Yasser Arafa è uno dei leader del comitato “Libertà e Democrazia per l’Egitto” che con Khaled Ismail mi ha ospitato nel suo garage per parlare di quello che sta accedendo in Egitto. Sono anni che ormai vivono e lavorano a Roma, ma da un anno sono attivi sia a Roma che a Milano con il loro comitato e le loro iniziative antigolpiste. Intervista di Carlo Barberio
Quando nasce ufficialmente il comitato?
Il comitato “Libertà e Democrazia per l’Egitto” nasce ufficialmente il 27 luglio 2013 in seguito agli avvenimenti che hanno interessato l’Egitto negli ultimi mesi culminati con il rapimento e la destituzione del presidente Mohamed Morsi e l’ascesa al potere del regime militare di Abdel Fattah Al-Sisi.
Il comitato da chi è formato?
Tra i promotori del comitato vi sono uomini e donne italo-egiziani che credono nella libertà del popolo egiziano ed è sostenuto da tutti coloro che hanno a cuore i diritti fondamentali dell’individuo: ripristino della democrazia e il ritorno alla legalità. Proveniamo dai più svariati ceti sociali, rappresentiamo le varie anime dell’Egitto, dal religioso al laico, musulmano e copto, nasseriano e repubblicano accomunati dalla volontà di intraprendere un discorso che riporti il Paese su binari democratici e con la speranza di un totale allontanamento dall’esercito al di fuori dalla sfera politica.
Invece l’esercito è tornato a governare il paese dopo la breve parentesi del presidente deposto Morsi. La manifestazione del 3 maggio avvenuta a Roma era a favore dell’ex-presidente, identificando in lui i valori di democrazia e libertà. In realtà come si è svolto il suo breve anno di presidenza?
In realtà non è mai stato messo nelle condizioni di lavorare sin dallo scioglimento della camera bassa del parlamento dove i Fratelli Musulmani avevano la maggioranza. Lo scioglimento avvenne in un momento molto delicato per il paese alla vigilia delle elezioni presidenziali. Era il preludio al colpo di stato. Il provvedimento della corte costituzionale egiziana annullò di fatto le vicende dei mesi della rivoluzione che portarono alla caduta di Mubarak ed alle prime libere elezioni svoltesi nel Paese.
Quali furono le motivazioni che spinsero la corte costituzionale egiziana a prendere tale decisione?
Il provvedimento fu ovviamente mosso da considerazioni politiche in un paese nel quale le classi dominanti non hanno mai visto di buon occhio i fratelli mussulmani. Il risultato dell’elezioni deluse soprattutto chi auspicava una direzione più occidentale dell’Egitto: i militari! Preoccupati di perdere i loro privilegi, sono stati loro ad essere i veri registi dietro le quinte di un film di cui noi tutti siamo stati vittime. Dalla caduta di Mubarak, hanno preso le parti del popolo solo per cercare di averne gli appoggi e le simpatie, per poi condurci in un paese dove non c’è libertà d’espressione e dove vige la legge marziale. Si sono avvalsi dei mas media per boicottare Morsi accusandolo di tutto ciò che succedeva di negativo durante il suo periodo di presidenza. Hanno creato e finanziato organizzazioni pseudo – rivoluzionarie come quelle dei “Tammarod” che scesero in piazza a chiedere la destituzione del nostro ex presidente, democraticamente votato. Hanno offuscato la mente degli egiziani muovendoli come burattini e nel frattempo si sono impadroniti del paese ammazzando e arrestando chiunque la pensasse diversamente da loro e mettendo al bando i movimenti che avevano liberato l’Egitto da Mubarak.
Ormai possiamo dire che a capo dello stato ci sarà Abdel Fattah Al-Sisi ex comandante delle forze armate egiziane. Il suo governo sarà formato da tantissimi esponenti del vecchio regime di Mubarak, nonostante siano stati precedentemente condannati. Dalla rivoluzione ad oggi il popolo egiziano ha viaggiato sulle onde di uno stato onirico indotto dall’esercito, al risveglio la sola differenza di avere Al-Sisi piuttosto che Mubarak…
Non solo. Anche migliaia di giovani in meno, che ogni giorno muoiono sotto le pallottole dell’esercito, autorizzato dalla legge sulle manifestazioni promulgata a novembre del 2013 da Adly Mansour a l’uso della forza eccessiva, inclusa quella letale contro i manifestanti. Quando, qui a 2000 km di distanza, vediamo le immagini delle manifestazioni in Egitto con famiglie, bambini, protestare sventolando con coraggio il simbolo di Rabaa, sentiamo che ciò che facciamo qui con il comitato sia nulla al confronto. Molti giornalisti sono in prigione e in più sono state emesse 638 condanne a morte, chiunque protesti è accusato di terrorismo. I fratelli musulmani sono stati messi al bando mostrandoli al mondo come se fossero dei mostri. in realtà in Egitto si contano solo 600mila persone che hanno aderito al loro partito. Noi non facciamo parte dei fratelli mussulmani ma se all’elezioni vincono e perché sono sempre stati attivi nel sociale e vicini al popolo con azioni concrete e se anche alcuni di noi non hanno votato Morsi, ora per tutti coloro che voglio vivere liberi è diventato il simbolo della resistenza di un sogno tramontato sotto i fucili del regime militare.
Per quale motivo Al Sisi riceve tanti appoggi non solo dai governi occidentali ma anche all’interno del proprio paese?
In Egitto vi è un grande tasso di analfabetismo che sfiora il 40% e in un paese dove vige troppa ignoranza è facile da modellare e convincere. Il “film”, che ha portato avanti l’esercito, per molti dei nostri connazionali continua, con il seduttore Al Sisi nel ruolo di attore principale. Altri invece hanno paura di esprimere le loro idee o di protestare. Inoltre l’Egitto è stato per sessant’anni sotto la dittatura militare ed ora non è facile convincere la gente, soprattutto gli anziani, a cambiare. Quelli che scendono in piazza a favore di Al Sisi, infatti, sono gente vecchia, abituata ad essere schiava. Per il resto della popolazione invece resta infranto il sogno di vedere per la prima volta il popolo al potere ed uno stato libero e democratico.
A cosa mirate manifestando e facendo sentire la vostra voce qui in Italia?
Informare e sensibilizzare. In Italia sulle tv nazionali non si parla di quello che succede quotidianamente in Egitto. Noi ci proponiamo anche con il ruolo di media. Miriamo a far arrivare alle istituzioni italiane la verità cercando di far capire loro che se in Egitto si mantiene una situazione instabile come in Libia e Tunisia la gente è costretta a scappare dirigendosi in Italia. La politica italiana deve riflettere su che ciò che sta accadendo in Egitto, perché la situazione potrebbe avere conseguenze anche nel vostro paese. Inoltre ci proponiamo di mostrare realmente come l’esercito crea consensi, e quanti ragazzi sono feriti e uccisi. Normalmente l’esercito deve dare le spalle al paese con la faccia rivolta fuori ai propri confini, i nostri militari, invece, hanno la faccia dentro e le spalle fuori. Detengono non solo il potere politico ma anche economico. Producono dagli elettrodomestici al grano, sono proprietari d’industrie e di ospedali di primissimo ordine. Il tentativo di Morsi durante il suo periodo di presidenza era di uscire da sotto i piedi degli USA e fare dell’Egitto un paese autonomo e indipendente. Ma questo poteva rappresentare una minaccia per l’Arabia Saudita, preoccupata che i sentimenti di rivolta possano arrivare nel loro paese, finanziano il regime con fiumi di petroldollari, facendo dell’Egitto una solida sponda in campo arabo capace di sostenerla nei suoi maneggi. Al-Sisi, oltre tutto, è sostenuto da Israele che vede in lui un alleato prezioso, soprattutto dopo la salita al potere di Mohamed Morsi, dove la situazione, particolarmente nell’area del Sinai, poteva rappresentare un’insidia per la stabilità dello stato ebraico.
Infine, quando ci sarà la possibilità di rivedere a Roma una manifestazione che ha coinvolto centinaia di persone come quella del 3 Maggio e come porterete avanti le vostre iniziative?
È difficile dire quando potremo, in primis bisogna ottenere i permessi dalla questura e poi bisogna sostenere i costi piuttosto alti per una manifestazione. Il comitato è in vita autofinanziando le proprie iniziative, e attraverso lo stretto contatto con giornalisti, attivisti che seguono le piazze teatro delle maggiori manifestazioni in Egitto continueremo ad aggiornare, anche semplicemente con presidii, l’Italia e l’Europa, con lealtà su quanto accade in Egitto. Il comitato è aperto a tutti e per chi volesse fare una donazione per sostenere questa campagna di sensibilizzazione o voglia aderire al comitato può contattarci direttamente sul nostro sito egittodemocratico.org.
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