Ungheria, i detenuti lavorano e creano profitto. Ma per le ong sono “nuovi schiavi”

Una nuova idea di carcere quella messa in atto in Ungheria, dove a Nagyfa è stata allestita una fattoria nella quale vengono fatti lavorare i condannati a pene tra i 3 ed i 6 mesi. L’intento è rimediare al sovraffollamento carcerario e far pagare agli stessi prigionieri le spese di detenzione.

I detenuti si dicono soddisfatti. Uno di loro racconta: “Qui abbiamo una sensazione di libertà che difficilmente c’è nelle altre prigioni più chiuse e con una disciplina più rigida. Lì ci si sente isolati dal mondo, qui si ha l’impressione di vivere nella società normale”. Al programma sperimentale partecipano 60 detenuti. Il portavoce della prigione, Zsolt Balogh, spiega: “Lo scopo è far sì che rimborsino le spese della loro detenzione, producendo beni e persino profitti”.Per aumentare ulteriormente i profitti, la prigione ha deciso di mettere a disposizione locali e lavoratori alle imprese, le quali hanno così a disposizione dipendenti ad 80 euro al mese, molto meno del salario minimo previsto in Ungheria, intorno ai 300 euro.

Non sono d’accordo con questo modello sperimentale diverse ong, tra le altre “Il comitato di Helsinki” che dalla voce di Balazs Toth, così commenta: “L’obiettivo principale della detenzione non è fare profitti sulle spalle dei detenuti, lo scopo è reintegrare nella società non farne degli schiavi moderni”.

Paola Totaro


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