testo e foto di Jemy Haryanto
È l’una di pomeriggio. Ed ho appena finito di pranzare. Dopo aver sorseggiato una tazza di caffè preparatami dalla moglie di un amico, saluto tutti per continuare il mio viaggio verso la zona di confine. È davvero un pomeriggio caldo. Il sole splende sopra la città di Sambas. Ma il confine è ancora molto lontano. Mi ci vorranno circa otto ore in moto per raggiungere la zona. Il fattore principale che rende lento il mio viaggio sono le infrastrutture, in particolare le condizioni della strada, ben lontane da quelle sperate. Danneggiata, ricca di buche, polverosa, interrotta qua e là.
E poi c’è la posizione geografica. La località della mia meta questa volta si trova sì nella Repubblica Indonesiana, ma è difficile da raggiungere poiché è attraversata da due grandi fiumi, con una disponibilità di mezzi di trasposto ancora molto minimale. Sono due i tipi di mezzi per attraversare i bacini, ovvero il traghetto oppure una serie di imbarcazioni a motore chiamate klotok, usate regolarmente dalla comunità locale per spostarsi. Le barche klotok possono essere operative in qualsiasi momento, anche a mezzanotte se necessario.
Ma il rischio è abbastanza grande. Puoi affondare oppure essere improvvisamente sballottato in mezzo al fiume perché l’imbarcazione ha colpito qualcosa. Il traghetto è più sicuro, ma è operativo soltanto fino alle 5 del pomeriggio.
Arrivo al primo fiume dopo un’ora di viaggio. Per risparmiare tempo e per acquisire un senso di sicurezza, decido di fare la traversata in traghetto. Il luogo è davvero affollato. Ci mescoliamo ai prodotti ed ai veicoli trasportati, come moto, auto e camion.
L’odore di sudore, di gomma, di pesce sotto sale è percepibile ovunque. Ma non dura molto, dopo circa 10 minuti il traghetto attracca al molo di Sekura, villaggio nel distretto di Paloh. 7.500 rupie è il costo che devo sostenere per l’attraversamento della moto e del sottoscritto conducente. Mi gusto rapidamente un’altra tazza di caffè sul molo e poi proseguo il viaggio.
La mia meta è ancora molto lontana. Decido di fermarmi presso l’ufficio di rappresentanza del WWF al villaggio di Sebubus, a quattro ore di distanza dal molo. Alla sera faccio due brevi chiacchiere con una guida. E la mattina seguente, alle 5, ci mettiamo subito in viaggio verso il confine.
Ma dobbiamo nuovamente attraversare un fiume, il secondo, il fiume di Paloh. Questa volta non con il traghetto, dobbiamo per forza utilizzare le imbarcazioni klotok come unico mezzo di trasporto, di proprietà della comunità del villaggio di Cermai.
Il porto dei traghetti in questa località è proprio qui, accanto al molo delle barche klotok. Peccato che sino ad ora il progetto di costruzione portato avanti dal governo locale non sia stato ancora completato, o meglio, è stato abbandonato. È passato molto tempo. Si può scorgere una lastra di calcestruzzo sul pelo dell’acqua, già in procinto di essere rovinata dal tempo.
Ma lasciamo perdere le pessime prestazioni del governo. Ora stiamo sorseggiando di nuovo del caffè in un piccolo bar sul molo. Questa mattina l’aria è piuttosto fresca. Non s’intravede la luce del sole all’orizzonte, poiché le nuvole e la nebbia avvolgono tutto quanto. Per mezz’ora ci godiamo la vista delle klotok e dei passeggeri che vanno e vengono, e poi riprendiamo il viaggio.
Il viaggio prosegue tranquillo per circa un’ora dalla partenza dal molo. Per il resto, circa altre tre ore, le condizioni sono critiche, fra la terra rossa e le rocce. La superficie è molto scivolosa a causa della pioggia. Inoltre molti ponti o sono distrutti oppure sono pronti a crollare senza possibilità di miglioramento. Avanziamo con la moto con estrema cautela, vorremmo evitare di cadere nel piccolo fiume.
Lungo il sentiero, il paesaggio è piuttosto bello, penso. Vi sono campi erbosi a perdita d’occhio. In lontananza, scorgo una fila di colline dalle curve verde chiaro. Poco dopo arriviamo a Termajuk, nel distretto di Paloh. Ne è prova il nome sul cartello stradale ed un monumento giallo dell’uccello garuda sopra di esso. È questa la nostra destinazione.
Temajuk è un villaggio situato nella parte nord occidentale dell’isola del Borneo. Si trova a soli 4 chilometri da Telok Melano, in Malesia. A livello amministrativo si trova a Paloh, nel quartiere di Sambas, in Borneo Occidentale, che confina direttamente con la Malesia. Il paese presenta una linea costiera molto vasta, di circa 60 chilometri, ed il potenziale della spiaggia e del mare è davvero molto alto, con meduse, pesci, aragoste e tartarughe.
Un momento di pausa sulla spiaggia Ninik
Il profumo del mare si comincia a diffondere. Debolmente sento il suono delle onde che colpiscono e si infrangono sulla barriera corallina in lontananza. Sulla moto, d’un tratto la guida mi chiede se voglio fare una breve pausa su una spiaggia.
La gente locale la chiama spiaggia Ninik. In lingua indonesiana, Ninik sta per “Nenek”, ovvero “Nonna”. L’origine di questo nome nasce da un mito, secondo cui, in passato, su questa battigia appariva spesso la figura misteriosa di un’anziana donna, ritenuta dalla folla una creatura di un altro mondo. Ma qualunque sia la vera storia, 15 minuti dopo siamo arrivati alla spiaggia.
La regione della spiaggia Ninik non si rivela molto ampia. Sarà circa mezzo ettaro, ma le condizioni sono buone, è ordinata e pulita. Mi piace l’atmosfera che si respira qui, è fresco, tranquillo e c’è molta privacy, dato che la spiaggia si trova lontana dagli insediamenti umani ed è circondata da una foresta di palme di cocco. Il panorama abbraccia il mare e delle grosse pietre.
Al centro dell’area costiera sorgono alcuni mini cottage. Sono costruzioni tipiche tradizionali di una delle etnie indonesiane dell’est. Realizzati in legno, col tetto di foglie di palma intrecciate. I cottage si affacciano direttamente sul mare. Ve ne sono anche alcuni dotati di terrazza. Il prezzo per affittare una di queste casette è di 250 mila rupie o 18 euro a notte.
Ci godiamo il riposo nel pomeriggio. Una volta appagati dalla brezza del mare, ripartiamo verso la spiaggia Atong. Si trova a circa 15 minuti di distanza da quella di Ninik. Sulla spiaggia Atong vogliamo ammirare il tramonto.
Arriviamo al litorale di Atong dopo aver percorso una strada cementata che si snoda tra le piantagioni di cocco. Qui, vengo subito accolto dal proprietario e gestore della spiaggia, il signor Atong.
Mi racconta che la spiaggia Atong è stata aperta al pubblico da soli quattro anni. Seppur ci siano molte carenze qui e lì, come la mancanza di energia elettrica a cui si può far fronte con un generatore, questa spiaggia presenta dei vantaggi rispetto alle spiagge malesi. Qui, possiamo ammirare due fenomeni naturali esclusivi, ovvero il sorgere ed il tramontare del sole sul mare, che non si può scorgere nel Paese confinante.
“Per questo la gente malese viene spesso qui. La spiaggia Atong è sempre stata una delle preferite dai turisti, anche stranieri. Non ne vengono molti, ma ci sono. Apprezzano questo posto per l’atmosfera di privacy che si respira qui” spiega il signor Atong.
E le parole di Atong riguardo i turisti stranieri si rivelano vere. Mentre aspetto il tramonto sulla spiaggia, incontro un visitatore americano arrivato dal confine fra Indonesia e Malesia.
Riguardo ai servizi, questa spiaggia non è certamente efficiente come le spiagge di Bali o Lombok, oppure altri posti costieri che vantano una lunga gestione. Ma per i turisti che vogliono rimanere qui, sono disponibili un ostello e dei piccoli cottage. Il prezzo varia da 150 a 250 mila rupie per notte.
Comincio ad innervosirmi sulla spiaggia, aspettando il tramonto. Perché il cielo appare abbastanza coperto dalle nuvole, e sicuramente mi renderà difficile scorgere il fenomeno naturale che mi è stato narrato da molte persone qui. Ma per fortuna posso riprendere il magico momento, seppur imperfetto. Dopo esserci gustati il tramonto, proseguiamo il viaggio verso la spiaggia di Temajuk.
L’attività di raccolta delle meduse
C’è ancora qualcosa di interessante da ammirare a Temajuk, ed è la raccolta delle meduse. Arriviamo all’area costiera il giorno seguente, dopo aver pernottato al villaggio.
Sulla spiaggia vedo persone di ogni età, vecchi, giovani, bambini, uomini e donne, mescolati tra loro. Sembrano fare avanti e indietro dal mare, fermarsi sulla battigia, e poi tornare indietro, portando un grande cesto sulle spalle.
Quando provo a sbirciare, in un cesto vedo qualcosa che assomiglia a gelatina. Sono delle meduse di grandi dimensioni.
Si tratta della raccolta delle meduse. Un’attività a cui si può assistere soltanto una volta all’anno, dal mese di marzo a quello di maggio. È come per la popolazione dell’isola di Lombok. La differenza è che a Lombok la gente va a caccia di vermi da consumare, invece qui a Temajuk le persone vanno a caccia di meduse per esportarle nei paesi esteri.
Prendo subito parte all’attività per seguire il processo, fino alla lavorazione delle meduse in fabbrica. Soltanto durante la fase di cattura delle meduse non riesco ad assistere. Ma dalla discussione con un residente del posto apprendo che la cattura non avviene in mare aperto, ma sulla riva, a circa 500 metri dal litorale, utilizzando un’imbarcazione.
Ed è un processo abbastanza semplice. Ma prima di iniziare bisogna cospargersi entrambe le mani con dell’allume, se non si vuole essere vittima dei poteri urticanti delle meduse.
La comunità va a caccia al mattino poiché le meduse galleggiano sulla superficie del mare. Per catturarle utilizzano soltanto una lunga rete con tre ganci alle estremità. In una giornata, una barca a motore può catturare meduse per un totale che va dalle 150 alle 500. Ed un solo esemplare pesa circa 1,5 kg.
Osservo le attività dei residenti dalla spiaggia. Dopo aver portato a riva i frutti della pesca, queste creature marine vengono poste ordinatamente sulle imbarcazioni, per separare i tentacoli dal corpo. Poi la gente mette ad una ad una le meduse nei cesti, per portarle alle fabbriche.
Il prezzo di un tentacolo di medusa è di 800 rupie, mentre la parte superiore del corpo ne costa 1.500. vi sono undici fabbriche che sorgono a circa 200 metri dalla spiaggia. Fungono da luoghi per la pulizia e conservazione delle meduse, prima di essere commercializzate.
Seguo alcuni residenti fino ad una delle fabbriche, per vedere dal vivo il processo di lavorazione. Per prima cosa le meduse vengono immerse in una vasca con allume e soda, e lasciate in ammollo per una notte.
Dopodiché le meduse vengono trasferite in un’altra vasca con allume e sale, e fatte riposare per due notti. In seguito, sono spostate in un’altra vasca ancora, con sale al 100% e lasciate per ben due settimane. Lo scopo dell’aggiunta di sale ed allume è quella di rimuovere il muco ed il potere urticante. Le meduse vengono poi spazzolate sino a che sono pulite, e messe all’aria per 46 ore. L’ultimo procedimento è quello di imballaggio e pesa.
Il signor Bunadi, 28 anni, supervisore che mi accompagna in perlustrazione della fabbrica, mi racconta che le meduse confezionate nei secchi verranno poi inviate a Kuching, in Malesia, via fiume, per essere poi lavorate ancora ed esportate all’estero.
“Dalla Malesia le nostre meduse sono esportate in altri paesi come il Taiwan, il Giappone, la Corea del Sud e la Cina. In questi paesi le meduse verranno trasformate in cibo,” afferma l’uomo, che ha anche lavorato presso una fabbrica di meduse in Thailandia per 8 anni.
Una sola fabbrica, secondo Bunadi, può ospitare sino a 600 esemplari di medusa bagnati, oppure quaranta secchi contenenti venti meduse essiccate, in un solo giorno. Mentre il numero di dipendenti per fabbrica è di 16 persone.
“La maggior parte sono donne,” dichiara Bunadi che da sei mesi lavora come supervisore presso l’impianto.
L’attività di raccolta delle meduse in realtà risale al 1987, anno dell’istituzione della fabbrica come deposito. Grazie a questo business molta gente ha trovato posti di lavoro ed un aiuto economico. Inoltre si possono fare soldi abbastanza velocemente.
Usman, leader del villaggio, mi spiega che in tre mesi di raccolta si può raggiungere un fatturato anche di 3 miliardi di rupie.
“Raggiungiamo circa i 2,4-3 miliardi di rupie con questo business, se calcoliamo una media di un milione di esemplari al giorno. E questo è abbastanza buono come contributo al nostro villaggio,” afferma Usman.
In futuro, vorrebbe anche rendere le meduse di Temajuk un’icona per il turismo, spiega. Dove un giorno i viaggiatori potranno seguire le attività di cattura delle meduse assieme ai pescatori in mare.
“Per quanto riguarda le tartarughe, abbiamo già un’agenda annuale con il WWF. Le prossime saranno le meduse ed altri potenziali che ci arrivano dal mare, che diventeranno un’icona. Spero al più presto,” sorride Usman.
Dopo la nostra conversazione ed una tazza di caffè, saluto subito tutti quanti e mi preparo a rimettermi in viaggio.
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