Tor de’ Cenci, il Tar sospende lo sgombero dei rom

Un gruppo di famiglie rom ha presentato un’istanza cautelare al Tar del Lazio, chiedendo la sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza di sgombero “di persone e cose” dal campo attrezzato di Tor de’ Cenci, a Roma. Un’ordinanza già firmata dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e sospesa ieri, in accoglimento dell’istanza cautelare, dai giudici amministrativi.

La decisione del Tar è l’ultimo capitolo di una storia cominciata lo scorso 2 agosto, il giorno in cui, dopo aver cercato di trasferire una parte degli abitanti negli spazi della Barbuta e Castel Romano, e a seguito della distruzione di 35 container con l’impiego delle ruspe, il Comune aveva notificato un’ordinanza di sgombero ai restanti abitanti del campo.

A fianco dei nomadi sfrattati si erano schierate alcune importanti realtà dell’associazionismo capitolino. Tra queste, la Comunità di Sant’Egidio, noto movimento di laici impegnato nella tutela delle diverse comunità, e l’ Associazione 21 Luglio, gruppo apartitico promotore di progetti di solidarietà sociale.

Quella di Alemanno sarebbe stata, a loro dire, una soluzione poco efficiente. Gli attivisti avevano poi spiegato come la riqualificazione del campo fosse meno dispendiosa e più costruttiva della sua distruzione. Salvando gli spazi attrezzati, sarebbero state offerte tutele e garanzie ai tentativi di integrazione dei quasi 200 adolescenti stranieri inseriti nelle scuole della città.

Tuttavia, il Piano nomadi previsto dal Comune di Roma prevedeva tutt’altro: lo sgombero e la distruzione del campo. Ma le procedure messe in atto dall’esecutivo sono state, in fine, sospese dal Tribunale Amministrativo Regionale: le richieste delle famiglie che, impugnando l’ordinanza del Sindaco, hanno scelto di adire l’autorità competente sono state tutte accolte.

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La Comunità di Sant’Egidio ha commentato positivamente la sentenza e non ha evitato di criticare anche le recenti posizioni della giunta di Alemanno, in precedenza molto critica nei confronti del movimento: “La decisione del Tar dimostra come alcuni convincimenti si basino sulla conoscenza della realtà, e non siano né falsità e attacchi politici, né tantomeno posizioni irrealistiche, come affermato recentemente dai vertici della giunta capitolina”.

L’Associazione 21 Luglio, dal canto suo, aveva intrapreso una battaglia contro la scelta di un “campo monoetnico”, così come è stata definita l’area in cui si sarebbero dovuti trasferire i Rom se il Tar del Lazio non avesse sospeso l’esecuzione dello sgombero. Una battaglia che ha consentito all’associazione di raccogliere circa duemila firme contro le ordinanze discriminatorie della Giunta romana.

E non è stata solo la società civile a far sentire la propria voce. Anche dagli ambienti politici cittadini si sono levati commenti sulla questione. Da un lato, quelli della maggioranza, critici e duri: secondo Fabrizio Santori (Pdl), presidente della commissione Sicurezza, le associazioni di volontariato dovrebbero “mettere a disposizione dei nomadi gratuitamente i propri immobili”.

Di ben altro tenore, invece, quelli dal fronte dell’opposizione: Emanuela Droghei (Pd), responsabile delle politiche Sociali e Roberto Di Giovan Paolo, senatore del Pd, si sono detti convinti di come la sentenza del Tar fermi “la politica demagogica del Campidoglio”. Una scelta sensata, che ridimensiona i risultati sbandierati da Alemanno, il quale, “dopo aver speso allegramente 30milioni di euro di soldi pubblici, non ha ottenuto alcun risultato se non quello di moltiplicare i micro campi, insicuri per tutti”.

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Emilio Garofalo


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