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Da sempre visto come un quartiere malfamato e succube della criminalità organizzata, Corvetto ospita decine di realtà associative e di mutuo soccorso.
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Tra le più interessanti c’è il CIQ, una vecchia cascina riqualificata da attivisti senegalesi e italiani che ospita decine di associazioni, progetti sociali e attività per le comunità.
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Fermi per il lockdown, gli attivisti del CIQ hanno ripulito una discarica abusiva nei pressi della cascina per farne un “Giardino delle meraviglie” dove educare all’ambientalismo la cittadinanza. Per far sì che il Giardino diventi realtà e non l’ennesima utopia green, c’è una campagna di crowdfunding con premi molto significativi per chi donerà.
di Joshua Evangelista
Il Giornale, in un articolo di un paio di anni fa, la descriveva come una delle “aree del terrore” di Milano. Emanuele D, sul forum di Tripadvisor, chiede se ha fatto bene a prendere casa lì: è troppo pericoloso? Gli risponde un altro utente, Stefano: “Io ci vivo dal ’50, mi sono trovato sempre bene”.
Il quartiere in questione è il Corvetto, l’area a sud-est della città, ultimo lembo prima della campagna di Milano. Vegliata da “el Signurun de Milan”, (un Cristo di periferia che dalla terrazza di via San Dionigi benediceva i viandanti che giungevano in città. Ora continua a farlo ma senza un braccio, che pare sia stato troncato da una ruspa durante dei lavori sulla strada), il quartiere ne ha viste davvero tante. Negli anni ’20 è stato oggetto di una intensa attività edilizia popolare che è continuata per molto tempo. Qui dalla Ligéra raccontata dai cantautori si è passati ai banditi come Turatello e Epanimonda e quindi alle famiglie mafiose, che hanno trovato nel quartiere snodo perfetto per droga e nascondigli.
Oggi, un’era geologica dopo, Corvetto è un agglomerato multiforme di 170 mila abitanti che, oltre a risentire della cattiva pubblicità portata avanti per anni da media e politica, ha un problema – serio – con la gestione dell’edilizia popolare ed è al contempo un crogiolo di culture e background differenti. Come per tanti altri quartieri europei, periferici ma dalla vasta ricchezza umana, il rischio è che tutti i tentativi di riqualificazione portino di fatto alla gentrificazione. Se la destra vede la soluzione nei problemi della città in sgomberi degli abusivi nelle case popolari, presenza di militari e polizia locale nelle strade, la giunta comunale guidata da Sala naviga a vista, provando a dislocare parte degli uffici comunali nel quartiere per ridistribuire le energie del pubblico.
Ma c’è molto altro. Ci sono decine di associazioni, gruppi informali ed energie nate dal basso che hanno solo bisogno di essere riconosciute e sostenute. Come ha scritto Paolo Natale, docente di Scienze sociali e politiche sociali alla Università degli studi di Milano “qualcosa pare stia cambiando”.
Il centro internazionale di quartiere
In questo contesto si sviluppa il Centro internazionale di quartiere (CIQ). Nel 2016 il Comune ha affidato all’associazione Sonugal in collaborazione con la cooperativa sociale Fate Artigiane il recupero e la gestione in una cascina rurale, che rappresenta perfettamente l’equilibrio urbanistico precario di questa terra sospesa tra la campagna e l’edilizia popolare.
Guidati dagli artisti e promotori culturali Modou Gueye e Aliou Diop (sono vecchie conoscenze di Frontiere, in questa puntata di #viaggiadacasa ci hanno raccontato in maniera decisamente originale il Senegal), i volontari dell’associazione hanno trasformato la cascina in un vero e proprio porto interculturale (e fa sorridere che la fermata della metro attigua all’edificio si chiami “Porto di Mare”).
Come mi dice Modou mentre passeggiamo nella cascina, “andiamo oltre l’idea del cous cous e il tamburello” (che ci sono). Al CIQ si fanno rassegne culturali, eventi gastronomici (nei quali vengono serviti piatti della tradizione milanese, capisaldi di quella senegalese ed esperimenti internazionali), concerti, svariati corsi (dallo yoga al teatro, dal soundpainting alla stampa su tessuto) ma non solo. I nigeriani evangelici la domenica mattina si riuniscono qui per pregare, si insegna l’italiano, si fa assistenza legale e fiscale e durante il lockdown, insieme a un ampio network di associazioni locali tra cui Dare.ngo e Africa1, il CIQ è diventato il punto di smistamento di beni di prima necessità e medicinali per decine di famiglie del quartiere. Dai corsi di formazione della Rivista Africa (che da poco ha stabilito qui la sua sede), al mercato dei produttori locali di Due Alveari alle feste di compleanno dei bambini del quartiere, il CIQ è diventato per il Corvetto il posto dove vivere il quartiere.
Parlavamo di lockdown. Per molti luoghi come il CIQ ha significato morte. In questo caso, dopo la chiusura dal 23 febbraio, con oltre 60 iniziative culturali e sociali annullate, in cascina hanno vissuto otto persone, che hanno lavorato alla riqualificazione dell’area verde adiacente alla cascina. Un’area abbandonata che per dieci anni è stata una discarica, a pochi passi dalla storica discoteca Karma, ormai in stato di abbandono e in attesa di riqualifica.
Il Giardino delle meraviglie
“Il nostro obiettivo non è soltanto aprirlo al pubblico, ma renderlo un luogo di sperimentazione di nuove pratiche aggregative, per la costruzione di una comunità urbana attiva intergenerazionale”, spiegano quelli del Ciq. “Vogliamo che questo spazio sia il catalizzatore e la porta di accesso per una riqualificazione dal basso dell’area verde urbana esterna alla cascina, che si estende fino al confine della città e attualmente si trova in condizioni di degrado e abbandono”.
Per concludere il progetto del Giardino servono soldi. Quella che durante il lockdown è stata”una terapia collettiva e uno strumento per incanalare energie positive in un pensiero costantemente rivolto al futuro e alla comunità” ora ha bisogno di interventi strutturali per rendere l’opera più accessibile: serve un impianto elettrico per il giardino, un impianto di irrigazione per l’orto e le piante e rendere accessibile l’accesso secondario dalla strada, per abbattere le barriere architettoniche e permettere a tutti di raggiungere lo spazio.
Il costo del progetto è di 10 mila euro, è iniziata una racconta fondi su Produzioni dal basso. Ai donatori, in base alla cifra elargita, spettano ringraziamenti di vario genere: un anno di abbonamento digitale alla rivista Africa, libri, concerti, cene, opere di artigianato e molto altro. Mancano meno di 20 giorni alla fine della campagna e per raggiungere la cifra stabilita servono altri 5 mila euro. Gli attivisti ci hanno messo la faccia, i polmoni, i soldi e le zappe. Ora manca l’ultimo sforzo da fare, ancora una volta, collettivamente.
Profilo dell'autore
- Responsabile e co-fondatore di Frontiere News. Scrive di minoranze e diritti umani su Middle East Eye, Espresso, Repubblica, Internazionale e altre testate nazionali e internazionali
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