Best House Rom, il ‘mostro’ della segregazione antizigana

“Questo mostro deve essere chiuso. Lo farò in due mesi, il tempo necessario per trovare una sistemazione dignitosa a queste famiglie. Mi stupisco, questo posto non ha nemmeno i requisiti igienici. Non ci sono le finestre. I bambini qui non possono neppure vedere il sole”

(Francesca Danese, assessore alle politiche sociali di Roma, il 27 gennaio 2015)

Il 26 gennaio scorso, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, in seguito a una visita al centro di raccolta rom “Best House Rom”, organizzata dall’Associazione 21 luglio e dalla Commissione Diritti Umani del Senato, dichiarò che avrebbe chiuso «questo mostro in due mesi».

A due mesi esatti di distanza dalle parole pronunciate pubblicamente davanti ai microfoni dei numerosi giornalisti presenti, l’Associazione 21 luglio auspica che l’Assessore tenga fede all’impegno assunto e provveda con urgenza erisposte adeguate alla chiusura di una struttura in cui, ancora oggi, 320 uomini, donne e bambini rom continuano a vivere in condizioni di vita precarie e in cui i loro diritti umani continuano a essere violati in maniera sistematica.

Il “Best House Rom”, situato in via Visso 12, nella periferia est della Capitale, è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. La struttura è stata inaugurata nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, e nel dicembre 2013 è stato ampliatA per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.

«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” – dichiararono in una nota alla stampa il 26 gennaio scorso il presidente della Commissione Diritti Umani Luigi Manconi e la senatrice Manuela Serra, subito dopo la visita alla struttura – è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».

L’Assessore Danese, in seguito alla visita al “Best House Rom”, alla quale prese parte anche il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, non esitò a definire la struttura «un mostro».

«Questo mostro deve essere chiuso. Lo farò in due mesi, il tempo necessario per trovare una sistemazione dignitosa a queste famiglie», affermò l’Assessore.

«Un eventuale mantenimento della struttura al di là dei due mesi previsti, – ha scritto l’Associazione 21 luglio in una lettera inviata nei giorni scorsi all’Assessore Danese, alla quale non è seguita alcuna risposta – oltre ad abbassare il livello di credibilità nei confronti degli amministratori capitolini, potrebbe essere letto – agli occhi della comunità rom e dell’intera cittadinanza – come l’incapacità degli stessi, a fronte dei grandi interessi economici che si muovono attorno al sistema assistenziale che a Roma riguarda i rom, di fornire risposte».

Sul “Best House Rom”, anche il sindaco Ignazio Marino aveva assunto un impegno concreto. L’8 dicembre 2014, in risposta a uno sciopero della fame intrapreso dal consigliere comunale Riccardo Magi e dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, Marino dichiarò: «Al più presto intendo visitare il centro per rendermi conto personalmente, come sindaco e come medico, della situazione. A voi voglio ribadire il mio impegno a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose. Ringrazio sinceramente per aver sollevato il caso emblematico della struttura Best House Rom e chiedo di sospendere lo sciopero della fame».

Anche a tale impegno, ad oggi, non è seguita alcuna azione concreta da parte del primo cittadino.


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