Dal 1984 alcune “leggi regionali, assieme allo stereotipo mai superato nell’immaginario collettivo di ‘rom=nomade‘, hanno di fatto legittimato e sostenuto politiche incentrate sulla costruzione di insediamenti riservati ai soli rom, in spazi isolati, recintati, distanti dalla città e lontani dai diritti, favorendo così la ghettizzazione, la stigmatizzazione e la segregazione delle comunità rom e sinte nel nostro Paese”.
L’associazione 21Luglio ha lanciato un appello ai Presidenti delle Regioni Lazio, Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Umbria per chiedere “l’immediata abrogazione delle rispettive Leggi regionali che, in nome della presunta ‘tutela delle popolazioni nomadi’, hanno istituzionalizzato la costruzione e la gestione dei ‘campi nomadi’ riservati esclusivamente a persone rom e sinte”.
“Tali norme”, continua l’appello, “seppur nate sulla spinta di lodevoli principi, sono sorte sul presupposto che rom e sinti siano per l’appunto “nomadi”. Per venire quindi incontro a tale presunta connotazione culturale, le Regioni italiane hanno istituzionalizzato nei loro territori i cosiddetti “campi nomadi”, nella convinzione che fossero la soluzione abitativa più idonea a garantire l’identità delle comunità rom e sinte e tutelarne la cultura”.
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