Libia, primi passi di riconciliazione

di Alessandro Pagano Dritto

(Twitter: @paganodritto)

 

Ghadames, 29 settembre 2014: inizia il Dialogo Nazionale mediato dalle Nazioni Unite.

Intervistato dalla Reuters, il Presidente della United Nations Supporting Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni Unite in

Ghadames, 29 settembre 2014: foto di gruppo dei partecipanti al primo incontro del Dialogo Nazionale. (Fonte: www.unsmil.unmission.org)
Ghadames, 29 settembre 2014: foto di gruppo dei partecipanti al primo incontro del Dialogo Nazionale mediato dalle Nazioni Unite. Nella prima fila, secondo da sinistra nel gruppo di uomini al centro, si riconosce il capo dell’UNSMIL Bernardino Leon. (Fonte: www.unsmil.unmission.org)

Libia, UNSMIL) Bernardino Leon, ha detto che la prossima tappa del Dialogo Nazionale libico sarà parlare alle milizie, ottenere che queste escano dal perimetro delle città del paese e che instaurino un duraturo cessate il fuoco.

La prima tappa di questo Dialogo Nazionale è avvenuta il 29 settembre 2014 in una cittadina della Libia sud occidentale, Ghadames: vi hanno partecipato i membri del parlamento nato dalle elezioni di giugno e stanziato a Tobruk – la House of Rapresentatives (Casa dei Rappresentanti, HOR) – e un gruppo di dissidenti del parlamento stesso che dopo l’elezione non aveva più preso parte alle sue riunioni.

Il comunicato che è seguito all’incontro illustra alcuni risultati raggiunti: la cura dei feriti dei diversi campi in contrasto tra loro – verosimilmente si allude allo scenario di Tripoli e al contrasto con Tobruk – e la volontà di cooperare per il recupero degli aeroporti.

Attualmente la situazione degli aeroporti in Libia è molto precaria: quello internazionale di Tripoli è stato danneggiato dai combattimenti di questa estate e risulta di fatto inutilizzabile, mentre quello di Bengasi è continuo oggetto di contesa tra le truppe del Generale Khalifa Hafter che al momento lo posseggono e i miliziani della coalizione della Benghazi Revolutionaries Shura Council (Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi, BRSC) della quale fa parte Ansar al Sharia. Il 2 ottobre 2014 si è consumato nell’aeroporto bengasino di Benina uno degli episodi più violenti del dopoguerra quando alcune detonazioni suicide hanno aperto la strada all’ennesimo attacco dei militanti e ne sono seguiti duri scontri: secondo le cifre fornite dal governo di Tobruk, nell’episodio sono morti 24 soldati e ne sono stati feriti 12, mentre nel fronte opposto i morti sono stati 6 e i feriti 68.

Gli aeroporti principali in funzione in Libia rimangono dunque due: quello di Mitiga a Tripoli, originariamente concepito però per funzioni militari e oggi controllato dal governo occidentale, e quello di Sebha in Fezzan, nel Sud-Ovest del paese, in una zona periodicamente – e anche di recente – scenario di scontri tribali. La questione del controllo degli aeroporti e del loro libero utilizzo rimane quindi centrale in ottica di una ripartenza del Paese nordafricano.

Sui risultati del Dialogo Nazionale, che più volte ha ricevuto l’appoggio ufficiale di praticamente tutte le nazioni straniere, Leon non si faceva

Bernardino Leon, attuale presidente dell'UNSMIL. (Fonte: www.reuters.com)
Bernardino Leon, attuale presidente dell’UNSMIL. (Fonte: www.reuters.com)

certo, già prima dell’inizio ufficiale, illusioni di sorta, ma rimaneva comunque ottimista. In una recente intervista alla testata Al Arabiya il numero uno dell’UNSMIL ha dichiarato che il disarmo delle milizie, il cessate il fuoco su tutti i fronti e la pace in Libia non saranno traguardi ottenibili dall’oggi al domani, ma di certo si può credere nella possibilità di ottenerli: Leon afferma che tutti i capi milizia con cui ha parlato sono consapevoli del problema che gli scontri armati rappresentano per il Paese e che, grazie a un tessuto sociale molto più omogeneo che altrove è convinto che la Libia potrà risollevarsi presto da questa situazione di stallo.

Al momento, però, il Dialogo non ha ottenuto il favore di tutte le componenti dei conflitti sul terreno: dando per scontata la non adesione del BRSC di Ansar al Sharia, che non ha mai accordato alcuna fiducia al sistema democratico e parlamentare che invece si pone all’interno dei punti non negoziabili del Dialogo, ne hanno per il momento preso le distanze i componenti della Libya Dawn, la coalizione militare facente capo alla città di Misurata, e i loro rappresentanti politici in larga parte referenti al campo islamista. A Tripoli infatti la Libya Dawn ha installato un parlamento di riferimento, il General National Council (Consiglio Generale Nazionale, GNC) e un governo presieduto da Omar al Hassi: entrambi, parlamento e governo di Tripoli, non hanno riconoscimento ufficiale all’estero, nonostante i tentativi fatti di proporsi come interlocutori credibili.

Sulle stesse posizioni delle autorità politiche di Tripoli si sono posti anche la massima autorità religiosa libica – il Grand Mufti Sheik Sadek al Ghariani – e l’istituzione religiosa cui lo stesso Mufti fa riferimento, la Dar al Ifta, che ha sollevato un problema di costituzionalità della HOR. Secondo questa tesi la HOR dovrebbe aspettare la sentenza della Corte Suprema sulla sua costituzionalità prima di poter ergersi a rappresentante ufficiale del paese all’interno del Dialogo Nazionale e quindi il Dialogo stesso dovrebbe fermarsi e continuare solo dopo la sentenza, che dovrebbe essere emessa in Novembre.

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Una posizione più defilata è invece stata assunta dalle Libyan Shield Forces, il gruppo di milizie che compone buona parte dell’ossatura militare della Libya Dawn: un loro comandante, parlando a loro nome e non a nome dell’intera coalizione, ha reso nota una sostanziale posizione di neutralità: né pro né contro il Dialogo.

 

25, 26 e 27 settmbre 2014: la Libia al vertice di New York delle Nazioni Unite.

Il Dialogo Nazionale introdotto a Ghadames, alla cui realizzazione Bernardino Leon lavora dal suo insediamento agli inizi di settembre, è

Il presidente della Haouse of Rapresentatives (HOR) Ageela Issa, che ha tenuto il suo discorso alle Nazioni Unite il 27 settembre 2014. Qui con il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. (Fonte: www.unmultimedia.org)
Il presidente della House of Rapresentatives (HOR) Ageela Issa, che ha tenuto il suo discorso alle Nazioni Unite il 27 settembre 2014. Qui con il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. (Fonte: www.unmultimedia.org)

stato in qualche modo introdotto già nelle occasioni in cui al vertice delle Nazioni Unite di New York, tenutosi tra il 24 e il 30 settembre, si è parlato di Libia.

Le occasioni sono state tre: una riunione molto ampia il 25 settembre, il 26 una riunione dei paesi vicini della Libia che ha proseguito il discorso intrapreso al Cairo in agosto, e infine il discorso pubblico del Presidente della HOR Ageela Issa.

Tra i testi prodotti in queste occasioni, il più significativo sembra essere quello del discorso di Issa perché ufficializza agli occhi della comunità internazionale la posizione delle autorità di Tobruk. Se infatti in precedenza c’erano state dichiarazioni possibiliste da parte dell’ormai ex Ministro della Giustizia Saleh Marghani – che a Roma aveva fatto trasparire, parlando all’Agenzia Nova, la possibilità di dialogare con alcuni degli oppositori – e un recente articolo della Reuters mette in luce le contraddizioni che all’interno del parlamento orientale vi sono su diverse questioni e sui diversi atteggiamenti da assumere, il discorso di Issa ufficializza invece una posizione di netto contrasto, di linea dura, verso gli islamisti di Tripoli.

Dice infatti il rappresentante politico: «I gruppi armati che hanno catturato la Capitale hanno dichiarato chiaramente la loro opposizione alle istituzioni legittime dello Stato e il loro tentativo di rovesciare l’eletta House of Representatives e il governo che ne è risultato nell’apparente sforzo di deviare il processo della transizione democratica e rovesciare l’autorità legittima formando un governo parallelo». E prosegue, dopo aver accusato gli islamisti di aver eliminato o zittito attivisti e voci dissenzienti, di aver piegato a loro favore alcuni media: «Il gruppo si è alleato con Ansar al Sharia, che condivide l’ideologia di al Qaeda e pratica del terrorismo in alcune città della Libia, specialmente le città di Bengasi e Derna, e ha procurato ai terroristi di tutto il mondo, specialmente a quelli provenienti dalla Tunisia, dall’Algeria, dall’Egitto e dal Mali, un luogo sicuro e campi di addestramento; tutto questo attraverso finanziamenti ignoti e il supporto di media stranieri, così da minare la legittimità delle autorità libiche e permettere al gruppo di eseguire il progetto sovversivo».

L’accusa di terrorismo, o quanto meno di connivenza e di vicinanza con Ansar al Sharia, è senza dubbio pesante e c’è almeno un altro punto del discorso nel quale Issa la replica: quando accusa la Libya Dawn di contenere tra i suoi ranghi «un gruppo terrorista di ideologia qaedista, noto per la sua opposizione contro le istituzioni dello Stato e inserito nella lista delle organizzazioni terroriste dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea».

 

Visto dall’estero: cosa dicono alcuni documenti nazionali e internazionali sul terrorismo in Libia.

Non è chiaro, perché non è esplicitamente asserito, a chi Issa si riferisca con queste parole, ma si possono far parlare i documenti pubblici di alcuni tra i paesi più influenti nello scenario libico – quali sono Regno Unito, Francia e Stati Uniti – e di due organizzazioni internazionali: l’Unione Europea, direttamente chiamata in causa insieme alla federazione nordamericana, e le Nazioni Unite alle quali il Presidente della HOR in quel momento si rivolgeva.

Gli Stati Uniti considerano terroristi due gruppi presenti in Libia: Ansar al Sharia – puntigliosamente distinta tra la sezione di Bengasi e quella di Derna e inserita con entrambi i suoi rami locali nel gennaio 2014 – e il Libyan Islamic Fighting Group (Gruppo Libico Islamico Combattente, LIFG) protagonista di un’insurrezione fallita contro Gheddafi negli anni ’90, riabilitato poco prima degli eventi del 2011 e poi regolarmente inserito nel panorama politico parlamentare con il nuovo nome di Libyan Islamic Movement for Change (Movimento Libico Islamico per il Cambiamento, LIMC).

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Uno degli ex membri e più noti volti del LIFG, Abdel Hakim Belhadj, oggi a capo del piccolo partito islamista al Watan, ha di recente

Abdel Hakim Belhadj, ex LIFG e ora nel partito islamista al Watan. Intervistato, ha riservato critiche alle autorità di Tobruk, ma ha dichiarato che l'obiettivo rimane una Libia democratica. (Fonte: AFP/Getty Images)
Abdel Hakim Belhadj, ex LIFG e ora nel partito islamista al Watan. Intervistato, ha riservato critiche alle autorità di Tobruk, ma ha dichiarato che l’obiettivo rimane una Libia democratica. (Fonte: AFP/Getty Images)

rilasciato un’intervista alla giornalista della CNN Christiane Amanpour. Belhadj afferma di essere oggi un sostenitore della Libya Dawn, di rigettare il terrorismo e di non avere – né di avere mai avuto – legami con al Qaeda, nonostante le accuse che sono state mosse su questo aspetto al suo indirizzo. Sulla situazione libica e sul dissidio tra Tobruk e Tripoli, Belhadj specifica: «Quello che abbiamo visto è un parlamento che nasce in modo incostituzionale e che ha emesso alcune proclamazioni costituzionali fuori dal controllo del governo centrale in una città a 1500 chilometri dalla Capitale». E sui temi specifici della democrazia e del terrorismo aggiunge: «Dobbiamo riunirci attorno ad un obbiettivo, che è uno stato democratico, e costruire relazioni con gli altri paesi che si basino sulla fiducia e sul rispetto reciproci. La crescita del terrorismo è qualcosa a cui ci opponiamo con risolutezza e faremo il possibile per trattarlo come la maggioranza dei libici ritiena debba essere trattato». Non nega la possibilità, poi, di un dialogo con la HOR. Certo che l’opinione di Belhadj non può essere indicata come l’opinione ufficiale di Tripoli, né sembra che Belhadj parlasse nell’occasione ad un livello più che personale, ma l’intervista rimane pur sempre la testimonianza di un elemento coinvolto nella Libya Dawn.

Nonostante le dichiarazioni personali di Belhadj, il LIFG non è mai stato delistato da Washington, nel cui elenco nero compare dal 2004. Proprio il LIFG appare per altro il gruppo sul quale c’è più concordanza: il Regno Unito lo considera un gruppo terrorista dal 2005, la Francia e le Nazioni Unite addirittura già dal 2001.

Molta meno concordanza esiste invece ad oggi sulla sezione libica di Ansar al Sharia, di formazione molto più recente rispetto al LIFG, la cui inclusione tra i gruppi banditi riguarda spesso la sola propaggine tunisina: il Regno Unito ha listato quest’ultima nell’aprile 2014, la Francia il 23 settembre e anche le Nazioni Unite hanno inserito solo Ansar al Sharia in Tunisia. In tutti questi elenchi manca però Ansar al Sharia in Libia, mentre nella lista dell’Unione Europea – aggiornata l’ultima volta, a livello di organizzazioni, il 23 luglio 2014 – mancano addirittura entrambi i gruppi: tanto Ansar al Sharia in Libia quanto il LIFG.

Stando così le cose, è evidente che un’azione concreta contro i gruppi terroristici in Libia, non necessariamente militare, dovrebbe almeno richiedere che le istituzioni nazionali e internazionali si accordassero su quali gruppi libici siano da definire terroristi. Altrimenti non rimarrà che sposare acriticamente le posizioni della HOR espresse nel discorso di Issa. A questo proposito dichiara il punto 8 del comunicato uscito dalla riunione del 25 settembre: «Il vertice ha riconosciuto il ruolo guida del Governo [di Tobruk] in Libia nell’affrontare la crescente minaccia dei gruppi terroristi, e la risolutezza nel sostenere il governo a questo riguardo».

Nel corso del vertice di New York il Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha spinto l’Unione Europea a riconoscere Ansar al Sharia in

Il Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius. La sua richiesta, che Ansar al Sharia venga riconosciuta come gruppo terroristico, si inserisce in un quadro di attività militare nel Sahel - ma fuori dai confini libici - contro i gruppi armati islamisti dell'AQIM. (Fonte: www.ambafrance-it.org)
Il Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius. La sua richiesta, che Ansar al Sharia venga riconosciuta come gruppo terroristico, si inserisce in un quadro di attività militare nel Sahel – ma fuori dai confini libici – contro i gruppi armati islamisti dell’AQIM. (Fonte: www.ambafrance-it.org)

Libia come gruppo terroristico; la Francia è d’altronde forse lo Stato più attivo nel fronteggiare militarmente, al di fuori dei confini libici ma pur sempre nel Sahel, i diversi gruppi armati islamisti di Al Qaeda in the Islamic Maghreb (Al Qaeda nel Maghreb Islamico, AQIM) e a questo scopo ha schierato tremila soldati tenendone altri mille di riserva.

La situazione in Libia è dunque tenuta sott’occhio anche da Parigi, ma nelle più immediate vicinanze il Cairo non è da meno, visto che si è offerto di fornire addestramento militare nel presumibile interesse di arginare Ansar al Sharia a ridosso del confine condiviso. L’Egitto ha anche imposto nuovi regolamenti sul commercio interno di armi: non sembra assurdo pensare che questi rientrino in una più generale ottica di contenimento dei gruppi armati illegali che anche nel paese del Nilo, e soprattutto del Sinai, non mancano e che potrebbero uscire rafforzati dai contatti, tra le altre, con le formazioni libiche.

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Conclusioni. Come procederà il Dialogo Nazionale?

È difficile dire oggi come procederà il Dialogo Nazionale iniziato a Ghadames, cui tutto il mondo pare guardare per risolvere la situazione libica. Situazione che deve essere risolta quanto prima – osserva anche Issa – se si vuole che l’economia del Paese riparta con beneficio economico anche delle realtà circostanti.

Bernardino Leon si è sempre detto fiducioso e sarebbe d’altronde anormale che lanciasse messaggi pubblici di diverso tenore, dal momento che è la sua UNSMIL a condurre il tutto e a fare da mediatrice tra le parti. Il fatto che, come annunciato alla Reuters, alla prossima seduta verranno chiamati alcuni – non specificati – capi militari dimostra forse una certa dose di realismo: è bene infatti convocare le autorità di Tobruk e una parte dell’opposizione politica, ma non ci si può nascondere che buona parte del territorio libico è oggi in mano ai rappresentanti militari piuttosto che a quelli politici e anche loro devono essere presi in considerazione per un Dialogo che da sempre è stato indicato come inclusivo di tutta la società nazionale.

Ci sono però degli elementi di potenziale disturbo, nel senso che molto facilmente condizioneranno l’immediato futuro politico del Paese: la decisione della Corte Suprema, di stanza a Tripoli, sulla costituzionalità della HOR e poi, si presume a dicembre, la pubblicazione della nuova Costituzione che andrà a sostituire quella provvisoria dell’agosto 2011.

Sarà anche utile che la comunità internazionale regoli al meglio la questione del terrorismo, indicando esattamente e all’unisono tra le sue

Il presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi. L'Egitto, preoccupato dei collegamenti tra i gruppi armati della Libia orientale con quelli interni ai suoi confini, si è offerto di addestrare personale libico e ha regolato la circolazione delle armi nel suo territorio nazionale. (Fonte: www.ibtimes.co.uk)
Il presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi. L’Egitto, preoccupato dei collegamenti tra i gruppi armati della Libia orientale con quelli interni ai suoi confini, si è offerto di addestrare personale libico e ha regolato la circolazione delle armi nel suo territorio nazionale. (Fonte: www.ibtimes.co.uk)

componenti quali gruppi in Libia debbano oggi essere considerati terroristi e quali no. La HOR sembra avere una visione molto allargata della questione e questo potrebbe non favorire la prosecuzione del Dialogo Nazionale: sedersi al tavolo con i terroristi e invocare la riconciliazione sarebbe un’operazione poco credibile da parte delle autorità di Tobruk, né le Nazioni Unite potrebbero facilmente mediare incontri dove una delle parti venga già definita come terrorista. Quindi è bene che la comunità proponga chiarmanete una sua lista e che la confronti con quella altrettanto chiaramente proposta dalle autorità riconosciute come legittime.

Se, come dichiarato anche nell’ultima occasione degli scontri all’aeroporto di Bengasi dalla UNSMIL, il cessate il fuoco deve avvenire dovunque quanto prima e quanto prima deve essere sostituito ovunque possibile col dialogo, dovrà essere risolta, tra le altre, tanto la questione dei Wershefana – l’area nei pressi della Capitale dove ancora continuano gli scontri con le forze della Libya Dawn – quanto quella dei bombardamenti nell’area di Tripoli, ripresi in settembre dopo quelli verificatisi a fine agosto, e dei presunti invii di armi all’aeroporto di Mitiga.

Va da sè che poi tutte le componenti debbano riconoscere la validità del Dialogo.

La stessa UNSMIL ha riconosciuto che la liberazione di alcuni progionieri dalle prigioni di Misurata va bene accolta. Potrebbe essere un modo per riavvicinare le parti e rilassare la tensione.

Non è facile né forse troppo utile dettare dall’esterno liste di azioni da compiere e non rimane che vedere quali pieghe prenderanno gli eventi nelle prossime settimane, perché il raggio della cronologia si prospetta tale. Ci sono però alcuni innegabili punti da chiarire e chi scrive pensa che sia interesse del Dialogo Nazionale e quindi della Libia chiarirli al più presto.


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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