Su Greta e Vanessa non abbiamo niente da dire

di Joshua Evangelista

Nel 1927 Heidegger scriveva che la sua epoca era soggetta a “un fiume di parole” che “non fa che oscurare l’oggetto da comprendere, dando ad esso la chiarezza apparente dell’artificiosità e della banalizzazione”. Secondo il filosofo tedesco il silenzio può sottendere la possibilità di avere qualcosa da esprimere ma decidere di rinunciarvi. Un modo per attribuire un valore autentico alle parole ed evitare di renderle logore e superficiali.

E che dire del compositore John Cage, che in un’intervista dichiarò che la sua opera più importante fosse stata 4′33″, quasi cinque minuti di totale silenzio da parte di orchestra e pubblico in sala nei quali la composizione musicale dipende unicamente dai suoni emessi dall’ambiente in cui viene eseguita. Un silenzio, quindi, che non è assenza di suono. Ma che implica sforzo e concentrazione per essere ascoltato.

Ecco, su Greta e Vanessa credo di aver bisogno di un simile silenzio. Ho evitato, sino ad oggi, di scrivere su di loro, tranne alcuni post sul mio profilo Fb diretti ai miei amici, reali e virtuali. Averle conosciute, Vanessa meglio di Greta, mi ha imposto questo silenzio. Non potevo in alcun modo unirmi alla schiera dei tanti megafoni che hanno deciso di gracchiare artificiosamente sentenze e falsità sulle due ragazze. O messaggi di una speranza svuotata di significato.

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Tra le tante sciocchezze dette sulle due ragazze, segnalo un bel post della mia amica Laura Silvia Battaglia secondo la quale i commentatori da tastiera e i detrattori in realtà le invidiano: “Invidiate il loro coraggio, la loro determinazione, la capacità di farsi carico di problemi che non li toccano direttamente con la stessa forza ed entusiasmo che fossero stati problemi loro. E se sono donne, invidiate la loro bellezza, fisica e interiore. E se sono giovani, invidiate la loro gioventù”.

Aggiungo una cosa: se devo pensare a Vanessa e Greta non mi viene spontaneo pensare al rapimento, alla Siria in quanto entità geografica, all’opportunità o meno di superare il confine, alla discutibile esperienza di due ventenni idealiste. Non penso nemmeno al peso che avevano per il popolo soggiogato dal dittatore, ai loro valori, al coraggio.

Mi viene da pensare a due ragazze che nell’indifferenza quasi totale andavano insieme a pochissime altre persone nella gelida stazione centrale di Milano a supportare il viaggio di famiglie disperate che avevano perso tutto e dopo aver subito dittatura, guerra, mare maledetto e mortificazione dovevano lottare con scafisti di terra e leggi inique per raggiungere posti totalmente ignoti. E credetemi, hanno salvato tante vite.

Lo hanno fatto nel silenzio, quando farlo non andava ancora di moda. Quando non c’erano “spose cinematografiche con cui stare” (e meno male che in seguito sono arrivate, le spose). Mettendo da parte studio, lavoro, amici e parenti. Lo hanno fatto perché sentivano che andava fatto. Ecco, per me basta questo. Su tutto il resto io rimango in silenzio, pur condividendo con le due ragazze una certa propensione a mettermi nei guai.

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Rileggo spesso le mie lunghe conversazioni con Vanessa e ripenso ai momenti trascorsi insieme ai giovani siriani in fuga ai quali lei e Greta avevano dedicato la vita. Ecco, in nome di questo ricordo rimango in silenzio e spero. E vorrei che tutti gli altri esseri umani facessero lo stesso.

E dagli altri bipedi, quelli non tracciabili come umani, quelli che sentenziano parole false, vili e mediocri coerenti con le loro esistenze, forse il silenzio va conquistato. Attraverso la magistratura e il nostro disprezzo. Silenzioso ma non muto.

Joshua Evangelista


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