Come voce nel deserto

In seguito alla tragedia che ha colpito Parigi, Donald Trump ha cavalcato l’onda emotiva per proporre una schedatura di tutti i musulmani presenti in territorio statunitense. Una prospettiva che ha risvegliato amari ricordi nella comunità ebraica

I giorni seguenti gli attacchi terroristici che hanno insanguinato Parigi sono stati caratterizzati da isterie e allarmismi. Se in Italia il giornale Libero ha rivolto l’attenzione alla tragedia con il titolo “Bastardi islamici”, in Francia persino il partito populista di estrema destra Front National ha definito – a sorpresa – “stronzo” chi confonde “i terroristi con la maggior parte dei musulmani”.

Negli Stati Uniti il dibattito è diventato ancora più intenso. Il candidato alla Casa Bianca Donald Trump ha proposto, in presenza di un cronista della NBC, un sistema di identificazione e registrazione per monitorare ogni musulmano negli Stati Uniti.

Vox.com definisce l’idea come “moralmente ripugnante” – e non soltanto anti-costituzionale – confidando nell’isolamento di tale progetto da parte della maggior parte dei repubblicani. Molte le condanne bipartisan dal mondo politico americano, ma non solo.

Ibrahim Hooper, portavoce del Council on American-Islamic Relations, si è detto “incredulo” riguardo alla proposta di Trump: “Siamo senza parole. A cosa può essere paragonata questa proposta se non all’atmosfera della Germania pre-nazista? Non ho altri paragoni, e (Trump) sembra pensare che questo sia accettabile”.

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Riflessioni analoghe quelle del rabbino Jack Moline, direttore esecutivo della Interfaith Alliance. “Mio padre ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale per difendere l’America contro quello che i nazisti stavano facendo. Non possiamo permettere all’America di diventare come loro”.

L’idea di una legge che istituisca un database nazionale per raccogliere i nomi dei cittadini di fede islamica, con documenti di identità separati, fa rabbrividire gran parte dell’ebraismo statunitense. Da New York Stosh Cotler, presidente di Bend the Arc Jewish Action ha dichiarato: “Registrare in una lista i membri di una determinata religione? Cosa già vista, e non ha un lieto fine. Sappiamo che in politica il paragone con il nazismo non può essere usato con leggerezza. Ma in nessun modo gli ebrei americani potranno mai accettare l’idea di un sistema governativo che permetta di registrare, catalogare, archiviare e di conseguenza discriminare persone – qualsiasi persona! – sulla base della religione. La proposta di Trump è terrificante e disgustosa”.

“Tutto ciò va contro ogni cosa in cui crediamo”, ha aggiunto Cotler, “sia in quanto statunitensi che in quanto ebrei. Una parte politica utilizza paura e bigottismo per dominare la scena, e non rimarremo pigramente immobili di fronte a questo. Quando diciamo mai più, è quello che intendiamo”.

Bend the Arc è una delle principali voci ebraiche statunitensi contro l’islamofobia e la discriminazione religiosa. Nel 2013 molti suoi membri si unirono al Muslim Public Affairs Council per un giorno di digiuno condiviso per manifestare sostegno a una riforma dell’immigrazione che sia umana e comprensiva.

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“Gli ebrei americani rappresentano una delle comunità più attive e influenti politicamente”, dichiara Bend the Arc. “Il nostro obiettivo è quello di diffondere un nuovo approccio verso le questioni nazionali. Non abbiamo paura di prendere posizioni forti e vogliamo portare davanti ai nostri politici le istanze dei più vulnerabili, per creare giustizia e opportunità eque per tutti”.


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