Marino come Alemanno, al via il primo sgombero rom del neosindaco

Un momento dello sgombero (foto di Associazione 21 luglio)

Con l’elezione di Marino a sindaco di Roma si pensava che il tempo degli sgomberi e dell’emergenza nomadi fosse finalmente finito. Da questa mattina, invece, è in corso lo sgombero forzato di un insediamento informale in Via Salviati, nella periferia est della Capitale. Nello sgombero, condotto da carabinieri, polizia di Stato e polizia municipale, sono coinvolte circa 35 famiglie. Secondo Amnesty International Italia, Associazione 21 luglio e Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC), lo sgombero “non rispetta standard e garanzie procedurali ponendosi in continuità con le ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate già dalla passata Amministrazione capitolina”.

Le tre associazioni si riferiscono al ‘Piano nomadi’ voluto dall’amministrazione Alemanno e che in pochi anni ha portato a 470 sgomberi, alla chiusura di 10 grandi campi e ad una spesa di circa 60 milioni di euro. A dare il via all’operazione era stato l’allora premier Silvio Berlusconi che nel 2008 aveva dichiarato lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi, stato di emergenza prorogato di anno in anno fino 31 dicembre 2011. L’11 novembre dello stesso anno era però arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che stabiliva l’illegittimità del decreto. Contro questa decisione il Governo Italiano aveva presentato un ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione, ricorso rigettato nel maggio del 2013 mettendo la parola fine all’emergenza nomadi, almeno fino all’alba di questa mattina. Anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muinieks, nel 2012 aveva condannato gli sgomberi forzati in quanto avrebbero “ripercussioni nefaste sui bambini e sul loro percorso scolastico”. Grandi polemiche aveva inoltre suscitato la proposta del Ministero dell’interno, allora guidato da Maroni, di schedare i nomadi con la rilevazione delle impronte digitali.

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L’insediamento di Vi Salviati era nato lo scorso giugno quando circa 120 persone avevano abbandonato il ‘Villaggio della solidarietà’ (campo, ndr) di Castel Romano. All’indomani dell’ordinanza di sgombero firmata dal sindaco Marino, la comunità rom aveva affermato in una lettera aperta la volontà di non voler continuare a vivere in quello che loro considerano “un ghetto”. Secondo Amnesty, Associazione 21 luglio ed ERRC i villaggi della solidarietà voluti da Alemanno “non possono essere ritenuti un’alternativa adeguata essendo stato comprovato come condurre la propria vita all’interno di detti insediamenti compromette la fruizione di diritti imprescindibili sociali ed economici e condiziona fortemente la vita dei suoi abitanti, spesso anche in dispregio dei diritti umani“.

L’attore Moni Ovadia, il giornalista Gad Lerner e il presidente della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato Luigi Manconi, hanno reagito alla notizia con una nota congiunta che sottolinea come lo sgombero non rispetti “gli standard e le garanzie procedurali previsti dalla normativa internazionale”. La nota continua poi chiedendo al sindaco Marino di “riprendere il confronto con una rappresentanza dei nuclei familiari interessati, al fine di predisporre dei seri percorsi di integrazione che rispondano alla Strategia nazionale di inclusione dei rom, sinti e caminanti adottata dal governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione europea che sottolinea la necessità di superamento del modello campo nomadi“.

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di Manuele Petri



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