La mattanza: sette migranti muoiono tra le gabbie per tonni nel canale di Sicilia

Sette migranti di origine nord-africana sono morti ieri nel Canale di Sicilia mentre cercavano di salvarsi dal loro gommone alla deriva aggrappandosi ad una gabbia per l’allevamento dei tonni trainata da un motopesca tunisino. Altri 95 superstiti sono stati tratti in salvo da una motovedetta della Guardia costiera e da una nave della Guardia di Finanza che li hanno trasportati a Lampedusa. Secondo la ricostruzione fatta dai sopravvissuti, i loro compagni sarebbero finiti in mare dopo che l’equipaggio del motopesca «Khaked Amir» ha reciso il cavo che trainava la gabbia per impedire ai migranti di salire sul peschereccio.

Il bel tempo e il mare calmo stanno dunque favorendo i viaggi disperati che partono dalle coste del nord Africa con l’obiettivo di raggiungere le coste italiane. Negli ultimi due giorni sono infatti 259 i migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia in tre distinti interventi, mentre altre 700 persone sono approdate sulle coste siciliane e calabresi con imbarcazioni di fortuna. I primi ad arrivare, alle 5.30 di ieri mattina, erano stati 109 uomini di presunta nazionalità eritrea. Alle 7 sono poi approdati a Lampedusa i 95 migranti soccorsi mentre erano aggrappati alla gabbia per tonni. Poco dopo sono giunti in porto anche 55 migranti, tra cui 8 donne e un minore, salvati da un peschereccio italiano e successivamente trasferiti su una motovedetta della Guardia costiera.

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Al momento gli ospiti del Centro di accoglienza di Lampedusa sono 540 a fronte di una capienza di 300. Nei primi cinque mesi dell’anno erano sbarcati in Italia 4.391 stranieri, ma le condizioni atmosferiche avverse degli ultimi mesi avevano rallentato il flusso degli sbarchi. Ora, con l’arrivo dell’estate, si prevede possano aumentare in maniera esponenziale mettendo a dura prova il fragile sistema di accoglienza italiano.  L’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch nel suo report “Hidden emergency” ricorda come dal 1998 ad oggi siano state “13.500 le persone morte tentando la traversata, di cui almeno 1.500 nel 2011, l’anno con il più alto numero di decessi che si ricordi”. E’ una vera e propria mattanza che sta trasformando il Mediterraneo in un cimitero e che non terminerà fino a quando non ci si renderà conto che il mare unisce, non separa.

Nonostante la grande professionalità ed umanità di Guardia costiera, Guardia di Finanza e Marina Militare, troppo spesso le operazioni di soccorso nel Mediterraneo sono ostacolate da scarso coordinamento, politiche dei respingimenti, dispute sulle responsabilità, disincentivi per le navi commerciali a prestare soccorso e un’eccessiva enfasi sulla protezione dei confini nazionali. Secondo Human Rights Watch “la prevenzione delle morti in mare deve essere il cuore di un approccio coordinato a livello europeo” e non può essere delegata ai singoli paesi membri.

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di Manuele Petri


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