopo uno sbarco su una spiaggia di Avola con un gruppo di 80 migranti che dopo essere stati per ore in attesa sul litorale, sono arrivati nella tarda serata in uno dei centri di accoglienza ancora con i vestiti umidi e affamati.

A Ferragosto si parlò tanto dei bagnanti corsi in mare per salvare i migranti…

L’episodio che ha avuto una risonanza nazionale, anche per il ringraziamento arrivato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è legato alla catena umana che si è formata sulla spiaggia di Morghella a Pachino, con i bagnanti che si sono buttati in acqua per soccorrere un barcone pieno di migranti. L’evento che voglio però ricordare è legato a una giovane siriana di 22 anni, Izdihar, morta il 18 settembre durante la traversata dall’Egitto a Siracusa. La giovane donna era malata di diabete e sul barcone è rimasta senza le proprie medicine morendo a tre giorni dall’arrivo sulla costa, stroncata da una crisi per mancanza di insulina. Con lei c’erano il padre, che aveva deciso di portarla in Europa proprio per farla curare, e la sorella. La città di Siracusa ha risposto a questa tragedia con un funerale celebrato nella piazza principale del centro storico. Un momento che ha unito cristiani e musulmani con la presenza dell’arcivescovo di Siracusa e dell’Imam di Catania che ha visto la partecipazione di tanta gente comune che ha voluto rendere omaggio, tra silenzio e lacrime, a quella povera vita spezzata troppo in fretta. Credo sia il momento che ha testimoniato meglio di altri la vicinanza di Siracusa ai migranti.

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Trovandoti a seguire da così vicino il fenomeno, qual è la tua opinione sulla gestione complessiva del fenomeno da parte delle amministrazioni locali? E per quanto riguarda Stato e Ue?

Chi è stato completamente assente in questi mesi sono state proprio le istituzioni e la classe politica. Mentre i militari, i volontari, la gente comune si sbracciava per aiutare i migranti, come spettatori non paganti gran parte degli esponenti politici, con qualche eccezione a livello locale, ha assistito in silenzio, spesso senza muovere un dito. L’episodio più significativo, in questo senso, è probabilmente legato alla visita a Siracusa del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Il vicepremier è rimasto a Siracusa un paio d’ore intimando ai migranti di farsi identificare, promettendo miglioramenti nel sistema di accoglienza e annunciando, in un territorio passato in un anno da 15 a 97 sbarchi, che nel caso in cui gli sbarchi fossero diventati emergenza si sarebbe pensato a  stanziare risorse e mezzi. Poi, evitando il passaggio dai centri di accoglienza, il vicepremier è ripartito. Tutto davanti a un piccolo comune come Portopalo che a fronte di 3.300 abitanti ha accolto 5.700 migranti e a Siracusa dove il sindaco ha lanciato continui appelli alla Regione, al governo e all’Unione Europea per le strutture al collasso e in stato di continuo sovraffollamento.


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