Ieri il parlamento turco ha definitivamente approvato una legge che restringe ulteriormente la libertà sul Web e dà al governo poteri di controllo diretto su internet senza dover passare per l’intermediazione della magistratura. D’ora in poi l’Ente governativo per le Telecomunicazioni (TIB) potrà infatti bloccare l’accesso ai siti web senza l’autorizzazione di un tribunale se ritiene che violino la privacy o contengano informazioni ritenute calunniose. La nuova legge costringe inoltre gli internet provider a conservare per 2 anni il registro delle attività degli utenti mettendo questi dati a disposizione delle autorità quando richiesto, senza avvisare gli utenti stessi.
La legge è stata voluta con forza dal primo ministro Erdogan preoccupato dalle continue proteste che da mesi scuotono il paese. Proteste che si alimentano e organizzano utilizzando i social network ed in particolare attraverso Twitter, definito da Erdogan “una minaccia”. Durante le manifestazioni della scorsa estate a Gezi Park decine di persone furono arrestate proprio per aver incitato ai disordini su Twitter, social network che nell’ultimo mese ha raccolto anche le proteste scatenate dallo scandalo che ha costretto alle dimissioni il ministro dell’Economia, il ministro dell’Interno e quello dell’Ambiente e Urbanizzazione. L’inchiesta, legata alla concessione di licenze edilizie, ha finora portato all’arresto di oltre 50 persone e costretto Erdogan, sfiorato anche lui dallo scandalo, ad un rimpasto di governo con il quale ha sostituito 10 ministri. L’opposizione afferma che la nuova legge è stata voluta dal Primo ministro proprio per nascondere lo scandalo all’opinione pubblica.
Il nuovo testo restringe ulteriormente la libertà sul Web in Turchia, libertà già messa a dura prova da una legge approvata nel 2007 che secondo Google pone il paese ai livelli della Cina in materia di censura online in quanto permette con molta facilità ai tribunali di bloccare temporaneamente siti web, blog e singoli utenti. A farne le spese anche colossi del calibro di WordPress o Youtube, che nel paese è stato bloccato per 2 anni tra il 2008 e il 2010.
Dura la reazione dell’opposizione che durante il dibattito parlamentare, per bocca del deputato Hasan Oren, ha paragonato Erdogan ad Adolf Hitler: “Quando è salito al potere diceva di voler promuovere la democrazia in Turchia – ha affermato Oren – ora sta tentando di realizzare il fascismo“. Anche l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OCSE) ha duramente criticato la legge in quanto permetterebbe alla TIB di “raccogliere i dati sugli utenti internet a loro insaputa e senza limiti di legge o restrizioni”.
Il governo ha respinto le critiche per bocca del vice primo ministro Bulent Arinc, il quale ha negato che in Turchia esista la censura su internet: “Siamo più liberi rispetto a molti altri paesi e abbiamo la libertà di stampa”. Anche se Reporter Senza Frontiere relega la Turchia, paese che al momento ha più di 40 giornalisti rinchiusi nelle proprie carceri, al 154° posto su 179 nella classifica mondiale della libertà di stampa. Con l’approvazione di questa nuova legge continua la sua inesorabile discesa verso gli ultimi posti.
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