Due anni fa un rapporto dell’India’s Intelligence Bureau (IB) ha cambiato inesorabilmente il futuro di migliaia di organizzazioni internazionali operanti nel paese asiatico. L’IB accusava le ong di influire negativamente sul Pil del paese perché avrebbero danneggiato progetti ritenuti fondamentali per la crescita economica. Tradotto in numeri, le organizzazioni avrebbero minato il 2-3% del Prodotto interno lordo.
Le conseguenze sono state incredibili. Organizzazioni come Greenpeace, Amnesty e Cordaid, sono state accusate di essere strumenti al soldo dei governi occidentali che dietro le attività di sostegno ai diritti umani e cooperazione per lo sviluppo perseguirebbero specifici fini politici. Nella morsa di Delhi sono finiti in tanti, da chi si occupa di cambiamento climatico alle organizzazioni solidali con il lavoratori indiani, passando per quelle che si occupano di smaltimento dei rifiuti elettronici (un problema molto serio, nell’India dell’IT costantemente in espansione).
A pagare per le strategie di Modi e del suo governo c’è anche Compassion, che nel paese c’è da 49 anni. In un comunicato, l’ong internazionale dedicata allo sviluppo infantile attraverso l’adozione a distanza ha comunicato che il 15 marzo si sono chiusi formalmente i suoi programmi a favore dei bambini più poveri. Un progetto iniziato nel 1968 e che da allora ha sostenuto più di 280.000 bambini con le rispettive famiglie.
Come Priya, 13 anni, che da quattro anni frequenta un centro Compassion per il doposcuola, dove ha imparato a scrivere e leggere in inglese, ha ricevuto vaccini contro il tifo e ha potuto mangiare pasti sani in modo regolare. Un aiuto importante anche per la famiglia e per il papà, un venditore ambulante con un salario mensile di circa 1.000 rupie, l’equivalente di 15 euro.
“Mesi fa, il governo indiano iniziò a bloccare i fondi destinati ai centri Compassion” spiega Jimmy Mellado, presidente di Compassion International. “Senza queste risorse, è diventato impossibile continuare ad aiutare i bambini. Abbiamo tentato ogni strada in nostra possibilità per risolvere la questione con il governo indiano. Ma fino a oggi, nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo riusciti a giungere a un esito positivo”.
Il Ministero degli Interni dell’India (MHA), a causa di recenti modifiche alla legge che regola l’accesso delle donazioni da parte di organizzazioni non profit straniere, ha di fatto negato ai 589 centri Compassion del Paese la possibilità di proseguire con le normali attività. Il governo indiano, dopo aver posto Compassion in una sorta di “lista d’attesa”, non ha mai dato seguito alle richieste di chiarimento.
Negli ultimi mesi, in realtà, oltre 10.000 organizzazioni non profit, piccole e grandi, secolari e religiose, sono state bloccate dalle restrizioni poste dal governo indiano, supponendo che queste possano minacciare gli interessi nazionali perché in contrasto con l’ideologia del Paese.
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