“Black italians”, cambiare la percezione della comunità nera

Il collettivo Neri Italiani [Black Italians] è un gruppo di studenti e lavoratori che lottano per “cambiare l’immaginario collettivo”. In occasione del 25 aprile, festa della Liberazione, i Neri Italiani hanno scritto un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che è possibile firmare sulla piattaforma Change.org. Filo conduttore della lettera sono le storie dei partigiani italiani di origine africana, che hanno contribuito, con il loro sangue e sudore, alle lotte per la liberazione.

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L’attore, regista e sceneggiatore Amin Nour, membro e attivista del collettivo, ci ha raccontato le lotte e gli scopi del gruppo.

intervista di Rossella De Falco

Come e quando nasce il collettivo?
Il collettivo è nato dalla necessità di creare qualcosa di nuovo. L’intento non è quello di fare “ghetto”, ma piuttosto quello di creare una comunità nera, di fare aggregazione. Non esiste ancora una comunità nera con un’identità precisa, in Italia. L’idea è anche quella di raccogliere le seconde generazioni, e la loro amarezza per le situazioni di discriminazione razziale presenti all’interno della società. Vogliamo creare uno spazio di rappresentazione anche per i neri latini, adottati e figli di coppia mista.

Chi sono i membri del collettivo Neri Italiani – [Black Italians]?
Per adesso siamo tutti giovani, ma siamo un gruppo aperto a tutte le età. Sottolineo che non siamo tutti neri. Ci sono varie persone non nere, e questo è molto importante per noi: non vediamo il nostro collettivo come un ghetto.

Perché vi siete definiti proprio “neri italiani”?
In realtà il nostro nome è una provocazione. A noi non piace il termine “seconda generazione”. Il vero nome per definirci sarebbe italiani. Siamo cittadini italiani a tutti gli effetti. 

Per partecipare alle attività del collettivo, come si può fare?
Chiunque abbia una reale voglia di mettersi in gioco è il benvenuto. Cerchiamo di collaborare con chi è veramente disposto ad impegnarsi, siccome la nostra è una lotta non semplice e complessa. 

Se dovessi riassumere in una frase i vostri obiettivi?
Lotta per il cambiamento dell’immaginario collettivo. Basta alla rappresentazione stereotipata dei neri come degli “sfigati”; è ora di raffigurare la realtà per quella che è. Vogliamo un cambiamento culturale, sociale.

Passiamo alla lettera al Presidene della Repubblica. Da cosa è nata l’idea?
Dal suo discorso di apertura, che ci è piaciuto e ci ha colpito. Abbiamo voluto rivolgerci al Padre dell’italia non tanto per avanzare una richiesta specifica, ma più che altro per condividere le nostre idee e sensazioni. Una dichiarazione di esistenza. Abbiamo voluto ricordare la storia della comunità nera italiana, di quelli che hanno lottato per questo paese e per la libertà. La nostra lettera esprime la voglia di partecipazione ed inclusione. È una dichiarazione ad una figura paterna che serve l’Italia.

Parlate di “una generazione di giovani italiani multietnici, strozzati da una legge che gli riconosce la cittadinanza soltanto dopo la maggiore età”. Vuoi dirci di più?
Si dovrebbe partire tutti dallo stesso livello, consapevoli di avere accesso alle medesime opportunità. Molti invece arrivano alla maggiore età domandandosi: “Chi sono io? Posso contribuire al mio paese o sono soltanto uno straniero?”

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La cultura afro in Italia: ci consigli qualche nome?
Posso consigliare MariTè, una cantautrice africana che abbiamo anche promosso sulla nostra pagina. Poi, sicuramente, Antonio Dikele Distefano, che ci sta rappresentando in un’altra forma. La sua attività va proprio a incidere sull’immaginario collettivo, contro la ghettizzazione e per l’inclusione. Mancamelanina, produzione rap nata a milano, una bella realtà, sono in linea con le nostre lotte e stiamo lavorando su una collaborazione.

Vuoi dire qualcosa sulla tragedia migranti del Canale di Sicilia?
Siamo d’accordo con Igiaba Scego. Ci associamo a lei nel chiedere il lutto nazionale.  Quel giorno, in qualche modo è morta l’Europa, l’Europa democratica, l’Europa della rivoluzione francese. Adesso vediamo un’Europa chiusa in sé stessa che non viene incontro all’Italia. Tutto questo non fa onore alla storia europea ed alla soffrenza dei nostri avi che hanno dato il sangue per la costruzione di una società più umana. Bisogna che l’Europa rinasca e faccia trasparire la sua vera anima. Bisogna mettere al primo posto la vita, il rispetto per l’essere umano ed i diritti universali. La vita non ha prezzo, è il primo dei diritti. Questi sono i valori espressi dalle parole del rifugiato somalo Awas Ahmed, che abbiamo condiviso sulla nostra pagina sui social; ci fa onore che tante altre persone si siano associate a noi nel diffondere il suo messaggio.

Vuoi aggiungere una riflessione in particolare?
Solo una frase bellissima di Giorgio Marincola, partigiano italiano. Nato nella Somalia italiana, figlio di Giuseppe, maresciallo maggiore di fanteria, e di Askhiro Hassan, è stato riconosciuto dal padre, contrariamente all’usanza dell’epoca. Quando è stato catturato dai nazisti, le sue parole alla radio sono state: 

“Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica…La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i Popoli del Mondo. Per questo combatto gli oppressori… “ (Giorgio Marincola a Radio Baita, gennaio 1945)


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