Libia nel caos ma non rimpiangiamo gli orrori di Gheddafi

Citare Gheddafi oggi e dire che questo criminale aveva ragione, è segno di smarrimento totale. Ed è anche un po’ come dire che noi, dell’altra sponda del Mediterraneo, meritiamo soltanto despoti o selvaggi assetati di sangue. Gheddafi non ha nulla da invidiare all’Isis.

Solo due esempi fra tanti: tutti i libici ricordano il 7 aprile 1977, mentre Oriana Fallaci ne tesseva le lodi su Epoca, Gheddafi impiccava dei giovani studenti in pubblico. I libici ricordano perfettamente l’impiccagione, nel 1984, dell’ingegnere Al-Sadek Al-Hamed Shuwehdy nello stadio di Bengasi e di come, una ragazza del pubblico, Huda Ben Amer, vedendo che l’ingegnere non moriva, è corsa per aggrapparsi alle gambe del povero oppositore per farlo morire: gesto notato e apprezzato da Gheddafi che ha promosso questa donna alle più alte cariche dello stato.

La rabbia degli abitanti di Bengasi contro questa donna, nominata sindaco della città trasforma una manifestazione, nel 2006, contro la maglietta di Calderoli con vignette su Maometto, in uno scontro represso nel sangue. Senza poi parlare del ruolo diretto di Gheddafi nell’assassinio – ormai accertato dagli storici – di Thomas Sankara, che l’Africa intera continua a piangere, perché Sankara voleva la risoluzione pacifica della guerra in Ciad, appoggiava senza esitazioni il popolo sahrawi e il Polisario (mentre Gheddafi oscillava fra Polisario e Marocco), era contro Charles Taylor in Liberia.

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“Dimenticate Sankara”, diceva Gheddafi a Musseveni, presidente dell’Uganda e a Jerry Rawlings del Ghana. Senza memoria e senza storia, siamo in balia di qualsiasi avventuriero e di qualsiasi manipolazione..

Tahar Lamri

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