Siria, liberi i reporter italiani. Ricucci: “Trattati con i guanti ma scambiati per spie”

Un gruppo armato islamista e non il Free Sirian Army. Non ragazzi dei villaggi ma un corpo altamente organizzato, e quindi più “paranoico”. Queste l’identikit dei sequestratori fatto da Amedeo Ricucci, intervistato da Rai News dopo la liberazione dal gruppo islamista che per dieci giorni l’aveva segregato in Siria insieme ai colleghi Elio Colavolpe, Andrea Vignali e Susan Dabbous. I quattro sono stati riportati in Italia con un aereo speciale, un Falcon, atterrato all’aeroporto militare di Ciampino alle 22. “Ci hanno trattato bene e non ci hanno torto nemmeno un capello”, ha spiegato con evidente stanchezza il giornalista Rai in collegamento con il canale all news. “Ovviamente la privazione della libertà è una tortura psicologica”. 

La prima foto dopo la liberazione

LA DINAMICA DEL FERMO. “Si è trattato di un malinteso, ci trovavamo in una località originariamente cristiana e stavamo filmando una chiesa. Ma i miliziani hanno creduto che stessimo riprendendo una loro base logistica». Ricucci spiega che “all’inizio ci hanno presi per spie”. Ma la spedizione siriana non è stata incosciente: “Che qualcuno lo possa pensare lo trovo di cattivo gusto. Siamo stati cauti fino all’ennesima potenza”, ha spiegato Ricucci, aggiungendo che proprio perché la situazione era difficile ogni sera facevano ritorno in Turchia, almeno fino al fermo.


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