Rock e ska per l’Amazzonia, Doctor Krápula a Roma

Milioni di spettatori in tutta l’America Latina, tre nomination ai Grammy latini e altrettante agli Mtv awards, un disco d’oro nel 2013. Sono solo alcuni dei numeri dei Doctor Krapula, un gruppo rock alternativo che trasmette messaggi di trasformazione e di attivazione della coscienza attraverso musica popolare ‘meticcia’ che incontra ska, reggae, punk e salsa.

Nati artisticamente nel 1998 a Bogotà, in quasi 15 anni di carriera e 6 lavori discografici, i Doctor Krapula si sono posizionati come leader del movimento artistico cosciente dell’America Latina.

E dopo il successo internazionale, il 18 giugno 2014 è stato indubbiamente un giorno storico per la band: dopo due due anni di ricerca il frontman Mario Munoz e i suoi soci hanno coinvolto più di 30 artisti (musicisti internazionali, ma anche pittori, fotografi e grafici) con un solo obiettivo: dare una voce ai popoli indigeni dell’Amazzonia e alla difesa del loro territorio.

Sotto la guida di Fundacion Terra Nova, associazione che da molti anni lotta al fianco delle popolazioni minoritarie in Colombia e nei territori del trapezio amazzonico, la band ha iniziato quindi un attento processo di coinvolgimento di colleghi-amici e di scrittura di musiche e testi.

IL TOUR E LA TAPPA ROMANA – Il grido silenzioso dei popoli dell’Amazzonia è sbarcato in Europa per l’Ama-zonas / European Tour 2014 e toccherà Roma il 10 luglio alle 21.30 presso la Villetta della Garbatella, ospiti dell’Associazione Frontiere. Il concerto è totalmente gratuito e sarà l’opportunità per i fan italiani di ascoltare dal vivo, in una delle sedi storiche della cultura alternativa cittadina, una delle realtà più importanti del panorama musicale latino.

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L’ALBUM – Le 26 canzoni che compongono l’album si dipanano come un unico racconto e per questo dovrebbero essere proprio ascoltate in sequenza. Un viaggio attraverso coloriture stilistiche variegate nelle acque sinuose – ora tumultuose, ora placide – di un fiume di note che sembrano riflettere specularmente quelle del fiume reale, sempre presente e invocato nelle liriche del disco. Il ‘Realismo Magico’ di Marquéz nella sua espressione musicale. Le canzoni propriamente dette vengono intervallate da intermezzi di canti tradizionali, cosa che sicuramente contribuisce a rafforzare il messaggio di unità e continuità temporale e culturale con le popolazioni native.

“Siamo parte, niente è nostro” è una frase che si “incolla” alla memoria degli ascoltatori, chiamati a riflettere sui mali che affliggono l’Amazzonia, evidenziati da brani come ‘Olvidamos’, ‘Fragil Alegria’ o ‘Como’, seppur controbilanciati dalla sferzante allegria degli altri pezzi, tra tutti la title track – e dalla potente energia affabulatoria di chi canta con determinazione un dolore profondo – esemplari i brani ‘El Rugido del Jaguar’, ‘Grito de la Selva’, ‘Selva Cumbia’ e ‘Puerto Carrettera’. Un grande coro di voci che diventa uno tsunami culturale, come recita uno dei brani: “veniamo tutti dalla stessa sorgente e siamo diretti allo stesso mare”.


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