Speranza per Meriam, la condanna a morte non è definitiva

Meriam Yeilah Ibrahim con il marito Daniel Wani

Si riaccendono le speranze per Meriam Yeilah Ibrahim, la donna sudanese di 27 anni condannata a morte per apostasia dal tribunale di Khartum. La condanna, infatti, non sarebbe definitiva e potrebbe essere annullata nel prosieguo del processo. Lo afferma Antonella Napoli, presidente di Italians For Darfur, la quale avrebbe ricevuto rassicurazioni in merito da Khalid Omer Yousif di Sudan Change Now, Ong che giovedì scorso aveva diffuso la notizia e lanciato una mobilitazione a sostegno della donna incinta di 8 mesi e madre di un bimbo di un anno e mezzo.

Precisazioni riguardo al processo in corso sono arrivate anche da Al-Fateh Ezzedin, presidente del Consiglio Nazionale sudanese, il quale ha affermato che “la sentenza di morte è una condanna di primo grado nell’ambito di un processo che avrà tutte le sue tappe giudiziarie, fino alla Corte Costituzionale”.

Meriam continua ad essere nel carcere dove dal 17 febbraio è rinchiusa insieme al figlio dopo che il fratello l’aveva denunciata per apostasia essendosi convertita al cristianesimo e sposata con un uomo di fede cristiana. Il tribunale, applicando la legge della Shari’a, l’aveva condannata a morte sospendendo la condanna fino al secondo anno del bimbo che a breve darà alla luce. Sempre che le complicazioni dovute allo stress non mettano a rischio la gravidanza della donna.


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