Trent’anni prima della Shoah, l’esercito coloniale tedesco mise in atto un piano di sterminio nelle terre dell’attuale Namibia, allora conosciuta come Africa Tedesca del Sud-Ovest. Tra il 1904 e il 1908, il generale Lothar von Trotha condusse una campagna sistematica e pianificata contro i popoli Herero e Nama, con lo scopo dichiarato di annientarli.
La strategia del massacro includeva l’uso di ordini di sterminio, esecuzioni sommarie, deportazioni di massa e la creazione di campi di concentramento dove migliaia di persone morirono di fame, malattie e abusi. Fu un esempio agghiacciante di violenza coloniale che, per molti storici, rappresenta una delle prime forme di genocidio moderno.
Questo evento, a lungo ignorato, distrusse intere comunità e prefigurò, in modo inquietante, le politiche di annientamento che avrebbero segnato il XX secolo.
La corsa all’Africa e la colonizzazione tedesca
Alla fine del XIX secolo, le potenze europee si lanciarono in una feroce corsa all’Africa. In pochi decenni, quasi tutto il continente africano venne spartito e colonizzato. Tra queste potenze c’era anche la Germania imperiale, che, guidata dall’imperatore Guglielmo II, prese il controllo di diverse regioni africane.
Una di queste fu l’Africa Tedesca del Sud-Ovest, l’attuale Namibia, una colonia strategica situata tra l’Angola portoghese e il Sudafrica britannico. La regione, pur essendo prevalentemente desertica, possedeva terre fertili per l’allevamento e potenziali giacimenti minerari.
La Namibia non era una terra vuota. Al contrario, era abitata da diverse popolazioni indigene, le più rilevanti delle quali erano:
- Gli Herero, una popolazione di pastori e allevatori, molto ben organizzata.
- I Nama, agricoltori e allevatori più piccoli ma storicamente combattivi.
I coloni tedeschi, affamati di terra, applicarono la tipica strategia coloniale: firmare trattati-truffa con i capi locali, prendere possesso delle terre migliori e ridurre gli indigeni a forza lavoro a basso costo. Ma in Namibia, gli Herero e i Nama non accettarono passivamente questa situazione.
La rivolta degli Herero
A partire dal 1904, la tensione tra i coloni tedeschi e la popolazione locale esplose. Gli Herero, guidati da Samuel Maharero, decisero di passare all’azione. Maharero raccolse circa 5.000 guerrieri e lanciò una rivolta su larga scala contro i coloni.
Per diversi mesi, le forze Herero riconquistarono il controllo di parte delle loro terre. Non si trattava di una guerra tradizionale: i contadini e i pastori Herero combattevano contro le guarnigioni tedesche e gli insediamenti agricoli isolati, ma la reazione della Germania fu feroce.
Per fronteggiare la rivolta, l’imperatore Guglielmo II inviò in Namibia il generale Lothar von Trotha, un uomo con una reputazione di spietata efficienza. E von Trotha non fece mistero delle sue intenzioni:
“Annienterò le tribù ribelli con fiumi di sangue e di denaro. Solo dopo questa purificazione potrà emergere qualcosa di nuovo.”
La battaglia di Waterberg e l’ordine di sterminio
La battaglia di Waterberg del 1904 fu il punto di svolta. Gli Herero vennero circondati dalle forze di von Trotha e costretti a fuggire nel deserto del Kalahari, ma fu qui che il piano tedesco si rivelò in tutta la sua brutalità.
La via di fuga era una trappola. I tedeschi avvelenarono i pozzi d’acqua e misero guardie armate a presidiare le fonti idriche. I fuggitivi Herero, senza acqua né cibo, morirono a migliaia. Ma la tragedia non finì qui. Il 2 ottobre 1904, von Trotha emanò il famigerato “ordine di sterminio”:
“Tutti gli Herero devono lasciare la terra. Chiunque venga trovato sarà ucciso. Non saranno presi prigionieri.”
Da quel momento, ogni Herero trovato nelle terre controllate dai tedeschi, uomo, donna o bambino, veniva fucilato sul posto.
I campi di concentramento: Shark Island, l’inferno in terra
Chi non morì nel deserto venne catturato e deportato in campi di concentramento. Il più famoso e più brutale di tutti fu il campo di Shark Island, situato su un’isola vicino alla città di Lüderitz.
Le condizioni di vita erano disumane. I prigionieri, la maggior parte dei quali erano donne e bambini, venivano costretti ai lavori forzati per i militari e i coloni tedeschi. Il cibo era scarso e spesso immangiabile (riso crudo e carcasse di cavalli e buoi morti), mentre le malattie — soprattutto dissenteria e malattie polmonari — si diffondevano senza controllo.
Le testimonianze descrivono scene strazianti:
“C’erano centinaia di donne e bambini. Quando qualcuno cadeva, i soldati lo colpivano con i frustini (sjambok) finché non si rialzava.”
Si stima che il tasso di mortalità a Shark Island fosse compreso tra il 45% e il 74%. Molti morirono per stenti, mentre altri furono vittime di esperimenti medici. I corpi dei prigionieri venivano sezionati da “scienziati” come Eugen Fischer, il quale spedì centinaia di crani in Germania per dimostrare la presunta “superiorità razziale” dei tedeschi.
Le cifre del genocidio degli Herero e dei Nama sono drammatiche:
- 80.000 Herero furono ridotti a 15.000.
- 20.000 Nama furono ridotti a 9.000.
- Complessivamente, il 75-80% della popolazione Herero e quasi la metà dei Nama fu sterminata.
Dalla Namibia ai campi di sterminio nazisti
Il genocidio degli Herero e dei Nama non è solo una pagina di storia africana. È una pagina di storia europea e un capitolo cruciale nella genesi del razzismo scientifico. I legami con l’Olocausto sono chiari e innegabili. Diversi storici, come Benjamin Madley e Mahmood Mamdani, hanno sottolineato che il genocidio degli Herero e dei Nama fu un laboratorio di tecniche di sterminio. Le pratiche sperimentate dai tedeschi in Namibia tra il 1904 e il 1908 — il controllo delle popolazioni indigene, i campi di concentramento, gli esperimenti medici sui prigionieri, la selezione razziale e la confisca sistematica dei beni — sarebbero poi state replicate, con esiti ancora più terribili, durante l’Olocausto nazista.
Le figure chiave
1. Lothar von Trotha: Il precursore della “soluzione finale”
Chi era: Von Trotha fu il comandante militare tedesco inviato in Namibia per reprimere la rivolta Herero.
Il suo metodo: Applicò una politica di sterminio totale di intere popolazioni. Il suo “ordine di sterminio” del 2 ottobre 1904 stabiliva che tutti gli Herero dovevano essere cacciati o uccisi, indipendentemente dal fatto che fossero uomini, donne o bambini.
L’eredità: Molti storici vedono in von Trotha il precursore delle teorie naziste di “purificazione etnica”. La sua idea di “pulire” le terre africane dagli Herero per consentire la nascita di una nuova società tedesca è sorprendentemente simile all’idea nazista di creare uno spazio vitale (Lebensraum) in Europa orientale attraverso la deportazione e l’eliminazione delle popolazioni considerate non tedesche.
2. Eugen Fischer: L’anello di congiunzione tra Namibia e Auschwitz
Chi era: Eugen Fischer era uno “scienziato” tedesco, uno di quei medici coloniali che arrivarono in Namibia con il pretesto della “ricerca antropologica”.
Cosa fece: Fischer condusse esperimenti medici sui corpi degli Herero e dei Nama. Durante la sua permanenza a Shark Island, raccolse crani e ossa di prigionieri deceduti per studiarli e dimostrare la presunta superiorità della razza bianca. Si stima che almeno 300 crani furono spediti in Germania per essere analizzati nei laboratori scientifici tedeschi.
Il suo ruolo nel nazismo: Fischer divenne in seguito rettore dell’Università di Berlino e uno dei principali teorici dell’eugenetica razziale. Tra i suoi studenti ci fu Otmar Freiherr von Verschuer, il mentore del famigerato Josef Mengele, il “dottore” di Auschwitz noto per i suoi crudeli esperimenti sui prigionieri ebrei.
L’eredità: La convinzione di Fischer secondo cui i “meticci” (persone nate da unioni miste) fossero “inferiori” rispetto ai tedeschi bianchi trovò spazio nella Legge sulla Purezza del Sangue (Nuremberg Laws) del 1935. La propaganda razziale nazista, insomma, si nutre anche degli studi condotti da Fischer in Namibia.
3. Franz Ritter von Epp: Dal genocidio coloniale al nazismo
Chi era: Von Epp fu un ufficiale tedesco che partecipò attivamente al genocidio degli Herero e dei Nama come membro dell’esercito coloniale tedesco.
Il suo ruolo nella Germania nazista: Dopo la Prima guerra mondiale, von Epp tornò in Germania e divenne uno dei sostenitori del partito nazista di Hitler. Più tardi, divenne governatore della Baviera e si rese responsabile della liquidazione di ebrei e rom nel suo territorio.
L’eredità: La sua esperienza in Namibia — dove aveva appreso le tecniche di controllo delle popolazioni e la repressione con metodi estremi — sarebbe poi stata replicata con i metodi di polizia nazista applicati nei ghetti polacchi e nei territori occupati dall’esercito tedesco.
Il riconoscimento e le scuse tedesche
Dopo la fine del colonialismo tedesco in Namibia, la storia del genocidio Herero e Nama venne dimenticata per decenni. Né la Repubblica di Weimar né la Germania nazista si preoccuparono di fare i conti con quella vicenda.
Il primo riconoscimento arrivò solo nel 2004, durante una cerimonia per il 100º anniversario dell’ordine di sterminio. La ministra tedesca Heidemarie Wieczorek-Zeul chiese perdono a nome della Germania, dicendo:
“Accettiamo la nostra responsabilità storica e morale e il senso di colpa che i tedeschi hanno accumulato in quel periodo.”
Tuttavia, non venne promesso alcun risarcimento diretto, ma solo un aumento degli aiuti economici alla Namibia.
Il momento più importante arrivò nel 2021, dopo cinque anni di negoziati tra la Germania e la Namibia. Il governo tedesco riconobbe ufficialmente il genocidio e annunciò un accordo di risarcimento da 1,1 miliardi di euro per le comunità discendenti delle vittime. Non mancarono però aspetti controversi. Infatti, i discendenti Herero e Nama non furono consultati direttamente nei negoziati, e l’accordo prevedeva solo aiuti economici, ma non la restituzione delle terre confiscate. Sebbene il riconoscimento tedesco segni un passo avanti nel riconoscimento storico e morale del genocidio, la ferita di questo genocidio è ancora aperta, e le comunità Herero e Nama continuano a chiedere giustizia.
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