Nepal, tutti i numeri di una tragedia dimenticata

di C.Alessandro Mauceri

In Nepal, tre milioni di bambini rischiano di morire. A lanciare l’allarme è stato l’Unicef, indicando come cause il terremoto dello scorso aprile scorso e, soprattutto, il blocco commerciale con l’India. La maggior parte degli aiuti diretti in Nepal transita attraverso l’India. Ciò ha provocato una grave penuria di carburante, medicine e altri generi di prima necessità. “Con l’arrivo dell’inverno – ha detto il direttore generale Anthony Lake – la mancanza di medicine salvavita e di vaccini, insieme alla malnutrizione e all’ipotermia, è una miscela mortale per i bambini al di sotto dei cinque anni”.

“Il terremoto ha causato una distruzione inimmaginabile” ha dichiarato Rownak Khan, vice rappresentante Unicef in Nepal. “Gli ospedali sono sovraffollati, l’acqua è scarsa, i corpi sono ancora sepolti dalle macerie e le persone dormono all’aria aperta. Queste sono le condizioni perfette per la proliferazione di malattie”. “Il Nepal entra di diritto a far parte della lunga lista dei paesi colpiti da emergenze dimenticate, oggi ad oltre 7 mesi di distanza possiamo dirlo con certezza” ha aggiunto il portavoce dell’Unicef Italia, Andrea Iacomini.

Il sisma che ha colpito il Nepal ad aprile ha distrutto più di 130.000 case. In un paese dove il 40 per cento dei bambini soffriva già di malnutrizione cronica, ciò ha avuto conseguenze terrificanti.

Almeno 15.000 bambini hanno bisogno di alimenti terapeutici e 288.000 necessitano di cure. “Nei 14 distretti più colpiti il 40 per cento della popolazione colpita è formata da bambini. Non hanno più una casa perché sono state tutte distrutte o sono inagibili. Questi poveri innocenti con il progressivo abbassamento delle temperature rischiano di morire congelati. A loro vanno aggiunti 60mila sfollati che hanno trovato rifugio in uno dei 120 siti di accoglienza del paese, di cui solo l’85% è adatto a sopportare la stagione invernale. Il rischio è altissimo anche per le oltre 80mila famiglie che vivono in zone d’alta quota in rifugi di fortuna, privi di riscaldamento e del gas per cucinare, per non parlare della mancanza di vestiti e coperte. La solidarietà non può fermarsi quando i riflettori dei media si spengono, è ingiusto, inumano” ha aggiunto Iacomini.

Da diverse settimane, a questa situazione si è aggiunta la situazione difficile del Terai (Madesh): qui la popolazione Madeshi, che ha chiesto inutilmente l’autonomia della provincia come previsto nella nuova costituzione, non riceve gli aiuti inviati a causa degli ostacoli posti dall’India “per ragioni di sicurezza”. Secondo l’Unicef, a colpire questa parte dell’Asia è la “carenza di gas, cibo e medicine, oltre alla chiusura delle scuole nella regione”, una privazione che condiziona 1,5 milioni di bambini.

Con l’inverno alle porte la situazione, specie per i minori, diventata critica: ai disagi del dopo-terremoto (l’inizio della ricostruzione è lontano) si sono aggiunti il freddo e le piogge incessanti. Con conseguente rischio di patologie, soprattutto per i più piccoli. Il vaccino contro la tubercolosi manca dai magazzini governativi da tempo e anche altri vaccini e gli antibiotici scarseggiano. Spesso i soccorsi non possono arrivare perché manca la benzina e le associazioni umanitarie non possono spostarsi all’interno del paese per portare aiuti e rifornimenti.

Il segretario dell’Onu Ban Ki-Moon ha nei giorni scorsi lanciato un appello ai governi di Kathmandu e New Delhi affinché giungano presto a un accordo per la riapertura della frontiera per ragioni umanitarie.

L’anno scorso, in Nepal, più di 800 mila bambini sotto i 5 anni hanno sofferto a causa delle condizioni climatiche e circa 5 mila sono morti. “Il Nepal sta collassando – ha detto Iacomini – e il clima di violenza registrato nelle ultime settimane a causa delle proteste contro l’istituzione di una nuova Costituzione non lascia presagire un futuro migliore neanche dal punto di vista politico. Occorre un risveglio di umanità per il popolo nepalese e i suoi bambini”.


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