Negli ultimi dieci anni, ossia da quando MSF e l’Osservatorio di Pavia indagano sulla copertura mediatica delle crisi umanitarie, lo spazio dedicato dai notiziari di prima serata ai contesti di crisi è crollato dal 16,5% nel 2004 al 2,7% nel primo semestre del 2014. Questo è l’amaro bilancio di Medici Senza Frontiere in occasione della presentazione del 10° Rapporto “Le crisi umanitarie dimenticate dai media”. “Sono passati dieci anni dalla prima analisi sulle crisi dimenticate ed è tempo di bilanci”, dichiara Gabriele Eminente, direttore generale di MSF Italia. “Se da un lato è indubbio che i telegiornali di prima serata siano sempre più chiusi nei confronti delle crisi umanitarie che avvengono più o meno lontane da noi, è altrettanto vero che in questo decennio il panorama dell’informazione televisiva è molto cambiato. Anche in Italia, infatti, sono nati dei canali tematici dedicati all’informazione, come Rainews o Tgcom24 ma la maggior parte delle persone continua a informarsi tramite i notiziari di prima serata. Inoltre, da una recente indagine Eurisko emerge che il 63% della popolazione italiana desidera ricevere dai media più informazioni sulle emergenze umanitarie. Per questo riteniamo che i TG abbiano ancora una grande responsabilità e un importante ruolo da giocare sulla rappresentazione di crisi che hanno impatti gravissimi sulla vita di milioni di persone”.
L’indagine – che prende in esame la copertura delle crisi umanitarie nei principali notiziari di prima serata della televisione generalista (3 della TV pubblica e 4 della TV privata) nell’arco di un decennio – presenta un quadro inaccettabile: i riflettori, quando si accendono, vengono puntati per breve tempo soprattutto su conflitti e atti terroristici (il 65,5% sul complessivo delle notizie pertinente sulle crisi) mentre l’attenzione maggiore è rivolta a fatti che riguardano il coinvolgimento di occidentali. La percentuale delle notizie dedicate a povertà e malnutrizione è invece pari all’1,5%; mentre quelle relative alle emergenze sanitarie sono solo 293 in 10 anni (pari all’1%).
Queste crisi arrivano nei notiziari solo quando diventano allarmi internazionali, come è il caso dell’ebola quest’estate. Inoltre, se una crisi non è sufficientemente drammatica o non è avvenuta una catastrofe, viene a mala pena considerata dalla nostra informazione. Le crisi croniche e per questo meno eclatanti, non vengono raccontate se non sporadicamente. Dieci anni di analisi suggeriscono anche una classificazione nella rappresentazione delle crisi: vi sono crisi continuamente visibili, che in ragione della gravità e della rilevanza geopolitica hanno ampia visibilità (le guerre in Iraq e in Afghanistan, la crisi mediorientale e quella siriana); poi le crisi “a singhiozzo”, quelle crisi su cui si accendono i riflettori in concomitanza di eventi significativi e che, terminata l’emergenza, scompaiono nell’ombra (una su tutti la crisi in Sud Sudan, balzata nelle prime pagine di tutto il mondo per le proteste inscenate da personaggi come George Clooney); infine le crisi invisibili, che non entrano nell’agenda dei telegiornali e se succede è perché sono ricordate in quanto dimenticate. È il caso della Repubblica Centrafricana la grande assente in 10 anni di analisi e presente in soli due servizi nella prima metà del 2014.
Lo scenario generale delle notizie nei Tg del 2013 continua a essere caratterizzato da un’inevitabile accentuazione dell’attenzione alla crisi economica in Italia e in Europa e di conseguenza della politica, tanto che si riduce ulteriormente anche lo spazio delle soft news (curiosità, gossip, costume) . Tuttavia, si rileva una preoccupante tendenza all’infotainment, ovvero l’aumento nell’agenda dei telegiornali (e dei programmi di informazione in generale) di elementi di intrattenimento, in modalità e quantità differenti nei diversi notiziari. Le notizie di cronaca rosa, di gossip o di cronaca nera si alternano a quelle di politica interna a quelle di economia, di salute e di politica estera.
Il confronto con i notiziari di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna fa emergere inoltre la maggiore attenzione che i notiziari europei dedicano alle crisi umanitarie internazionali, rispetto a quelli italiani e in particolare un modo diverso di costruire il telegiornale, in cui si trova lo spazio per raccontare contesti e situazioni di crisi anche croniche e non legate all’urgenza degli eventi. Si riconferma il distacco del principale telegiornale della rete pubblica italiana rispetto agli omologhi europei: la percentuale che il TG1 dedica alle crisi umanitarie dimenticate (3,0% nella prima metà del 2014) è la metà di quello francese e meno di un quarto di quello tedesco. “Quando una notizia non è nei TG, non lo sono neanche le popolazioni vittime di violenze, sfollamenti, fame e malattie.
Negli ultimi anni, MSF ha aumentato i propri sforzi nelle aree di crisi più dimenticate, essendo in molti casi l’unica organizzazione a prestare soccorso a persone che altrimenti non avrebbero nessun tipo di attenzione. Per questo”, conclude Gabriele Eminente, “MSF continuerà a sollecitare i media ad accendere un riflettore sulle crisi umanitarie che rimangono nascoste agli occhi del pubblico, perché siamo sempre più convinti che la pressione dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica su governi, autorità o attori umanitari e politici, anche in paesi remoti, può fare la differenza e spingere ad agire in favore delle persone in difficoltà”.
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