Riace, l’integrazione è possibile. Ma c’è una nuova sfida per il sindaco

testo e foto di ValeriA Ferraro

Statale 106. Un lungo tratto a due corsie che corre lungo la costa ionica calabrese. Dopo Soverato, rinomata località turistica, si vede solo una sequenza di case e palazzi. Si arriva così a Riace, piccolo centro della Locride, diviso tra la costa e il borgo d’origine medioevale, noto per due tesori venuti dal mare: i bronzi, rinvenuti il 16 agosto del 1972, e gli immigrati, arrivati alla fine degli anni ‘90.
 Con il ritrovamento delle due statue greche del V sec. a. C., da parte del turista romano Stefano Mariottini, si è a lungo ipotizzato uno sviluppo del settore culturale locale, con la costruzione di un museo per valorizzare il ritrovamento e aumentare il flusso di turisti estivi. Tante parole, niente di fatto.
 Il continuo ricambio di persone, rifugiati e immigrati, a partire dallo sbarco dei 278 curdi sulla costa del piccolo paesino, nel 1998, ha portato un insperato movimento e vita in paese.


Il sistema di protezione per i rifugiati richiedenti asilo (SPRAR) implementato dal sindaco Domenico Lucano, ha permesso di ripopolare il centro del piccolo borgo a pochi chilometri dalla marina, avviando una serie di attività per l’accoglienza degli stranieri e cercando di rilanciare il settore turistico.
Nel corso degli anni, l’impegno del sindaco e dei suoi ha avuto diversi riconoscimenti internazionali, dall’interesse del regista Wim Wenders, che scelse il borgo per ambientare il suo film sull’immigrazione, Il Volo, al recente tributo della rivista americana Fortune, che lo scorso marzo ha inserito il sindaco nella lista dei 50 uomini più influenti del pianeta, per aver dato vita ad un modello d’integrazione studiato in Europa e in America, soprattutto a seguito della crescente emergenza di rifugiati provenienti dal Medio Oriente e Nord Africa.

Un riconoscimento che, però, sembra aver suscitato invidie e critiche vista la recente diffusione di un audio su Youtube, pubblicato da ignoti, dal quale dovrebbe emergere la responsabilità del sindaco nella gestione impropria di un appalto. Pronta la risposta di Lucano, con denuncia verso ignoti e dimissioni “a tempo”, ovvero fino ad un’assemblea aperta ai cittadini, il 30 dicembre 2016. Come riportato in un’intervista concessa dal primo cittadino, pubblicata su vari media, la decisione di rimettere il mandato ai consiglieri comunali e ad un’assemblea è un modo per salvaguardare quello che finora è stato un “sogno di utopia sociale e avanguardia politica”. Un sogno e un operato che, spesso, non hanno trovato né l’appoggio delle istituzioni centrali né locali e, anzi, si è scontrato con il potere della mafia. Ed è proprio quest’ultima ad esser sospettata d’aver collaborato a questa operazione di discreditamento, avendo escogitato nuove modalità d’azione.

Stazione di Riace marina

A livello territoriale, Riace resta un luogo di difficile, anche da raggiungere con i mezzi pubblici. Anzi, salire al borgo è un’avventura. Transitare dalla marina è un obbligo, ci si affida agli scarsi treni della jonica o ai più pratici autobus, frequenti nelle ore scolastiche e d’ufficio, da qui si cerca la coincidenza per il paese, rigorosamente entro le 17.30, approfittano dell’ultima corriera che viene da Monasterace.

Una volta scesi alla stazione senza biglietteria si trovano poche attività commerciali, una farmacia e, in lontananza, un supermercato e una pompa di benzina.
 Le prime immagini di Riace marina, con le sue costruzioni spesso incomplete e la natura aspra, evocano i paesaggi scarni delle foto dell’americano Stephen Shore. A caratterizzare il luogo ci sono le tante fioriere a forma di barchetta, con i nomi del Paesi di provenienza degli ospiti: “Afkanistan”, Pakistan, Eritrea, Somalia, Iraq. I luoghi classici dell’emigrazione contemporanea, i paesi in guerra o quelli difficili, da cui provengono i cosiddetti “migranti economici”.

Veduta del borgo di Riace

Si ritrovano, gli uni e gli altri, a girovagare tra le vie a ridosso del mare e nella piazza antistante la stazione, tra il bar e il tabaccaio. Gli “stranieri” abitano a Riace ma anche a Caulonia o Roccella e vengono, spesso in bici, per scambiare quattro chiacchiere e passare un po’ di tempo insieme. Qualcuno, da solo o in gruppo, scende dal borgo per due passi in spiaggia e per scattare dei selfie vicino al mare, da mandare alle famiglie lontane.

Ospite africano, in arrivo da Caulonia

Sette chilometri, tanta è la distanza tra la costa e il paese antico, preceduto dal santuario di S. Cosma e Damiano, i protettori del paese. All’ingresso del borgo c’è un cartello con le parole di Peppino Impastato e, poco dopo, una piazza con delle scalinate ridipinte con i colori dell’arcobaleno e un grande portale con profili di donne e famiglie africani. L’accoglienza voluta dal sindaco e dai suoi sostenitori trova una singolare testimonianza nei colorati murales che adornano i vecchi palazzi e le strade del borgo.

Murales nel borgo

Qui le viuzze conducono il visitatore no alla sede dell’associazione “Città Futura. G. Puglisi”. Fondata nel 1998 da Lucano, dalla moglie e da altri due amici, l’associazione è il motore di questa piccola rivoluzione. Come ha affermato in più interviste il primo cittadino, “Città Futura” è nata “quasi per caso”, al fine di aiutare i curdi venuti dal mare, trovando loro ospitalità e lavoro con il “programma nazionale d’asilo”, ma anche per trovare un modo di rivitalizzare il borgo, ormai spopolato. Una scommessa basata su un modello di sviluppo rurale integrato, con l’affitto di case da parte di privati a immigrati e la realizzazione di laboratori e attività artigianali in cui operano stranieri e locali. Un duplice sviluppo a beneficio della popolazione locale e degli immigrati, invogliando quest’ultimi a restare e non lasciare il territorio.

Non sono state tutte rose e fiori. Negli anni, gli operatori di Città Futura hanno dovuto a affrontare diversi ostacoli: dalle lettere intimidatorie di natura mafiosa, alla tendenza degli stranieri a lasciare l’Italia ai più recenti problemi burocratici, relativi alla distribuzione degli stranieri tra i diversi progetti SPRAR nella locride. Eppure quelli di Città Futura vanno avanti e il sindaco riceve nella sua un’accogliente stanza con stufa a legna e un quadro di Che Guevara, in un via vai di persone e bambini. Come quelli del doposcuola attivato nei locali di palazzo Pinnarò: un insieme multietnico di ragazzini e ragazzine che vengono dall’Africa, dal Pakistan, dall’Afghanistan e dalla Siria ma anche qualche bambino figlio di coppie miste.

Oltre ai bambini, agli utenti locali, ai mediatori culturali, si aggiungono turisti, giornalisti e operatori dei media, curiosi di sapere la storia dello sviluppo del Paese e del suo sindaco, ex insegnante di chimica, a sua volta emigrato a lungo in altre città italiane. C’è, inoltre, curiosità per i nuovi progetti di sviluppo del territorio: la realizzazione di un pozzo permette ai contribuenti di ridurre le spese per il rifornimento idrico e il progetto che interessa il recupero di una vasta area fuori le mura del borgo, dove sono già presenti alberi da frutta, stalle per animali e arnie per le api. L’intera area è destinata alla realizzazione di un parco per ospitare diversi tipi di animali e sarà aperta un’area picnic per le famiglie e i visitatori.

Tra coloro che lavorano alla realizzazione del progetto c’è Aiwa, un ragazzo africano presente alle rivolte di Rosarno, nel 2013, che ha trovato qui una sua dimensione. Come Daniel, altro ragazzo africano. “Un bravo ragazzo, uno che si rimbocca le maniche e fa tanti lavori” dice Nicola, una sorta di autista del paese. Una storia, la sua, comune a quella di tanti emigrati italiani.

Aiwa, Togo, venuto a Riace dopo le proteste del 2013 nella piana di Rosarno

Nicola è uno del paese, andato a Torino per lavorare in varie aziende. Dopo la separazione dalla moglie, e su richiesta della figlia, ha deciso di tornare a Riace. S’è messo a cercare lavoro e l’ha trovato grazie ai progetti del comune. Ogni giorno accompagna chi ha bisogno, stranieri e anziani, fuori dal paese per visite mediche o pratiche burocratiche. Un lavoro trovato grazie al sindaco e quelli di Città Futura ma, come afferma l’autista: “Ci conosciamo da anni, è un mio amico ma non è questo che mi ha favorito. Mi ha dato un lavoro, non mi ha messo a far niente dietro ad una scrivania”.

A destra Nicola, l’autista del comune che assiste gli ospiti durante lo svolgimento delle pratiche amministrative e ospedaliere fuori dal piccolo centro

A condividere il suo punto di vista ci sono gli ospiti stranieri, come Bayram Acar, uno dei curdi sbarcati nel 1998, rimasto a Riace da allora. Anche nel suo caso, la decisione di restare è legata all’opportunità lavorativa: “Quando sono arrivato m’hanno chiesto se volevo dare una mano per fare i lavori nelle vecchie case. Ho accettato. A quel tempo eravamo pochi, facevamo tutto in tre, quattro persone, compreso il sindaco”.

Bayram, curdo, è uno degli ospiti più “anziani” di Riace

Operatività e produttività, accoglienza di famiglie, collaborazione tra locali e stranieri, questa sembra essere la ricetta del “modello Riace” ed è evidente nei laboratori nelle due piazze centrali. Qui s’insegnano e si praticano l’arte della lavorazione del vetro, dell’uncinetto e del ricamo, della ceramica e della tessitura. 
In ognuno dei laboratori c’è una persona del luogo e una straniera. Al femminile perché spesso sono donne.

Come la schiva Tahira, afghana, sposata e residente a Riace con i due figli, che lavora con Caterina, la proprietaria del laboratorio di uncinetto. Insieme producono oggetti per la casa e per i bambini, abbinando ai modelli tradizionali quelli più alla moda, come Hello Kitty. O come Umme, proveniente dal Pakistan, che cogestisce il laboratorio di ceramica. I manufatti prodotti dalle ragazze sorprendono per l’abilità di mettere insieme elementi decorativi tipici delle ceramiche del Sud Italia con quelli del Sud Oriente. Come spiega la ragazza, questi prodotti non sono destinati a una grande distribuzione, ma alla vendita come souvenir. Negli ultimi tempi, però, le artigiane stanno lavorando ad oggetti per il nuovo laboratorio della cioccolata, uno dei nuovi progetti in cantiere.

Tahira, afghana, lavora nel laboratorio di cucito

Poco più avanti si trova un altro laboratorio, quello di tessitura, dove lavora la vivace Zara, venuta dall’Afghanistan con il marito iraniano e i due figli più dieci anni fa. Nel mostrare i prodotti del negozio e nel raccontare la propria storia, la donna continua a ringraziare Dio per aver avuto l’opportunità di venire in Italia e aver trovato lavoro. Poco dopo, arriva il marito e il discorso cade sull’attuale situazione dei rifugiati siriani e sulla responsabilità delle potenze occidentali in Afghanistan e Medio Oriente. Ad un tratto, Zara lo interrompe, gli indica le cassette della verdura e della spesa per portarle a casa. Per lei le ansie e gli orrori della guerra sono lontani e dopo aver finito un’altra giornata di lavoro è semplicemente ora di rientrare.

Zahra, afghana, vive a Riace con il marito Mohammed, iraniano, da più di dieci anni, lavorano nel laboratorio di tessitura

Si respira al borgo un clima di ordine e quotidianità diverso anche da quello della pur non lontana marina che riporta ad un senso di precariato e trascuratezza che purtroppo, ancora caratterizza l’immagine dei Sud del mondo.

Il ritorno sulla costa riporta a un modello d’integrazione più conflittuale, meno riuscito. Non si respira una grande aria di ospitalità parlando con le persone. “Speriamo non ne arrivino più, non sappiamo dove metterli” afferma un signore vicino alla sede della Protezione Civile.

Questo commento è in parte condiviso e spiegato dal giovane proprietario del bar di fronte alla stazione senza biglietteria. Secondo lui il modello d’integrazione funziona ma ha delle criticità, prima fra tutte la consapevolezza di alcuni stranieri che venendo in Italia hanno diritto ad una casa e a dei soldi. Come afferma il barista: “Alcuni si rimboccano le mani, sapendo che prima o poi quest’opportunità finirà. Altri, invece, non si preoccupano e poi ce li ritroviamo per strada, senza niente da fare”.
 Non è di difficile credergli, vedendo il numero di persone fuori il tabaccaio e sentendo le storie sulla statale ionica. D’altra parte, il problema della sicurezza lì dove non c’è integrazione è uno dei problemi più diffusi nelle grandi città ed è un pericolo che ora gli abitanti di Riace sentono arrivare anche qui. Sempre il barista racconta: “Prima i genitori facevano uscire i figli più tranquillamente. Ora iniziano a sentirsi raccomandazioni varie sul fare attenzione, non fare tardi. Non eravamo abituati”.

Momento di socializzazione tra ragazzi stranieri in un bar del borgo

E nell’aspettare l’ultimo treno per Catanzaro, quello delle 20.22, le raccomandazioni tornano in mente. Non che ci sia effettivamente nulla di pericoloso ma l’isolamento del luogo, le ombre dei passanti nelle poche strade con i cartelli dei famosi bronzi rendono solo più evidente il contrasto tra le due Riace. Sembrano convivere due modelli d’accoglienza e integrazione differenti: quello colorato del borgo, un modello al quale aspirare, e quello più anonimo e disaggregato della marina, più simile alle tante realtà che siamo ormai abituati a vedere nelle nostre città.

Il nuovo parco fuori le mura medioevali. L’area è destinata ad attività ricreative per famiglie

A spiegare la differenza tra le due Riace è lo stesso sindaco, che parla di mura e memoria. Al borgo, non ci sono solo pietre ma la memoria di tutte le generazioni che restando o passando hanno lasciato una traccia continua, una caratteristica che, in marina, non s’è creata. Oggi, però, l’arrivo di persone da Paesi lontani, portatori di storie e bagagli culturali eterogenei, diventa una sfida anche per la memoria locale al borgo, poiché le persone presenti oggi sono quelle che saranno ricordate, ma solo il tempo dirà in che misura le persone “venute dal mare” contribuiranno alla storia locale.

Intanto, tutto l’operato di Lucano, e di chi ha creduto in lui, rischia di crollare. Come ha affermato il sindaco, nel presentare le dimissioni: “Se ci sono delle incertezze è giusto che devono emergere e prenderne atto. Non voglio che ci siano ombre in grado di offuscare l’orizzonte politico e sociale che ha indicato una via possibile”. Intanto, a sua difesa, sui social, aumentano di giorno in giorno gli inviti a partecipare all’assemblea pubblica del 30 dicembre per rispondere all’appello: “Sosteniamo Domenico Lucano”.

Molte delle famiglie con bambini scelgono di restare o tornare, dopo esperienze in altre città, a Riace


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