Napoli 2063: gli scugnizzi saranno bangladesi e filippini

Impressioni scritte in fretta prima di dormire, la prima sera che sono arrivato a Napoli per il workshop di Fotografia con la comunità filippina che mi ha ospitato. Dormendo sopra un piccolo lettino di Hello Kitty prestatomi dalla figlia di una famiglia filippina tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli. Testo e foto di Stefano Romano

Bella esperienza Napoli; sto dormendo nel mezzo dei Quartieri Spagnoli, ospite in una casa abitata da due giovanissime famiglie filippine, in un condominio che ha duecento anni circa. Chi non ha mai visto i Quartieri Spagnoli non può capire cosa si prova a camminarci dentro nel tardo pomeriggio, tra i suoi vicoli, unico luogo in Italia, un pezzo antichissimo di storia con le finestre aperte sulle famiglie che mangiano a due metri da te che le guardi, le signore che vendono ogni merce sulla strada dalla porta di casa, che è diventata un piccolo negozio, i motorini che sfrecciano guidati da giovanissimi bambini o da famiglie intere, in tre o quattro su un motorino, l’aria di paese in cui tutti si conoscono, tra panni stesi e risate. Proprio come ho visto nei villaggi o nei kampung in Indonesia, o in Filippine. Strana sensazione.

Quello che si è ormai perso nel resto d’Italia è tuttora naturale nella lontana Asia, e quando i miei amici italiani si stupiscono delle mie fotografie nei villaggi in Indonesia con intere famiglie su un motorino, penso che dovrebbero tutti fare una camminata nei Quartieri Spagnoli. Dove ora nelle case antiche ci vivono anche le famiglie filippine, che quella storia non la conoscono ma non ci vedono alcuna differenza tra le vecchine che vendono ogni merce sedute su una sedia in strada, fuori dalle loro case, e i sari-sari (i piccoli chioschi che vendono merce varie nelle strade o dalla stesse case) per le barangay (le vie cittadine) in Filippine.

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Parlando con il giovane marito di una delle due famiglie, mi dice che lui quando è tornato a casa in Filippine, a Bulacan, non ci si trovava più, era completamente spaesato – “tutto è cambiato”, mentre ora casa sua è Napoli, i Quartieri Spagnoli, un pezzo di carne viva della storia italiana, contaminata ora da dentro dai nuovi flussi di umanità: una forma così intima di integrazione e migrazione ancora non l’avevo mai vista in cinque anni, perché a Roma un luogo come i Quartieri Spagnoli non esiste. Questa sera ho avuto una visione, ho visto il futuro come non l’avevo mai visto prima, e mi piace tantissimo.

Ho visto la storia antica d’Italia che diventa un presente atipico per il resto d’Italia ma che è la quotidianità nei lontani villaggi indonesiani e filippini. Ho visto la contaminazione di questo antico tessuto connettivo italiano da volti srilankesi, indiani, filippini, bangladesi, e ho capito che ormai siamo profondamente contaminati, senza possibilità di guarigione; siamo infettati dall’alterità migrante fino al midollo. Ho visto come sarà il nostro Paese tra cinquanta anni, e l’ho capito tra gli scugnizzi napoletani che saettavano sui motorini schivando le ragazze srilankesi che camminavano ai bordi degli stretti vicoli. La contaminazione non ha cura. Ora posso morire sereno e felice. Altri la racconteranno dopo di me.


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