Nella Croazia terremotata si riscopre la solidarietà tra i villaggi in macerie

Il 29 dicembre una fortissima scossa di terremoto ha colpito la Croazia, lasciando morte e devastazione. Il sisma è stato così intenso da essere percepito anche nel nord-est dell’Italia e nelle regioni adriatiche. Il centro della piccola città di Petrinja, a circa 50 chilometri da Zagabria, non esiste più. Il nostro reportage tra i villaggi più colpiti, dove la terra continua a tremare. Testo e foto di Tatjana Đorđević Simic


La regione di Sisak-Moslavina è una delle più povere in Croazia. Dopo il conflitto degli anni ‘90, l’economia si è fermata e la maggior parte della popolazione non ci è più tornata a vivere. Molte case sono rimaste abbandonate per decenni. È come se la regione non si fosse mai ripresa dalla guerra di quasi trenta anni fa. È proprio questa la zona nella quale si è percepita di più la forte scossa di terremoto – di magnitudo 6,2 – che ha colpito la Croazia martedì 29 dicembre.

Dopo quasi due ore nel traffico, arrivo nel centro della città di Petrinja e parcheggio di fronte a un edificio enorme e abbandonato, ma ancora in piedi. La facciata gialla è sbiadita e fatiscente. Ci sono alcuni graffiti, ancora leggibili. Vedo la firma del gruppo “Bad Blue Boys”, ultrà della squadra di calcio Dinamo Zagabria.

“Questo è il vecchio edificio dell’azienda Gavrilović, costruito dopo la Seconda guerra mondiale. Non è in uso dal ’91. Vedi, non è molto danneggiato dal terremoto, perché è di buona costruzione”, commenta Dragan Milić, consulente legale della onlus “Civil Rights Project Sisak”. Dragan è di Petrinja ed è lui ad accompagnarmi per mostrarmi il centro della città – o quello che ne è rimasto.

Dragan Milic nel centro di Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Lo storico edificio dell’azienda Gavrilović, tra i più antichi salumifici della Croazia [foto: Tatjana Đorđević Simic]

“Sono stati colpiti soprattutto gli edifici più vecchi o quelli che sono stati costruiti senza rispettare le norme statiche”, aggiunge Dragan mentre camminiamo verso il centro città.

Lungo il percorso incontriamo tanti volontari, arrivati ​​da tutta la Croazia ma anche dall’estero. Tra di loro ci sono anche diversi tifosi della Dinamo Zagabria, conosciuti per la loro reputazione non molto buona ma che questa volta sono venuti per dare una mano ai cittadini di Petrinja.

“Una volta, tutto girava intorno all’industria della carne dell’azienda Gavrilović. I cittadini di Petrinja avevano un lavoro sicuro. Dopo la guerra, tutto è andato a pezzi. Questo terremoto ha distrutto quel poco che è rimasto“, dice Dragan.

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Un centro storico completamente distrutto

Il centro di Petrinja non esiste più. Ogni edificio contrassegnato con la lettera X non può essere più usato e va demolito. La lettera X si trova anche sulla casa di Blaž Aleksić, anzi sull’unico muro ancora in piedi. “Mi trovavo in casa. Ogni cosa intorno a me è crollata. Sono uscito vivo senza un graffio. Ero in cucina e mi sono nascosto sotto lo stelo della porta”, dice Aleksić.

L’edificio di una scuola, a Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Petrinja [foto: Tatjana Đorđević Simic]

La forte scossa ha quasi raso al suolo l’edificio. È rimasta solo la parte in cui c’era la cucina, dove si trovava Blaž al momento del terremoto. “Qui avevo anche un negozio, una piccola drogheria. Oggi avrebbe dovuto esserci la promozione di alcuni prodotti. Ma vedi, mancano le persone”, spiega mentre mi invita ad entrare e guardare il punto in cui si è nascosto durante il terremoto.

Entro timorosa, qui a Petrinja la terra trema senza sosta. Blaž ha vissuto in questa casa negli ultimi quarant’anni. Poi mi dice che è nato a Banja Luka, in Bosnia, dove è sopravvissuto a un altro terremoto: quello del 1969, uno dei più forti mai registrati in tutti i Balcani.

Da qualche giorno dorme, insieme ad altre persone che sono rimaste senza casa, in una serra dove un suo amico coltiva delle verdure. Per scaldarsi hanno portato una stufa a legna. “Lo chiamiamo Hotel Sheraton”, dice Aleksic sorridendo. “La cosa più importante è che siamo vivi. Il resto non ha nessun significato”.

Blaž Aleksić nella sua casa divelta dal sisma [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Blaž Aleksić di fronte alla sua casa divelta dal sisma [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Blaž Aleksić di fronte alla sua casa divelta dal sisma [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Blaž Aleksić di fronte alla sua casa divelta dal sisma [foto: Tatjana Đorđević Simic]

I contadini non vogliono abbandonare il proprio bestiame

Come molti altri cittadini di Petrinja, Blaž ha trovato una sistemazione temporanea. Ma nei villaggi circostanti la situazione è molto diversa.

A Klinac, una decina di chilometri a sud di Petrinja, vivono soltanto nove famiglie. Quasi tutti lavorano la terra e allevano bestiame. Entro nella proprietà della famiglia Turajlić. La signora Stana mi spiega che è stato come lanciarsi da un trampolino. Diversi dei suoi animali sono morti. “Una delle nostre capre aveva partorito pochi giorni prima del terremoto. È stata uccisa dai mattoni caduti dal tetto, ma il suo capretto è sopravvissuto. Eccolo”. Prendo in braccio il capretto bianco e nero, mentre lei mi invita a portarlo con me. “È un regalo per te”, sorride.

Il villaggio di Klinac [foto: Tatjana Đorđević Simic]
 

 

Insieme a Stana Tujralic, nel villaggio di Klinac [foto: Tatjana Đorđević Simic]

A poche centinaia di metri si trova la casa della famiglia Požar. Una casa fatiscente, la cui facciata non è mai esistita. Ora è completamente fessurata a causa del terremoto, e non può più essere abitata. Lì viveva Milorad con sua madre e suo fratello.

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“Alcuni volontari mi hanno detto che presto dovrebbe arrivare una roulotte da Makarska, dal mare. Sono molto felice”, dice Milorad Požar. “Ero sul trattore e sono riuscito a malapena a spegnerlo. Tutto tremava. Gli animali erano nella stalla e si sono molto spaventati. Ho una mucca, un vitello, una scrofa, otto maialini – prima ne avevo ventisette. Poi, venti pecore e un montone, oltre a diciassette agnelli, ma ce ne erano molti di più. Ecco, voglio regalarti un agnello”.

Milorad Požar [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Bosiljka Požar [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Milorad Požar [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Milorad Požar [foto: Tatjana Đorđević Simic]

Lo ringrazio e gli dico che ho già un capretto che mi ha appena regalato la sua vicina. Lui sorride, dicendo che la prossima volta quando verrò a fargli visita mi aspetterà un agnello. Cerco di capire da dove arriva tutta questa generosità da persone che hanno perso quasi tutto. “Gli animali sono stressati e mangiano di più. Anch’io mangio di più.”

“Non me ne andrei mai di qui. Non lascerei mai i miei animali. Dovrebbe arrivare una roulotte, ma io posso dormire anche in tenda”, aggiunge mentre prepara il cibo per il blago (tesoro), parola con cui nella Croazia rurale si indica il bestiame.

Un danno inestimabile

Anche gli abitanti delle città Sisak e Glina, così come quelli dei villaggi limitrofi, hanno sentito le violente scosse.

Il villaggio di Majske Poljana, vicino a Glina, è quello dove c’è stato il maggior numero di vittime e che ha sofferto di più. Sono morte cinque persone, a causa del sisma. Le loro case non erano in buone condizioni e dopo la guerra non sono mai state ristrutturate. Tuttavia, sono stati danneggiati anche molti edifici di recente costruzione, ora inagibili. Specialmente quelli che sono stati ristrutturati dai fondi statali dopo la guerra.

Gran parte del patrimonio culturale della città di Sisak è distrutto. La scuola di musica “Fran Lotka” è devastata, così come la stazione centrale. Anche il tetto del liceo è crollato, mentre le mura del palazzo del municipio sono incrinate e l’edificio non può più essere utilizzato.

Anita Košar Ulemek, coordinatrice della onlus “Civil Rights Project Sisak”, era nel suo ufficio al momento del terremoto. “Ero in ufficio con altri colleghi. Il soffitto è praticamente caduto su di noi, ma nessuno è rimasto ferito”, dice Košar Ulemek. Fortunatamente il devastante terremoto è avvenuto a mezzogiorno, se fosse stato durante la notte ci sarebbero state molte più vittime.

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Il centro di Sisak [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Il centro di Sisak [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Il centro di Sisak [foto: Tatjana Đorđević Simic]
Il centro di Sisak [foto: Tatjana Đorđević Simic]

Una solidarietà più forte della paura

Mentre i residenti delle zone più colpite sono ancora sotto shock, il Paese si è unito e arrivano aiuti da tutte le parti. Azra Ayyash, coordinatrice della fondazione zagabrina “Fond 5.5 Zaklada Solidarna”, dice che subito dopo il terremoto hanno lanciato una campagna di donazioni. “Dopo il primo giorno da quando abbiamo lanciato la campagna, abbiamo già ricevuto 4,5 milioni di kune (poco meno di 60 mila euro, ndr)”, afferma Ayyash.

Molti volontari hanno risposto agli appelli delle persone della zona, diffusi costantemente attraverso il gruppo Facebook “Aiuta Glina, Petrinja, Sisak e dintorni”.

La quantità di gentilezza e solidarietà che si è riversata nella zona di Petrinja non smette di sorprendere. Ma c’è una cosa che mi preoccupa, e che sottolinea anche il dottor Zdenko Matijašec, direttore dell’Ospedale di Petrinja: in questi giorni le distanze non vengono rispettate e le mascherine raramente vengono indossate. Matijašec teme che ci saranno molti contagiati di coronavirus.

Non l’ho indossata nemmeno io, per l’intero giorno. Sembra che ci siamo tutti dimenticati per un attimo del coronavirus e di una pandemia che potrebbe ulteriormente aggravare la situazione, già molto difficile, che si è abbattuta su una delle parti più povere della Croazia.


Profilo dell'autore

Tatjana Đorđević Simic

Tatjana Đorđević Simic
Corrispondente dall'Italia per vari media della Serbia degli altri paesi dell'ex Jugoslavia, vive in Italia dal 2006 e da allora ha collaborato con molte riviste di geopolitica italiane e internazionali. Attualmente scrive per Al Jazeera Balkans e per la versione in serbo della BBC. È membro dell'International Federation of Journalist e dal marzo 2020 è il Consigliere Delegato dell'Associazione Stampa Estera Milano

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