di Yeghia Tashjian – Nasawiya*
L’International Rescue Committee ha identificato tre sfide principali che le donne siriane rifugiate stanno affrontando in Libano: molestie e sfruttamento sessuale, l’aumento della violenza domestica (dando la sgradevole sensazione di non essere sicure a casa propria) e matrimoni forzati e precoci.
Le organizzazioni internazionali e locali stanno facendo del loro meglio per superare queste situazioni, ma c’è ancora molto da fare. Le siriane in Libano rischiano di essere molestate ogni giorno, quando vanno a comprare il pane, quando passeggiano per strada, quando vanno a scuola e persino quando vanno nei bagni dei campi profughi. Sembrerebbe che il sovraffollamento dei campi e la mancanza di privacy per le donne (che non hanno accesso a bagni e docce separati) siano alcune delle ragioni di questa situazione.
Molestie e sfruttamento sessuale
Secondo Hiba Habbani, project coordinator della Ong per i diritti delle donne Kafa, molte rifugiate siriane subiscono molestie anche quando tentano di accedere a servizi sociali. Ad esempio le donne che vengono percepite come di bell’aspetto ricevono trattamenti privilegiati nella fila per gli aiuti umanitari, a condizione di prestare determinati favori a chi di dovere.
Anche l’accesso ai servizi medico-sanitari è utilizzato come mezzo di sfruttamento. Secondo Lama Naja, Emergency Response Program Manager nella Ong Abaad, le molestie sessuali vengono compiute da parenti, da altri residenti nel campo e da persone esterne (sia libanesi che siriane). Il Libano ha, fino a un certo punto, leggi abbastanza moderne in materia di violenza domestica (soprattutto se paragonato ad altri paesi dell’Area), ma continua a trattare questi uomini e queste donne in modo ingiusto; ben pochi rifugiati siriani e siro-palestinesi sono in grado di accedere al sistema giudiziario per far valere i propri diritti quando vengono maltrattati.
Violenze domestiche
La ragione principale della violenza domestica non è la rabbia, ma una profonda struttura di potere che favorisce la mascolinità. Molti rifugiati siriani provengono da zone rurali dove la società è tendenzialmente patriarcale. È importante sottolineare che più volte le ragazze hanno dichiarato di aver subito violenza dal padre o dai fratelli maggiori. Questo le spinge a scappare dai campi profughi, esponendosi a rischi addirittura peggiori.
Matrimoni forzati
Nell’area i matrimoni precoci sono una tradizione consolidata, ma diverse associazioni hanno dichiarato di aver registrato un significativo aumento di questa pratica all’interno dei campi profughi siriani in Libano. Maria Semaan, program coordinator del Child Protection Program della Ong Kafa, ha identificato in alcune tradizioni religiose e culturali. “I matrimoni precoci hanno a che fare con la cultura”, ha detto Semaan. “Tutte le religioni qui presenti sembrano permetterli, il che ha reso la pratica perlomeno culturalmente accettata. Ed è, allo stesso tempo, considerata un modo per impedire rapporti sessuali prematrimoniali”.
Ma in questo caso specifico, sostiene Semaan, è il fattore economico a giocare un ruolo molto importante. Le famiglie giustificano le loro azioni dicendo di dover organizzare questi matrimoni per proteggere le loro figlie o per alleggerire le proprie difficoltà economiche; ma in realtà, invece di proteggere le ragazze, le conducono dritte verso l’inferno della violenza domestica. Secondo alcune Ong, molte famiglie siriane stanno usando le proprie figlie come merce di scambio per avere cibo, case in affitto, favori e beni di altro tipo.
L’instabilità economica rende le donne anche vulnerabili allo sfruttamento sessuale e all’abuso degli operatori umanitari, alla prostituzione forzata e alla tratta di esseri umani. “Le famiglie sono disperate e finiscono con l’essere disposte a fare tutto ciò che è necessario per sopravvivere”, ha dichiarato un operatore in un campo libanese che ha chiesto di rimanere anonimo. “Donne e ragazze accettano di sostenere un matrimonio temporaneo in cambio di soldi o di aiuti per ottenere visti e permessi vari”.
Secondo uno studio condotto dalla S. Joseph University, il 24 percento delle ragazze siriane rifugiate in Libano si sposano prima di raggiungere i 18 anni di età. I genitori, ridotti alla fame, non vedono alternative se non quella di trovare dei mariti per le loro figlie. Ma prendere delle scelte del genere sottopone le ragazze a seri pericoli per la salute, oltre al fatto che in questo modo non possono avere alcuna istruzione né opportunità professionale.
Hurriyah, una 12enne di Idlib fuggita 3 anni fa insieme alla famiglia, frequentava la scuola. In Libano un ragazzo di 17 ha iniziato a seguirla e a molestarla. Preoccupato dai conseguenti pettegolezzi sulla figlia, il padre ha deciso di organizzare per lei un matrimonio con uomo adulto per “proteggerla”. Un altro caso di matrimonio forzato è quello di Nour, una ragazza siriana di 13 anni costretta a sposare un uomo di 27 anni. I suoi genitori hanno detto all’Unicef che i due non si erano mai incontrati prima del matrimonio e che sono stati costretti a organizzare la cosa per motivi puramente economici, dato che il padre non era più in grado di prendersi cura di lei.
La Reuters ha mostrato che ci sono circa 500mila bambini siriani in Libano. Di questi soltanto un quinto è iscritto a scuola. Nonostante il ministro dell’Istruzione libanese abbia annunciato una campagna di scolarizzazione che avrebbe fornito educazione gratuita per circa 200mila bambini siriani, molti di loro sono ancora sparsi nella Capitale e preferiscono elemosinare per strada e aiutare le proprie famiglie piuttosto che andare a scuola.
Il governo libanese, con la cooperazione di Ong locali ed internazionali, può certamente adottare delle misure per superare queste crisi. Innanzitutto dovrebbe aumentare il numero di spazi sicuri per donne e ragazze all’interno dei campi. Le Ong dovrebbero poi fornire dei corsi, rivolti a uomini e donne, in cui vengono annunciati i diritti garantiti dalla legge (anche nei villaggi lungo il confine, dove sono concentrati molti rifugiati). Sarebbe necessario inoltre costruire centri clinici e sportelli per chi ha subito molestie sessuali, in modo da monitorare l’incidenza della violenza sessuale nei campi. È infine fondamentale che ci sia cooperazione tra il Ministero dell’Interno e quello degli Affari Sociali, in modo che entrambi possano adottare meccanismi legali per proteggere le donne che subiscono attacchi fisici o violenze dai propri famigliari.
Yeghia Tashjian è laureato in Scienze Politiche presso l’Università Haigazian di Beirut, in Libano. È un attivista politico, ricercatore e blogger armeno-libanese nonché fondatore del blog “New Eastern Politics”. È portavoce regionale del think tank Women in war e ricercatore dell’Armenian Diaspora Research Center dell’Università Haigazian. Potete seguirlo su Twitter: @yeghig
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