di Riccardo Bottazzo
La questione ruota tutta attorno al concetto di “decoro”. Concetto che ognuno interpreta a modo suo. Vediamo due esempi: i poveri e i reggiseni delle vigilesse. Per il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, meglio conosciuto come “il Gigio da Spinea” da quei veneziani che non lo amano, i poveri sono indecorosi. Sono sporchi, soprattutto da quando l’amministrazione ha tagliato le docce dove andavano a lavarsi, qualche volta puzzano, non hanno un posto dove dormire, anche perché detta amministrazione ha chiuso le cooperative che davano loro un letto, tra loro qualcuno rubacchia o spaccia droga (questo non è vero, altrimenti non sarebbero poveri, ma il Gigio da Spinea ne è convinto), e poi – questo è indiscutibile – continuano a non curare l’eleganza e si infilano tutti gli stracci che trovano nelle immondizie per combattere il freddo. Insomma, sono indecorosi!
Il secondo esempio, riguarda le donne vigile. Ieri, il sindaco ha fatto la rituale comparsata per augurare buon Natale ai cittadini decorosi in piazza Ferretto, in pieno centro a Mestre, con una mimetica addosso. Sì… l’altra parola che tiene banco da quando hanno eletto il Gigio da Spinea, è “sicurezza”. Metti che ci sia un attentato, beh, lui ha già la mimetica addosso. Tra una cosa e l’altra, il primo cittadino di Venezia ha pensato bene di prendersela con le vigilesse. Si truccano troppo e indossano reggiseni non consoni. Qualche volta, dice il Gigio, non se lo mettono nemmeno il reggiseno.
Io, ve lo giuro, non me ne ero mai accorto. Fatto sta che adesso, in Laguna, ogni volta che passa una donna vigile tutti a misurarla con gli occhi e a fare supposizioni!
Tutto questo, dice il Brugnaro, è indecoroso, perché anche le donne vigile, al pari degli uomini, rappresentano Venezia agli occhi del mondo. Evidentemente, non si può rappresentare Venezia senza reggiseno!
Bisogna anche spiegare che il Gigio da Spinea con le vigilesse nostrane non ci è mai andato d’accordo. Colpa delle pistole. Colpa della “sicurezza”. Il Gigio, appena eletto, ha armato di pistola tutti i vigili. Costo non indifferente da sostenere, ma, se vogliamo la “sicurezza”, non basta girare in mimetica!
Fatto sta nessun vigile è rimasto contento del regalo e sette donne gli hanno pure risposto picche. La sicurezza non è andare in giro armati, hanno spiegato. I compiti di un vigile non sono quelli di un carabiniere o di un poliziotto. Altre sono le questioni che un vigile è chiamato ad affrontare e nessuna di queste si risolve con una pistolettata. Le pistole sono sempre pericolose, specie se chi le porta, come il corpo di polizia municipale, non è addestrato per usarle. E poi, metti che avvenga uno scippo, cosa dovremo fare? Sparare in mezzo alle calli? Caro sindaco, non siamo Tex Willer e la pistola non la vogliamo.
La questione sta andando per tribunali e sindacati. Ma intanto il Gigio da Spinea ha scoperto che può costringerle a non truccarsi ed a mettere un reggiseno “decoroso”, e lo ha fatto.
Ce n’è anche per i colleghi uomini, eh? Niente piercing, niente capelli lunghi e niente tatuaggi. E se poi uno ha il Leone Marciano tatuato su una chiappa, voglio vederlo il Gigio, che glielo va a scovare per licenziarlo!
Non che gli altri dipendenti comunali, lo abbiano particolarmente in simpatia, il nostro sindaco, considerato che giusto lunedì c’è voluto un battaglione della Celere per impedire a duecento precari licenziati di mettergli le mani addosso quando hanno assaltato il consiglio comunale.
Dico questo per darvi una idea di quali pericoli ed insidie nasconda il sempre antipatico concetto di “decoro”. Le soluzioni, poi, sono ancora peggio. Quella ai “troppi poveri indecorosi” – perlomeno 500 persone, secondo le stime della Caritas, vivono in stato di completa indigenza a Venezia – è sin troppo facile, per il Gigio. “Penso ad una cittadella della povertà che allontani i poveri dalle zone residenziali e dal centro, dove concentrare mense e servizi” ha spiegato. Non ha inventato niente, il Gigio da Spinea. Di slum e favelas è pieno il mondo. Di quartieri ghetto, la terra. Fa solo specie che chi non ce li ha, pensi ad istituirli d’ufficio.
Ai giornalisti che hanno chiesto dove dovrebbe sorgere questa… cittadella, il sindaco ha risposto: “Io lo so ma non ve lo dico”. E qui ci sta tutto il concetto di democrazia di uno come il Brugnaro che appena eletto vuole vendere i quadri del Comune e si incavola quando gli spiegano che non lo può fare. Oppure quando a uno studente che lo contestava civilmente in un dibattito ha urlato: “Io, te ti aspetto fuori!” Oppure quando ha esautorato tutte le municipalità e si è circondato di assessori senza deleghe effettive perché nelle aziende che vogliono fare “schei” troppa “democrazia” impedisce al capo di prendere le decisioni. Oppure quando al referendum costituzionale dichiara ai giornalisti che, nella sua opinione, ci ha ragione il Brunetta e il fronte del No ma che voterà Sì perché glielo ha chiesto Renzi e lui, per principio, si allinea sempre con quelli che comandano. Oppure… va beh, avete intuito, immagino.
“Cosa volete? – commenta il politologo veneziano Beppe Caccia – siamo in un periodo di interregno, tanto per citare Gramsci, il vecchio muore ma il nuovo non può nascere. E in questo periodo sospeso si verificano i fenomeni morbosi più svariati. Trump e Brugnaro ne sono due efficaci esempi”.
Ah sì, Trump. Il Gigio da Spinea ne è un accanito sostenitore. Gli ha scritto una lettera per invitarlo in laguna assieme ad un altri due “suoi” idoli della democrazia, Putin ed Erdogan. Già me li vedo, tutti insieme appassionatamente a spasso per piazza San Marco. Come si dice da queste parti, “Speriamo nell’acqua alta”.
Ma torniamo alla famosa cittadella tutta per i poveri da costruire dove non ci è dato sapere ma senz’altro in qualche periferia già degradata di per suo così da non doverci lavorare più di tanto per degradarla ancora di più.
“Ma davvero c’è qualcuno che si stupisce se il Brugnaro non vuole poveri, accattoni, tossici e barboni in centro? – si chiede provocatoriamente Vittoria Scarpa, attivista del cso Rivolta e portavoce della cooperativa Caracol che lavora con l’emarginazione offrendo posti letto al caldo e coperte a chi ne ha bisogno. Cooperativa naturalmente scaricata dall’amministrazione Brugnaro -. A Mestre sono state rimosse le panchine perché i senza casa ci si sedevano, è stata tolta la fermata dell’autobus, piazzale Donatori è stata trasformata in una scoassera (immondezzaio, ndr) piuttosto che fosse frequentato da chi non ha casa casa. Gli operatori in strada sono sempre di meno, perché ora il must è ‘aiutiamo solo chi vuole redimersi’. Come se la povertà fosse una scelta o una colpa! Chi lavorava nel sociale e ha denunciato le vergognose politiche di questa giunta è stato sostituito da quelli che fino a ieri vendevano panchine di legno e oggi da bravi lacchè ammaestrati fanno da palcoscenico al finto assessore buono! Si vantano di progetti che non sono loro e non sanno che sono nati dalle nostre occupazioni delle stazioni nei giorni freddi. Ma noi non lo facevamo per togliere i poveri da sotto gli occhi della città per bene e neanche per carità cristiana. Noi ci siamo battuti e ci batteremo ancora per garantire a tutti i loro diritti. Ma il sindaco e l’assessore non sanno neanche cosa significhi questa parola”.
Purtroppo per il Brugnaro, il progetto della cittadella dei poveri nasce già in salita. Le mense colpevoli di attirare i poveri da spostare nella famosa cittadella appartengono tutte alla curia patriarcale e non al Comune. Immediata la replica del patriarca Francesco Moraglia: “La città non può emarginare realtà che appartengono al vivere sociale. Se c’è da organizzare meglio le mense, ci impegneremo perché questo avvenga, però portare tutto in un luogo deputato alla carità, quasi come se ci fossero barriere divisive all’interno della comunità civica e sociale, questo no. Così si crea emarginazione su emarginazione“.
Adesso bisogna vedere cosa risponderà il Gigio da Spinea che certo non ama essere contraddetto, lui che si è fatto i soldi creando una società di lavoro interinale! È una fortuna per il patriarca di Venezia non aver bisogno di portare reggiseni!
Profilo dell'autore
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Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.
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