Le confessioni di Omar, un blogger palestinese esausto

Omar Ghraieb, blogger palestinese, racconta in un post fiume le difficoltà di vivere a Gaza tra i pregiudizi dei suoi connazionali e lo stato perenne d’assedio mentre c’è chi utilizza la questione palestinese per fini personali o per forzate strumentalizzazioni politiche.

Premessa: non sto generalizzando. Non sto parlando di tutti i palestinesi o di tutti i filo-palestinesi, né sto parlando di coloro che hanno fatto tutto quello che sto per citare. Sto parlando di persone che abusano della Palestina. Chi sono io per giudicare, vi chiederete. Avete ragione, non ho nessun diritto per giudicare; sto solo condividendo con voi le mie osservazioni. Non i miei giudizi.

Vivo con due attrazioni contrastanti dentro di me che rappresentano una lotta interna: appartengo a questa terra ma mi sento un estraneo allo stesso tempo. Mi rifiuto di perdere la mia identità per mescolarla. Eppure essere quello che sono e vivere a Gaza è estenuante. Vedo la Palestina come una donna stuprata da molti uomini e da molti paesi. Alcuni (sono gentile ora, avrei preferito scrivere “molti” invece di “alcuni”) palestinesi in Palestina, della diaspora o semplici filo-palestinesi usano la Palestina in forme di materialismo o illusione. Alcuni esempi:

1. Usano la Palestina, i bambini palestinesi o qualsiasi cosa che abbia a che fare con la Palestina per raccogliere donazioni destinati all’acquisto di un computer o di un iPhone, invece che per salvare una vita o aiutare i bisognosi.
2. Adescano giovani o anziane filo-palestinesi grazie al loro amore finto che finisce dopo aver preso denaro o un visto.
3. Usufruiscono di viaggi pagati in giro per il mondo.
4. Falso eroismo.
5. Diventano sedicenti giornalisti o fotoreporter.
6. Si autoproclamano rappresentanti della Palestina, dei giovani palestinesi o di qualunque altra cosa che vi abbia a che fare.
7. Raccolgono fondi in nome della Palestina, utilizzandoli in realtà per finanziare attività personali.
8. Reclamano ad alta voce il diritto al ritorno, anche se in realtà non hanno intenzione di rinunciare alla cittadinanza straniera e di lasciare le proprie vite per tornare in Palestina.
9. Cercano fama.
10. Fanno della Palestina una moda temporanea.
11. Si focalizzano sul quadro generale ignorando le condizioni di vita reali perché non hanno idea di come vadano le cose, non vivendo in Palestina.
12. Amano la Palestina a causa di una persona (amore che di solito finisce quando finisce questa relazione) oppure amano un/a palestinese a causa della Palestina (che si rivela essere, anche questo, un amore illusorio).

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Questo è molto spiacevole. Non è abbastanza che Israele vuole ogni morso della Palestina? Non è abbastanza che gli arabi non fanno nulla per rendere libera la Palestina? Non è abbastanza che i palestinesi sono divisi? Non è abbastanza che il mondo rimane in silenzio quando si parla di Palestina? No. Non è abbastanza. Le persone vogliono ottenere una loro quota di Palestina e usarla nel loro modo distorto.

Mi rendo conto di quanto siano vergognosi questi comportamenti quando penso a coloro (palestinesi, arabi o internazionali) che hanno sacrificato la propria vita per fare qualcosa per questa terra. Cosa direte a Rachel Corrie, che ha sacrificato la sua vita affrontando un bulldozer a Rafah? Come descrivereste le vostre azioni a Tom Hurndall, che ha sacrificato la propria vita salvando bambini palestinesi a Gaza? E a Vittorio Arrigoni, che ha vissuto per Gaza, che respirava Gaza e che è stato ucciso a Gaza a causa del suo genuino amore e della sua verace devozione per Gaza?

Sarete in grado di affrontare Dalal Maghrabi? O Hana Shalabi? O Khader Adnan? O le migliaia di martiri palestinesi?  O i bambini disabili a causa delle bombe israeliane? O gli studenti che devono passare interminabili checkpoint e il muro dell’apartheid per andare a scuola? O le madri delle vittime? O le famiglie che hanno perso tutto per il fatto di essere palestinesi che amavano la propria terra? O i gerusalemiti che hanno perso e che continuano a perdere le loro case dopo che Israele le confisca per “motivi di  giudeizzazione”? O i palestinesi e i filo-palestinesi picchiati e sparati dopo essere stati etichettati come “anti-semiti”?

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Le persone a Gaza non sono pronte per un cambiamento, ma io lo desidero ardentemente. Nonostante questo mi guarderanno sempre come uno straniero, un libanese, un siriano, un americano, un irlandese, un cisgiordano o semplicemente un estraneo che non si sta impegnando abbastanza per inserirsi. Da notare: ho il passaporto palestinese, così come la carta d’identità e la nazionalità. Ma evidentemente non è abbastanza, perché ho i capelli rossi, perché ho un accento americano e perché il mio arabo è un dialetto sirio-libanese.

Se me ne dovessi andare diventerei uno di quei palestinesi focosi che mettono la parola “Palestina” in ogni frase, non importa quanto poco pertinente sia con l’argomento in questione. Diventerei nostalgico a causa della mia forte appartenenza e affezione alla Palestina. Potrei finire col diventare davvero un “estraneo”. Gli occidentali spingerebbero affinché io mi integri tra loro, e i palestinesi farebbero lo stesso affinché io rimanga autentico. Verrei chiamato “anti-semita” da alcuni, e “palestinese fasullo” da altri.

Non so ancora se rimanere in Palestina o andare via. Dovrei continuare a lottare, cambiare strategia o semplicemente arrendermi? Dovrei seguire i principi di Mahatma Gandhi e dedicare la mia vita all’umanità e alla Palestina o seguire il mantra di Kim Kardashian e semplicemente vivere la mia vita non facendo nulla ma godendomi una falsa notorietà, o ancora dovrei trovare una terra di mezzo? Bianco, nero o grigio?

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Tra Gaza, l’assedio, il muro dell’apartheid, la Cisgiordania, la Palestina divisa, i martiri, la costante violazione di diritti umani da parte di Israele, nessun diritto al libero movimento, vivere nella più grande prigione all’aria aperta, amare il mio paese, appartenere alla Palestina, problemi di integrazione, il movimento BDS, i sogni di un’istruzione migliore, i sogni di unità, il desiderio di portare un cambiamento rivoluzionario in Palestina, aiutare il mio popolo, i bombardamenti, gli insediamenti e le detenzioni illegali di Israele, gli F16 israeliani che vagano in cielo, la guerra psicologica, le pressioni mentali, Hamas e Fatah, partire o restare e altre mille cose: mi sento perso e angosciato.

Perdonami, o Palestina, perché non ho trovato il modo migliore per servirti e perché mi sento perso e confuso, perché non voglio finire col crearti danno invece di aiutarti.

Da Gaza, con esaurimento ma molto amore,

Omar

www.gazatimes.blogspot.com


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