La storia di “Bambi, la vita di un capriolo” di Felix Salten non è semplicemente un racconto di formazione ambientato nella natura; è un’opera densa di significati, un palcoscenico su cui si riflettono le tensioni sociali, politiche e culturali che agitavano l’Europa del primo dopoguerra. Pubblicato nel 1923, questo romanzo trascende la narrativa convenzionale sugli animali per diventare un esame incisivo e penetrante dell’esistenza umana, dell’oppressione e dell’antisemitismo che erano endemici nella società austriaca dell’epoca.
Felix Salten, nato Siegmund Salzmann, era un giornalista e scrittore viennese che viveva in un periodo di profonde trasformazioni sociali e politiche. La sua scelta di raccontare la vita di Bambi e degli altri abitanti della foresta attraverso un velo di allegoria non fu casuale. Con questa narrazione, Salten mise in scena una critica velata ma pungente contro le forze oppressive che minacciavano la libertà e l’identità di intere comunità, in particolare quella ebraica, alla quale egli stesso apparteneva. La foresta, con la sua bellezza incontaminata e i suoi pericoli nascosti, diventa una metafora del mondo in cui viviamo, un luogo di meraviglie e orrori, di inseguimenti e fughe, dove la vita è costantemente messa alla prova.
Attraverso gli occhi di Bambi, il lettore è introdotto a una realtà in cui la morte e la sopravvivenza non sono semplici fatti della natura, ma elementi di una lotta più ampia contro le forze che cercano di soffocare l’innocenza e la diversità. I cacciatori, figure minacciose e onnipresenti, rappresentano l’oppressione ideologica e culturale: la violenza che irrompe nella foresta è, infatti, un richiamo diretto agli eventi che stavano sconvolgendo l’Europa, presagio delle catastrofi che avrebbero seguito nei decenni successivi.
Salten usa la sua narrazione per esplorare i temi della perdita, del dolore, dell’apprendimento e della crescita forzata che segue la sofferenza. Bambi, nel corso della storia, si trasforma da un cerbiatto ingenuo e curioso in un individuo maturo che ha conosciuto la perdita più profonda. Questo percorso di crescita è un’esplorazione dell’esperienza collettiva di dolore e della capacità di ripresa. La morte della madre di Bambi, un momento che ha segnato generazioni di spettatori del film della Disney, nel contesto del romanzo di Salten acquisisce una forza ancora più ampia, simboleggiando la perdita di sicurezza e l’inevitabile confronto con la realtà brutale del mondo.
Il libro fu bandito dai nazisti nel 1936 per ordine diretto di Adolf HItler, che lo interpretava come un’allegoria politica sul trattamento degli ebrei in Europa, e le sue pagine furono bruciate in quanto ritenute propaganda ebraica. “Il lato oscuro di Bambi c’è sempre stato, ma quello che accade a Bambi alla fine del romanzo è stato in parte nascosto dalla Disney, che si è impadronita della storia e l’ha resa un patetico film su un principe e una famiglia borghese. Ai limiti dell’idiozia”, dichiara senza eufemismi Jack Zipes, professore emerito di letteratura tedesca e comparata all’Università del Minnesota, specializzato nello studio dell’impatto culturale delle fiabe.
La sua recente traduzione del romanzo di Felix Salten rappresenta un notevole sforzo di riconnessione dell’opera con il suo originario contesto storico e culturale, enfatizzando la densità di significati che l’autore vi aveva intessuto. Zipes, con la sua profonda conoscenza della letteratura tedesca e comparata, illumina le pagine di questo classico con una nuova luce, svelando le complesse sfumature di un testo che va ben oltre la semplice narrazione di vita selvaggia e avventure forestali. La sua interpretazione ci ricorda che Bambi è intriso di una critica sociale e politica acuta, un’opera che esprime le ansie di Salten riguardo al crescente antisemitismo e alle forme di oppressione che iniziavano a permeare l’Europa del suo tempo. “Penso che prevedesse l’Olocausto. Aveva sofferto molto da ragazzo per l’antisemitismo e in quel periodo, in Austria e in Germania, gli ebrei venivano incolpati per la perdita della prima guerra mondiale. Questo romanzo è un appello a dire: no, questo non dovrebbe accadere.”
Quando la Germania annesse l’Austria nel 1938, Salten riuscì a fuggire in Svizzera. A quel punto, aveva venduto i diritti cinematografici per soli $1.000 a un regista americano, che poi li vendette alla Disney: Salten stesso non guadagnò mai un centesimo dall’animazione famosa. Privato della sua cittadinanza austriaca dai nazisti, trascorse i suoi ultimi anni “solo e disperato” a Zurigo e morì nel 1945, come Bambi, senza un posto sicuro da chiamare casa.
L’approccio di Zipes alla traduzione cerca di catturare l’essenza dell’originale di Salten, preservando il “flair” viennese dei dialoghi e il complesso strato allegorico che fa di Bambi una narrazione potente sulla condizione umana, sulla persecuzione e sulla resistenza. Attraverso questa lente, il romanzo rivela la preoccupazione profonda dell’autore per il destino degli ebrei sotto il crescente peso dell’antisemitismo, prefigurando le tragedie che avrebbero colpito l’Europa con l’avvento del nazismo e dell’Olocausto.
Il contrasto tra questa nuova traduzione e la rappresentazione di Bambi nell’immaginario collettivo – in gran parte plasmato dal film d’animazione della Disney del 1942 e dalla sua successiva “carinizzazione” attraverso il merchandising – è stridente. Mentre la reinterpretazione horror del personaggio nel film “Bambi: The Reckoning” e la sua presenza in vari media come videogiochi e prodotti di consumo dimostrano la versatilità e la persistenza di Bambi nel tempo, essi possono anche distorcere e semplificare eccessivamente la ricchezza del testo originale, relegando il suo messaggio più profondo e le sue implicazioni storiche a mero sfondo.
Riappropriarsi del Bambi di Salten nel suo contesto storico e culturale originale significa riscoprire un capolavoro letterario interrogandosi sulle sue implicazioni etiche e politiche. Il romanzo, nella sua complessità e nei suoi strati allegorici, invita a una riflessione critica sulle dinamiche di potere, sull’umanità e sulla nostra capacità di empatia e resistenza. In questo senso, il lavoro di Zipes acquisisce i contorni di un invito a leggere Bambi come un testo radicalmente attuale, che ci sfida a considerare le molteplici forme di violenza e discriminazione che persistono nel mondo contemporaneo. Riscoprire Bambi in questa chiave significa riconoscerne la carica squisitamente resistente.
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