“Seconde generazioni” a Sanremo, cittadinanza come concessione o diritto?

di Simona Hristian

La Tv continua ancora oggi ad essere una fonte di argomenti di discussione in ufficio, a scuola, in famiglia, con gli amici, al bar ecc. cioè quello che i sociologi chiamano “social currency”. Nonostante la “banca centrale” della moneta sociale sia diventato il web, l’opinione pubblica non è totalmente disinteressata alle trasmissioni televisive, soprattutto quando si tratta di programmi con una lunga tradizione come il Festival di Sanremo. Guardare o meno il festival è una decisione soggettiva, ma non si può negare che sia uno dei temi di attualità in questi giorni e che rappresenti una vetrina dell’Italia nel mondo. Nonostante avessi smesso di guardare la televisione anni fa, quest’anno sono caduta in tentazione, sia per curiosità che per non essere esclusa dalle conversazioni degli amici, visto che anche nei social networks non si parla d’altro.

Nei vari intermezzi della prima serata del Festival di Sanremo, sono stati affrontati diversi temi, dalla satira politica, alla sensibilizzazione sul tema del matrimonio gay. La mia attenzione è stata però attratta dall’argomento riguardante l’integrazione e la cittadinanza per le “seconde generazioni”. Per parlare di questo argomento sono state invitate due persone, forse per mantenere una sorta di par condicio. Da una parte Toto Cutugno, che ha recitato una versione modificata del suo cavallo di battaglia “L’Italiano”: ‎”Buongiorno Italia, italiani vari/che noi chiamiamo extracomunitari/che hanno la pelle di un altro colore/ma per bandiera hanno il tricolore/Buongiorno Italia e il mutuo da pagare/E il dubbio amletico di chi votare/Con i talent show illudi i figli/E una tv foriera di sbadigli”. Dall’altra parte, il rappresentante dell’Italia multietnica, il calciatore italiano di origini nigeriane, Angelo Ogbonna, il quale ha dichiarato che per quanto riguarda l’integrazione in Italia, ci troviamo a buon punto: “Io ho ricevuto la cittadinanza a diciotto anni, ma poi credo che sia una cosa soggettiva perché molti genitori ritengono non opportuno ricevere la cittadinanza, invece altri sì. Quindi è giusta la libera scelta”.

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La sua posizione nonostante possa sembrare contraddittoria e paradossale, lascia trasparire un normale bisogno di appartenenza. L’aspetto che fa riflettere è la motivazione addotta; personalmente, pur lavorando nel campo della migrazione, non ho mai conosciuto alcun genitore che non volesse la cittadinanza italiana per il figlio; anzi, molti rimangono sorpresi quando scoprono in occasione della nascita del figlio di non poter avere questa opportunità. Inoltre, attualmente la cittadinanza non si riceve, si richiede se hai dei requisiti precisi. Anche se fosse vero che alcuni genitori non vogliano richiedere la cittadinanza per se o per i figli, non vedo come possa essere un problema, visto che nessuno sarebbe obbligato a farlo. Inoltre, dato che in Italia, la cittadinanza è una concessione da parte dello Stato, può succedere e succede che anche chi fa la richiesta rischia di non ottenerla.

È giusto avere un’opinione personale; la libertà di pensiero e di parola sono diritti fondamentali da difendere. Mi auguro però che gli spettatori e i telespettatori del festival siano consapevoli che si tratti di un’opinione personale. La realtà di coloro che devono risolvere le questioni burocratiche legate allo status di “straniero in Patria” non è semplice ed è anche ingiusta dato che non è il risultato di una loro scelta.

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Senza togliere niente a Cutugno che, definendo questi ragazzi “Italiani veri”, parafrasando la sua canzone, ha mandato un messaggio forte, sarebbe forse opportuno – per avere un quadro più reale della situazione – tenere in considerazione anche le testimonianze di coloro che da studenti, magari non sono potuti andare in gita scolastica all’estero perché lo status di “italiano con il permesso di soggiorno” non glielo permetteva o che a diciotto anni si sono trovati nella situazione di dover lasciare l’Italia in quanto maggiorenni senza tale documento. Anzi, sarebbe auspicabile, visto che si tratta di un “tema caldo”, oggetto delle campagna elettorale in corso.

Se il ragionamento di Ogbonna riguardasse il sistema valoriale delle persone, sarei d’accordo perché con la maturità si arriva ad avere una propria opinione su diversi aspetti della vita, come può essere, ad esempio, a quale religione o corrente politica appartenere. Ma non si tratta della visione del mondo, si tratta dei diritti di chi nasce e cresce in Italia.


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