Tutto è nato da una proposta fatta dal sottosegretario agli Interni Domenico Manzione durante una riunione del Tavolo nazionale sull’Immigrazione: affidare i minori stranieri non accompagnati alle famiglie che ne facciano richiesta, pagando loro 30 euro al giorno. L’idea non è passata inosservata ottenendo consensi entusiasti come quello del sindaco Marino, ma anche stroncature come quella del Ministro dell’Interno Alfano che in un impeto d’ira ha tuonato contro il suo sottosegretario, affermando che “il Viminale non tirerà fuori un euro per finanziare questa iniziativa”.
La proposta si basa sul principio di non discriminazione sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con la legge n. 176/91. Questa stabilisce che tutti i minori, ovunque essi siano, hanno una serie di diritti che devono essere rispettati. Di conseguenza i minori stranieri non accompagnati dovrebbero avere gli stessi diritti di quelli italiani.
Nella realtà, purtroppo, questo principio viene quasi sempre violato. Basti vedere la condizione in cui versano i centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati in Sicilia. Persino il Wall Street Journal se ne è occupato, denunciando la situazione delle strutture di Porto Palo di Capo Passero, Priolo e Augusta. Sono tutti centri di prima accoglienza pensati per ospitare i minori per massimo 72 ore, ma che nella realtà li ospitano illegalmente per mesi, nell’attesa che vengano trasferiti in strutture di seconda accoglienza.
Ma quanti sono i minori stranieri non accompagnati segnalati in Italia e quanto costano alle casse dello stato? Secondo il report di agosto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, sono circa 11 mila. La maggior parte dei minori che arrivano nel nostro paese ha un’età media compresa tra i 14 e i 17 anni. Sono perlopiù maschi (7.713 contro 526 femmine) e arrivano soprattutto dall‘Africa, dal Medio Oriente e dall’Est Europa. In media lo stato spende circa 80 euro al giorno per ognuno di loro, una bella differenza rispetto ai 30 euro che verrebbero corrisposti alle famiglie affidatarie.
Il rapporto parla anche di 522 minori stranieri non accompagnati presenti nel Lazio. Sono quasi tutti ospitati a Roma, città che ha in carico un totale di circa 3 mila minori tra italiani e stranieri. E proprio il sindaco Marino è stato il primo a rispondere con entusiasmo alla proposta ufficializzata nei giorni scorsi dal Tavolo nazionale sull’immigrazione. “La possibilità che i minori possano venire ospitati dalle famiglie che ne facciano richiesta – ha affermato il primo cittadino della capitale – non è una mia idea. E’ frutto del diligente lavoro del ministero dell’Interno, discussa al Tavolo nazionale immigrazione e già sperimentata da tempo in alcune realtà italiane con il coordinamento di nove Caritas diocesane tra cui Milano, Savona e Genova”.
In effetti esistono alcuni progetti pilota che hanno sperimentato con successo l’affidamento dei minori stranieri non accompagnati alle famiglie. “Sicuramente l’affido ad una famiglia rappresenta la soluzione migliore rispetto al collocamento in comunità – conferma Viviana Valastro, responsabile dei Progetti protezione minori di Save the Children – Questo perché in via di principio è evidente che per un minore l’ambiente familiare è quello più idoneo. Il collocamento in comunità dovrebbe rappresentare l’extrema ratio”.
Bisogna però fare i conti con la realtà. “Nel nostro paese manca un sistema nazionale per l’accoglienza dei minori non accompagnati – prosegue Valastro – Questo vuol dire che quando si intercetta un minore non accompagnato sul nostro territorio, non c’è al momento una banca dati che consenta alle autorità di pubblica sicurezza o ai servizi sociali di trovare una famiglia affidataria e, in mancanza di questa, sapere se ci sono posti disponibili nei centri per minori”.
E come al solito le cose sono molto più complicate di quello che sembra. “Ad oggi non è possibile realizzare questa proposta – dice chiaramente Viviana Valastro – I comuni virtuosi che hanno creato un database dei centri di accoglienza e delle famiglie affidatarie si contano sulla punta delle dita. Chiaramente le famiglie affidatarie devono essere controllate e selezionate dai servizi sociali, soprattutto quando ricevono dei soldi. Il rischio è che possano presentarsi persone attratte dai 900 euro al mese. Le famiglie selezionate, poi, devono essere formate all’accoglienza di minori stranieri che hanno differenti esigenze. E’ fondamentale che intorno a queste famiglie si crei una rete che possa aiutarle dal punto di vista legale, burocratico, scolastico e linguistico”.
Poi la rappresentante di Save the Children sottolinea altri fattori da tenere in considerazione: “Un problema che spesso si verifica negli affidamenti di minori è che le famiglie si aspettano dei bambini piccoli, quando le statistiche ci dicono che la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati sono degli adolescenti. Anche i centri di accoglienza sono pensati per bambini piccoli italiani mentre servirebbe una accoglienza più leggera, definita di semi-autonomia, che offra parallelamente servizi fondamentali per degli adolescenti stranieri, come l’orientamento al lavoro e i corsi di lingua”.
La realtà è che il sistema italiano dell’accoglienza andrebbe completamente ripensato dalle fondamenta. Nelle attuali condizioni, anche un’ottima prassi come quella dell’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati risulta essere di difficile attuazione. Questo perché necessita di molte altre azioni preventive che richiedono tempo e investimenti, cose di cui l’Italia sembra al momento sprovvista.
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