Marco e Gabriele Bianchi, accusati dell’omicidio preterintenzionale di Willy Monteiro Duarte, erano appassionati di mixed martial arts (MMA). Si tratta di uno sport da fascisti? Ha senso bandirlo e chiuderne le palestre, come ha auspicato Massimo Giannini? Ne sapevamo molto poco, così ne abbiamo parlato con chi di combattimento ci vive.
Di Luca La Gamma
Parliamoci chiaro, dell’aggressione e della tragica morte di Willy Monteiro Duarte avvenuta la scorsa settimana a Colleferro, in provincia di Roma, si è detto di tutto e il contrario di tutto. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, ciò che a me ha più colpito di tutta questa vicenda è stato l’accostamento di due degli aggressori, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, al mondo sportivo delle MMA, le mixed martial arts.
“Picchiatori professionisti”, “esperti di MMA”, “violenti fascisti che utilizzano le arti marziali per fare del male” sono solo alcune delle espressioni utilizzate da giornalisti e utenti social per etichettare i fratelli Bianchi e di conseguenza esaurire ogni necessità di approfondimento. Come a dire: la tragica morte di Willy è causa effetto del fatto che i suoi assassini sono dei picchiatori professionisti. Punto. Fine. Caso risolto.
E se giornalisti come Massimo Giannini (“Vogliamo bandire certe discipline ‘marziali’ e chiudere le relative palestre?”), sociologi come Massimo Dal Lago ed esponenti politici bipartisan hanno espresso il loro pensiero (condivisibile o meno) sulle MMA e sugli sport di combattimento, unanime è stata, dall’altro lato, la presa di posizione di chi questo sport lo pratica e lo insegna a livello amatoriale o professionistico. Campioni come Marvin Vettori e Alessio Sakara ci hanno messo la faccia e hanno condannato il fatto, specificando che quanto accaduto non c’entra nulla con il mondo degli sport di combattimento. Il risultato finale è stato una pessima pubblicità a una realtà sportiva di cui in Italia si sa ben poco e l’ennesima mancata opportunità di tacere di fronte ad una tragedia che ha stravolto la vita di sei famiglie.
Ciò che invece mi sono chiesto, e quindi ho provato ad approfondire tramite questo articolo, è cosa spinge un giovane a praticare le MMA. Più in generale, esiste un utente tipo di mixed martial arts? Quale cultura gira attorno a questo sport “minore”? Ad aiutarmi è stato Seitan (nome di fantasia che utilizzerò per rispettare la privacy e l’etica personale dell’intervistato, che non vuole rivelare il proprio nome e fare pubblicità alla palestra dove insegna), atleta pro di MMA, ex titolare della Nazionale italiana, fondatore e head coach di un’accademia di MMA in zona Roma nord.
Del resto, un certo interesse per questo mondo c’è e sembra destinato ad aumentare. Basti pensare all’ingente investimento che Netflix ha destinato a Bruised, che verrà presentato ufficialmente domani al Festival di Toronto. Nel film Halle Berry (che cura anche la regia) interpreta una ex lottatrice di arti marziali miste, per l’appunto, tentata da combattimenti clandestini.
POCHE REGOLE, IN CONTINUA EVOLUZIONE
Le Mixed Martial Arts (MMA) sono lo sport di combattimento a contatto pieno più completo che esiste e sono in assoluto, tra tutte le arti marziali e più in generale gli sport di combattimento, il sistema più efficace per acquisire competenze utili alla difesa personale. Ci racconta Seitan che si tratta di “una disciplina moderna che si è sviluppata solo negli ultimi 30 anni in Occidente, nonostante l’uomo abbia sempre lottato, basti pensare all’antica Grecia e al Pancrazio greco che fu introdotto nei giochi Olimpici del 648 a.C.”
Non è semplice definire una linea storica della disciplina in sé. “Il regolamento delle MMA moderne cambia a seconda delle Federazioni, dei paesi dove si svolgono gli incontri e del livello. C’è un regolamento comune che prevede due atleti, un arbitro e dei giudici esterni alla gabbia che controllano il regolare svolgimento delle regole. Le regole di base prevedono l’impossibilità di colpire agli occhi, dietro la nuca, dietro la schiena e i genitali. Sono zone proibite a tutti i livelli. È uno sport di combattimento che inizia in piedi, ma che si può svolgere anche a terra. A seconda del livello si può svolgere il combattimento a terra con colpi o praticando esclusivamente leve e strangolamenti (le cosiddette manovre di predominio). È uno sport in continua evoluzione che interseca molti stili di combattimento, non c’è un elenco di tecniche predefinito. A seconda del periodo storico e del livello degli atleti, vengono utilizzate alcune tecniche.
A livelli amatoriali si combatte col caschetto e non si combatte in una gabbia. È uno sport poliedrico che si adatta a varie ambientazioni. Sulla gabbia ci tengo a specificarne l’impiego, che troppo spesso viene distorto. Si combatte nelle gabbie, denominate ottagono, per il semplice motivo che quando si combatteva sulle pedane dei ring gli atleti rischiavano di cadere di sotto. Per consentire al pubblico di seguire l’incontro e tutelare l’atleta dalla caduta, è stato inserito l’ottagono. La gabbia serve a salvaguardare la salute dell’atleta stesso, non per rimarcare i combattimenti tra cani o schiavi come fin troppo spesso si sente”.
LE MMA IN ITALIA
Ma qual è il reale grado di interesse, oggi, nei confronti delle MMA? Nell’Italia sportiva, secondo l’Istat, le discipline più praticate sono ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica (25,2% degli sportivi, pari a 5 milioni 97 mila persone), il calcio (23%, 4 milioni 642 mila persone) e gli sport acquatici (21,1%, 4 milioni 265 mila persone). Meno del 3% gli sport da combattimento (894 mila). In questo conteso rientrano anche le MMA. Basti pensare che le palestre affiliate alla Federazione sono 180 su tutto il territorio nazionale, a fronte di 20mila campi di calcio presenti in Italia.
“C’è ben poco interesse in Italia. Quando un atleta italiano vince si crea un po’ di curiosità, ma quando un atleta italiano non vince, le attenzioni nei confronti di questo sport sono pressappoco nulle. A mio avviso in Italia il problema maggiore, che va oltre le MMA, è l’assenza di supporto da parte del pubblico. In alcune realtà sportive difficilmente si va a seguire un evento se a gareggiare non è un conoscente o un parente. Non pagando i biglietti per le manifestazioni sportive, non si incoraggia lo sport alla crescita. L’interesse nei confronti delle MMA è abbastanza basso, ma a mio avviso non è una cosa necessariamente negativa.” Eppure curiosando sul web ho scoperto che negli ultimi tempi diversi atleti italiani, tra cui Sakara e Vettori, hanno combattuto in importanti eventi internazionali di MMA. Ma per Seitan sono casi isolati. “Il nodo rimane quanti atleti si riescono a portare a dei livelli internazionali e quale qualità che si riesce a raggiungere nella disciplina. Vedere combattere atleti italiani a livello mondiale è la conferma che ci sono coach validi anche nel nostro paese, nonostante uno sport come le MMA non è sostenuto a dovere”.
UNO SPORT PER POLIZIOTTI E DELINQUENTI?
Spiega Seitan che negli anni l’utente medio della palestra MMA è fortemente cambiato. “Quando ero ragazzo io si diceva scherzosamente che in una competizione MMA c’erano solo poliziotti e delinquenti. Negli ultimi anni, l’esposizione mediatica ha fatto sì che sempre più giovani si potessero avvicinare a questa disciplina. Molti si avvicinano per tenersi in forma, fare qualcosa di differente o semplicemente perché si è creato un gruppo di amici all’interno della palestra. All’estero abbiamo realtà come quelle americane e thailandesi dove esistono corsi prettamente femminili e corsi premaman. È uno sport che si può praticare a qualsiasi livello, come tutte le discipline. È chiaro che se si parla di competizione e professionismo, il profilo dell’utente cambia drasticamente. Deve essere un utente che ha voglia di scazzottare, di fare la dieta e mettersi in gioco in una disciplina in cui non si calcia un pallone, ma si calcia un’altra persona”.
Ma chi si avvicina alle MMA, lo fa per sentirsi legittimato a fare a botte? “Una parte delle persone pratica MMA per fare a botte. Ma capiamoci, non c’è nulla di male in questo! L’uomo da sempre ha fatto tre cose principalmente: ha mangiato, si è riprodotto e ha fatto a botte per confermare la propria supremazia. È una cosa naturale, è nella natura degli animali. Pensa al branco: c’è sempre un leader che viene riconosciuto in base alla lotta. Noi col nostro sistema sociale abbiamo voluto abolire questo, ma la voglia di combattere dell’uomo è intrinseca in sé stesso e fa parte del suo DNA”.
“Quindi, mi chiedi se chi pratica lo fa per fare a botte legalmente? Alcuni sì, altri no. Il problema risiede nell’accezione che si dà alla frase ‘fare a botte‘. Cosa significa? Un atto violento è un atto perpetuato su una persona che non è d’accordo su quello che viene fatto. Ma se due persone decidono di competere in uno sport in cui ci si può colpire, non è violenza, è uno scambio reciproco secondo un regolamento prestabilito. Non c’è nulla di male in questo. Qual è la differenza tra prendere una spallata in bocca nel rugby e prendere un pugno durante un incontro di boxe? Nessuna, non è il pallone a fare la differenza. È il concetto di violenza che è sbagliato. Alcune federazioni hanno regolamenti più elastici, soprattutto tra i professionisti, ma ci sono sempre regole di base da rispettare. Il rispetto reciproco fa sì che queste regole non vadano neanche ribadite. È uno sport dove è concesso molto, e se praticato in maniera seria è abbastanza estremo. Ma il concetto di violenza è altro e va tenuto fuori dalla competizione sportiva”.
“Anche per quanto riguarda le tecniche che vengono insegnate su una pedana di MMA, sento dire spesso che vengono impartite tecniche speciali di combattimento. Qui si apre un discorso che è un errore di base in un pensiero generico del popolo. Non esistono tecniche segrete. Se una persona ha cattive intenzioni, non ha bisogno di insegnamenti. Se sei malintenzionato lo sei prima di entrare in palestra e anche dopo. Chi è dentro una palestra è un atleta che fa un gesto tecnico e si presume che questo gesto tecnico sia superiore a quello di un qualsiasi bullo. Per dare uno schiaffo o un calcio non c’è bisogno di un corso di MMA. Negli anni ’90 non c’erano corsi di MMA e di boxe, eppure i bulli di quartiere sono sempre esistiti. Non si dà nessuna competenza in una palestra di MMA, nessuna tecnica segreta, al massimo si insegna una disciplina e si può insegnare a perdere. Non esiste la tecnica che prima di entrare in palestra non conoscevi e dopo aver preso lezioni di MMA apprendi. Io affino capacità che sono già intrinseche in chi entra in palestra”.
FASCISMO E VIOLENZA
Dopo la morte di Willy i fratelli Bianchi, praticanti di MMA, sono stati avvicinati agli ambienti dell’estrema destra. Molti hanno catalogato il fatto come atto violento perpetrato da razzisti di estrema destra. Nel 2018 il Guardian aveva pubblicato un’illuminante analisi di Karim Zidan a proposito del Rise Above Movement (RAM), un gruppo di suprematisti bianchi statunitensi che praticano le MMA e che le utilizzano anche durante le manifestazioni.
Del resto nel corso degli anni, lottatori con collegamenti con l’estrema destra sono stati coinvolti in alcune manifestazioni importantissime nell’ambiente come l’Ultimate Fighting Championship (UFC) e Strikeforce. I lottatori Donald Cerrone e Joe Brammer sono stati sponsorizzati da Hoelzer Reich, un marchio di estrema destra noto per la diffusione di simboli estremisti. Anche in Europa gli accostamenti tra estrema destra e MMA non mancano: il tedesco Benjamin Brinsa è stato accusato dai media locali di mantenere legami con gruppi estremisti nel suo paese natale, mentre la sua palestra è stata accusata di ospitare combattenti neonazisti. Per non parlare della Russia, dove Dennis Nikitin promuove White Rex, un mix di arti marziali e “orgoglio pan-europeo e di difesa dei valori tradizionali”.
Seitan ha le idee chiare su questo punto: “Le palestre di MMA sono state frequentate da persone di destra, lo sono tuttora e lo saranno in futuro. Ma è un mondo come un altro. Immagino ci siano autisti di destra e di sinistra, calciatori di destra e di sinistra, così esistono lottatori di MMA di destra e di sinistra. Diciamo che in un’apparente profilazione generica dell’utente, la cultura delle persone che si autoproclama di destra si rispecchia nella ricerca psicofisica più marcata rispetto a chi è di sinistra, quindi è più facile trovare negli sport di combattimento persone che si riconoscono di più nei valori della destra”.
Nel mondo delle arti marziali viene insegnato anche l’autocontrollo. Come è possibile che persone capaci di controllarsi durante gli allenamenti, possano arrivare a perderlo fuori dal ring? “Anche qui, sono convinto che non si è mai capito che il film di Karate Kid era un film che parlava di una cosa e gli sport di combattimento sono altro. In linea di massima chi fa sport da combattimento non fa a botte fuori per due motivi: il primo, perché essendo uno sportivo di livello, viene pagato per combattere e non ha bisogno di farlo fuori. Secondo, perché dopo ore di allenamento un atleta è troppo stanco per combattere fuori. Poi ci sono situazioni e situazioni. Se passi la giornata a fare 4 o 5 ore di allenamenti in cui fai un certo gesto, quando esci vuoi pensare a tutt’altro meno che a trovare qualcuno con cui fare a botte. L’idea di colpire un uomo fuori da un contesto sportivo non è intrinseco nello sport che si fa, ma lo è nella persona che pratica violenza“.
Verrebbe da chiedersi se l’esposizione quotidiana allo scontro fisico non possa far maturare un’indole aggressiva all’atleta. Dal canto suo, Seitan è “fermamente convinto del contrario. Nel caso ci sia aggressività ‘nascosta’, sfogarla ogni giorno è un ottimo modo per liberarsene. Inoltre, in realtà nella routine dell’allenamento solo il 20/30% del tempo viene impiegato nello sparring, il momento di combattimento libero”.
“La visione totalmente zen delle arti marziali e degli sport da combattimento è un’arma a doppio taglio, probabilmente inventata anche per vendere corsi. Spesso e volentieri uno sport da combattimento non ha nulla a che fare con la filosofia orientale. Non è detto che un praticante di arti marziali debba aderire a determinati contesti o profili sociali scontati di culture orientali. Anche per quanto riguarda il concetto di violenza – ci tengo a sottolineare che troppe volte questa parola viene utilizzata in maniera inappropriata. Violenza non è colpire un’altra persona, ma è colpire una persona che non vuole essere colpita. Ma la violenza si può applicare in qualsiasi contesto. Quando si fa un’azione che non è ben voluta dall’altro, è violenza. Ma se entrambi siamo d’accordo con quello che accade, non è considerabile violenza. Esser violento non può essere uno sport. Perché da che mondo è mondo, lo sport fa rispettare un regolamento che gli atleti accettano. Sta qui l’errore”.
DELLA MORTE DI WILLY E DEL RUMORE MEDIATICO INTORNO ALLE MMA
Eppure la drammatica morte di Willy ha inevitabilmente creato un rumore intorno alle MMA, forse con l’unico risultato di distogliere l’attenzione da quelli che sono i reali fatti. Probabilmente sarebbe stato più interessante approfondire il contesto sociale nel quale sono avvenuti i fatti stessi. Secondo Seitan, l’attenzione mediatica sulle MMA non sono ben gestite dai tesserati che “non si stanno comportando in maniera intelligente. Il mondo delle MMA soffre tantissimo il problema del dover apparire e dover far credere agli altri di essere persone che non sono”. Bastava tacere e non dare importanza a chi ha messo in discussione i valori del MMA? “Questo continuo bisogno di apparire, questo continuo bisogno di far vedere che siamo eroi e paladini ha messo in cattiva luce le MMA stesse. Ma in questo mondo ci sono persone normalissime, chi fa MMA non è diverso dagli altri”.
Seitan critica chi, all’interno di questo mondo, ha cercato visibilità attraverso l’omicidio di Willy. Ma c’è un’altra questione. Secondo lui, chi frequenta corsi di MMA non può essere confuso con chi pratica professionalmente questo sport.
“Lasciami terminare dicendo che l’MMA è uno sport che si pratica a diversi livelli. Non ha nulla a che fare con certi fatti, che potevano essere perpetuati da una persona che praticava qualsiasi altro sport. L’MMA a livello professionistico è un’altra cosa. Chi pratica MMA a livello professionistico non ha tempo di fare altro. Possono anche essere brutte persone, ma sicuramente non vanno a fare a botte in strada. In tutti gli sport ci sono persone sane e mele marce. Non credo che una disciplina sportiva possa delineare il profilo delle persone nella società. Sicuramente le MMA insegnano dei valori, come qualsiasi altro sport. Anche il calcio insegna sacrificio e disciplina. Il nostro è uno sport in cui si fa a pugni e si tirano leve, si può praticare a livello amatoriale divertendosi o a livello professionistico con serietà e dando colpi che possono seriamente fare male. Questo accade nelle competizioni; tutto ciò che accade fuori dalle competizioni esula l’MMA stessa dalle responsabilità. Fuori dalle proprie abitazioni e dalle palestre si è semplicemente sé stessi. Se eri una brutta persona prima di entrare in palestra, non sarà un istruttore MMA a cambiarti, così come è vero il contrario”.
Profilo dell'autore
- La sua formazione giornalistica inizia a 20 anni quando avvia una serie di collaborazioni con piccole testate romane occupandosi di sport e sociale. A 25 anni diviene giornalista pubblicista e a 26 decide di partire per la Spagna, tappa fondamentale per la sua crescita personale. Laurea in Lingue e letterature moderne alla Sapienza di Roma e in Editoria e giornalismo alla Lumsa di Roma. Attualmente consulente per la comunicazione in INPS. Viaggiatore, sognatore e amante della vita in tutte le sue sfumature, si identifica in Frontiere News perché è la voce fuori dal coro che racconta quelle storie che non vengono prese in considerazione dall’élite giornalistica.
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Non è affatto vero che qualsiasi sport da combattimento è innanzitutto uno sport al pari di altri … gli sport da combattimento e in particolare questo sono ispirati soprattutto se non quasi unicamente dalla volontà di dominio violento sull’altro !!! Per questo viene spontaneo assimilarlo alla logica FESCISTA, RAZZISTA E SESSISTA … mi spiace ma se non si capisce cos’è questa volontà di dominio violento si rischia di giustiicare appunto anche gli assassini di Willy!
Grazie per aver condiviso con noi il tuo pensiero. Per noi era interessante capire il punto di vista di qualcuno che vive di questa disciplina.