Il prisma delle migrazioni

di Mauro Ferrari, Università Cà Foscari di Venezia*

È assai raro, nella letteratura contemporanea sulle migrazioni, incontrare un volume denso e allo stesso tempo capace di prendere il lettore per mano e portarlo ad incontrare vicende e luoghi, categorie teoriche e ricerche empiriche, aspetti geopolitici e diritti delle persone.

Per semplicità di recensione, potremmo infatti dividere il corposo volume in tre parti:

– una parte interpretativa, con i saggi di Ambrosini, Contini e Espinoza-Herold, Carchedi e Vitiello, Tazzioli, Colloca, Coresi, Brugnola, che presentano la questione migratoria connettendo categorie teoriche con dati empirici, ed entrando nel tessuto vivo del “modello mediterraneo di immigrazione” (Colloca). In questi saggi i migranti compaiono come protagonisti di un “fenomeno sociale totale” che coinvolge una umanità in movimento non per scelta ma come risposta indotta da squilibri geopolitici globali, che assumono una dimensione di rilevanza locale nei loro esiti. È ancora il Sayad della “doppia assenza” a ricordarci come si ingeneri, nelle differenti strategie dei pericolosi viaggi intrapresi, un investimento delle famiglie, dei villaggi, sui loro cari, con l’intento di sopravvivere, di migliorare le proprie condizioni di vita, e vivendo nel frattempo nel tempo sospeso dell’attesa di notizie e di rimesse economiche. Giova ricordare come l’immigrazione sia ormai un fenomeno di massa e costante, così da perpetuare la dicotomia fra paesi in assenza di sviluppo – come potranno mai svilupparsi, ammesso che questo concetto abbia un unico senso – paesi, regioni deprivate di intere generazioni? Una seconda questione compare fra le righe dei diversi saggi: è ancora possibile considerare l’immigrazione come una “emergenza”? o non sarà piuttosto più plausibile individuare anche nella gestione emergenziale della questione migratoria una scelta, di ormai lungo periodo, quindi socialmente e storicamente definita, di voler mantenere nella emergenza, quindi fuori dai confini della cittadinanza sociale e civile, donne e uomini che provengono da altri paesi? Un mantra che appartiene agli studi organizzativi recita che “le organizzazioni che si occupano di un fenomeno in maniera emergenziale in realtà producono (riproducono) emergenza”. Potremmo quindi ribadire, in linea con quanto sostengono i diversi Autori, che i migranti e le politiche di accoglienza (comprenderemmo in questa cornice anche le rappresentazioni sociali che considerano e definiscono i migranti) sono un potente indicatore dello stato di salute, e di coesione, di una società, di un sistema sociale locale e nazionale, se non sovranazionale, come nel caso europeo.

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– di questo dilemma si occupano i saggi (Andreotti, Oliveri, Fanizza, Omizzolo, Tarsia, Drudi e Omizzolo) della parte solidaristica, più legata al tema dei diritti di cittadinanza. Qui le situazioni locali vengono presentate nella loro doppia veste: da un lato la descrizione del faticoso inserimento nei mercati del lavoro locali (a dimostrazione come l’emergenzialità, l’invisibilizzazione del fenomeno rappresentato dai migranti sveli la propria natura di “inferiorizzazione”, cioè di inserimenti socio-lavorativi che in alcuni casi assumono le forme dello schiavismo). E di come, proprio in virtù di queste condizioni di partenza (ecco dove si chiude il cerchio emergenza-discriminazione) stiano emergendo – il gioco di parole emergenza/emergendo non è casuale – forme di lotta e di alleanza fra migranti, movimenti sindacali e soggetti del terzo settore che intendono svelare queste dinamiche di sopraffazione, e ripartire da queste nuove forme di soggettività e di rappresentanza per ridefinire contesti di diritti disponibili anche ad altri. Il fatto stesso che in alcuni luoghi la cosiddetta società civile non si occupi solo di tamponare situazioni emergenziali ma offra un contributo di denuncia e proposta ci indica, di nuovo, come sia possibile immaginare scenari differenti da quelli già noti, esternalizzazioni che non si limitino alla gestione di appalti (con esiti talvolta nefasti, come le cronache hanno di recente riportato nel caso romano) ma capaci di attivare cortocircuiti generativi di nuove forme di appartenenza ad una comunità locale e nazionale.

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– infine, un terzo tipo di saggi affronta in chiave analitica alcuni case studies (Sodano, Coresi, Della Puppa, Abu Samra e Achilli), così da permettere un affondo specifico sulle caratteristiche peculiari di alcune forme migratorie in contesti locali o nazionali definiti.

Se un limite può essere riconosciuto in questo lavoro è nella assenza di conclusioni. Ma forse non si tratta di una carenza, ma di un intento voluto dai curatori, che hanno inteso fornire un contributo “articolato, plurale e moderno”, in cui protagoniste sono, insieme alle storie dei migranti, le elaborazioni dei numerosi Autori che vi compaiono, ciascuno dei quali contribuisce a far riflettere, anche nel senso fisico del termine, quello che nel titolo abbiamo definito come il prisma delle migrazioni, le cui molte facce rappresentano sia i differenti approcci degli Autori, che i volti individuali e collettivi dei migranti. Il volume contribuisce così a portare una nuova luce, non ideologica ma, appunto, interpretativa, solidaristica e analitica, su un tema così attuale, coinvolgente, imprescindibile. E questa luce ci consente di comprendere meglio chi siamo, come agiamo, quali conseguenze hanno le scelte che compiamo quotidianamente, nei singoli contesti locali come nel più ampio scenario della società mediterranea e planetaria.


* Mauro Ferrari – Formatore sui temi della consapevolezza organizzativa, del welfare, delle migrazioni presso diversi soggetti pubblici e del terzo settore, docente a contratto di analisi e programmazione delle politiche pubbliche statali e locali (laurea magistrale in lavoro sociale, cittadinanza, interculturalità) e di progettazione sociale (Master Immigrazione) presso l’Università Cà Foscari di Venezia.


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