Femminicidio, cos’è esattamente la ‘Convenzione di Istanbul’?

La ‘Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica’, anche dettaConvenzione di Istanbul, è stata ratificata ieri all’unanimità dalla Camera dei Deputati. La seduta si è aperta con un minuto di silenzio per ricordare Fabiana Luzzi, la sedicenne vittima di femminicidio solo pochi giorni fa, ed è proseguita con le votazioni per la ratifica del documento approvato ad Istanbul l’11 maggio 2011. Con 545 consensi su 545 da parte dei deputati la convenzione è passata alla Camera, ora il testo necessita l’approvazione definitiva del Senato. Tuttavia per essere esecutiva la Convenzione dovrà essere approvata da dieci stati, otto dei quali componenti del Consiglio d’Europa (fino ad ora solo cinque stati hanno approvato il testo: Italia, Montenegro, Albania, Turchia e Portogallo).

L’obiettivo della Carta è quello di “proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica”. Si intende, con l’approvazione della Convenzione, eliminare le discriminazioni contro le donne e promuovere “la concreta parità tra i sessi, rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne”. Oltre ad attuare misure di protezione e assistenza per tutte le vittime in un quadro di cooperazione globale, la carta cita e contempla diverse e numerose forme di violenza: dallo stupro allo stalking, dalle mutilazioni genitali ai matrimoni forzati. La Carta prende poi in esame le varie definizioni di violenza nei confronti delle donne come la violenza domestica, la violenza contro le donne basata sul genere, spiegando che questo tipo di abusi sono delle violazioni dei diritti umani “che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”.

La Convenzione invita poi i vari Stati aderenti a inserire nelle loro costituzioni il principio di parità dei sessi e a fare sì che questo principio venga applicato “vietando la discriminazione nei confronti delle donne e procedendo, se del caso, all’applicazione di sanzioni”. Invita gli Stati ad accedere a tutte le risorse appropriate, finanziarie e umane, per l’attuazione delle misure di prevenzione della violenza sulle donne e ad adottare “le misure legislative e di altro tipo necessarie per predisporre e attuare politiche nazionali efficaci, globali e coordinate, comprendenti tutte le misure adeguate destinate a prevenire e combattere ogni forma di violenza”. Come si apprende dal secondo capitolo del testo, l’approvazione della Convenzione vincola le Parti al monitoraggio e alla raccolta dati a intervalli regolari su tutte le forme di violenza che rientrano nel campo dell’accordo, sostenere la ricerca e “studiarne le cause profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l’efficacia delle misure adottate ai fini dell’applicazione della presente Convenzione”.

Il terzo capitolo è dedicato alla prevenzione, alla sensibilizzazione e all’educazione e invita gli Stati aderenti ad adottare tutte “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”. Incoraggia inoltre tutti i membri delle società (in particolare gli uomini e i ragazzi) degli Stati aderenti a contribuire in maniera attiva alla prevenzione di ogni forma di violenza, citando poi del concetto di ‘onore’, che non giustifica in alcun modo gli atti di violenza contro le donne.

Il capitolo successivo è dedicato alla protezione e al sostegno e invita le Parti a mettere a disposizione delle vittime tutta una serie di strutture, facilitazioni e servizi utili al loro recupero, come linee telefoniche di sostegno, assistenza legale e psicologica, “un’assistenza finanziaria, alloggio, istruzione, formazione e assistenza nella ricerca di un lavoro”. Le vittime devono poi avere accesso ai servizi sanitari e sociali, ai servizi di supporto specializzati, nonché alle cosiddette case rifugio “facilmente accessibili e in numero sufficiente per offrire un alloggio sicuro alle vittime, in particolare le donne e i loro bambini, e per aiutarle in modo proattivo”. Si parla poi del diritto sostanziale che comprende norme sulla custodia dei figli, sulla violenza psicologica, sulla violenza fisica, gli atti persecutori (stalking) e la violenza sessuale. Sono contemplati in questo quinto capitolo il matrimonio forzato, la mutilazione genitale femminile, l’aborto e la sterilizzazione forzati. Si ribadisce la giustificazione inaccettabile dei reati, compresi quelli del cosiddetto ‘onore’ e si passa infine alla questione delle sanzioni e delle misure repressive. La Convenzione chiede che questi reati “siano punibili con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che tengano conto della loro gravità. Tali sanzioni includono, se del caso, pene privative della libertà e che possono comportare l’estradizione”.

I capitoli successivi si occupano invece di “indagini, procedimenti penali, diritto procedurale e misure protettive”, delle questioni di migrazioni e asilo (e del diritto di non respingimento), per poi passare alla cooperazione internazionale, capitolo che invita gli Stati aderenti ad agire “nel rispetto dell’applicazione degli strumenti internazionali e regionali relativi alla cooperazione in materia civile e penale”. L’obiettivo è dunque quello di “prevenire combattere e perseguire tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione; proteggere e assistere le vittime; condurre indagini o procedere penalmente per i reati previsti sulla base della presente Convenzione; applicare le pertinenti sentenze civili e penali pronunciate dalle autorità giudiziarie delle Parti, ivi comprese le ordinanze di protezione”. La Convenzione “entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dopo la data in cui 10 firmatari, di cui almeno otto Stati membri del Consiglio d’Europa, avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dalla Convenzione”.

Per il Presidente della Camera, Laura Boldrini, questa approvazione rappresenta un passo importante per il paese. Anche per Serena Dandini (autrice del libro “Ferite a morte” e dell’omonimo spettacolo teatrale itinerante, che ha fatto il tutto esaurito in tutte le città in cui è stato ospitato) è un piccolo ma grande passo avanti contro la violenza delle donne. La Dandini ha commentato con gioia definendo questo un importante segno del fatto che la politica italiana sta finalmente riservano una nuova attenzione alla questione del femminicidio e della violenza sulle donne. La Convenzione ha ora bisogno di altre cinque firme per essere esecutiva e per spronare i paesi dell’Unione Europea la Dandini ha accettato l’invito a portare i monologhi di “Ferite a morte” al Parlamento Europeo a Bruxelles, il prossimo 26 giugno, una serata simbolica che cercherà di stimolare altri paesi a firmare la Convenzione.


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