Quell’ebraismo che rifiuta il sionismo

di Riccardo Bottazzo

La Terra Santa? “Appartiene esclusivamente al popolo Palestinese”. Israele? “Uno stato illegittimo che non ha nessuna ragione di esistere”. Ebraismo e sionismo? “Due concetti antitetici”. Il chassidismo rifiuta il principio che sta alla base di questa ideologia: quello del diritto degli ebrei ad avere un loro Stato. Perlomeno sino a che il promesso Messia non busserà alle porte di Gerusalemme, inaugurando un’era di pace e prosperità sia per i vivi che per i morti.

“Nell’attesa, noi preghiamo per un immediato e pacifico smantellamento dello Stato di Israele, perché i sionisti abbandonino la loro criminale ideologia e perché la terra di Palestina venga restituita ai loro legittimi proprietari. Così che anche in quei luoghi si possa tornare a vivere in pace come era nel passato”. Parola di ebreo. Anzi, parola di rabbino: Yisroel Dovid Weiss, religioso ortodosso appartenente al movimento chassidista e noto attivista anti sionista, portavoce dell’organizzazione Neturei Karta (traducibile dall’aramaico come “i guardiani della città”).

Assieme al discepolo Yehoshua Rosenberger, rabbi Weiss, martedì 29 novembre, in occasione della giornata che l’Onu dedica ai diritti dei palestinesi, è venuto a Venezia dagli Stati Uniti dove risiede per spiegare che quanto il governo israeliano sta portando avanti nella Terra Santa è un crimine che nulla ha a che vedere con l’ebraismo.

Per gridare al mondo la sua denuncia, rabbi Weiss si è scelto un palcoscenico mica male: piazza San Marco. I due ortodossi hanno chiesto l’appoggio di alcuni militanti per i diritti dei palestinesi di Venezia. Appoggio, detto per inciso, non poco problematico perché i due rabbini ortodossi debbono seguire regole rigidissime, tanto nell’alimentazione quando nel vestire e nel rapportarsi con gli altri. Gli è vietato, tanto per fare un esempio, non soltanto sfiorare un essere di genere femminile ma anche farsi inquadrare in una fotografia assieme ad una donna. Il che, in una piazza perennemente strapiena di turisti come quella di San Marco, è una pretesa non da poco.

Anche le regole che rabbi Weiss detta per l’iniziativa sono alquanto particolari. Le riprese e le foto non devono inquadrarlo davanti a chiese o edifici religiosi. Così sceglie lo sfondo del palazzo Ducale, dopo essersi assicurato che il governo della Serenissima, ai suoi bei tempi, fosse sufficientemente laico. Niente altoparlanti ma solo la voce diretta, lingua inglese o ebraica. Solo i due religiosi inoltre, dovranno sostenere il cartello con la denuncia di Israele. Che si cominci la piazzata con “solo” un paio di ore di ritardo, era il minimo che ci si potesse aspettare. I due chassidim hanno un orologio tutto per conto loro.

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Si parte verso le sei di sera in una piazza San Marco che non è mai deserta. Quando rabbi Weiss comincia a parlare ad alta voce, dietro quel cartello con scritto, in italiano, l’ebraismo rifiuta il sionismo e lo Stato di Israele, si forma subito un capannello di turisti incuriositi dai nostri personaggi che, detto senza offesa, sembrano un anticipo di carnevale.

E cominciano subito le contestazioni. Già, perché tra tanta gente da tutto il mondo non manca mai qualche turista israeliano che, sul sionismo, la pensa in tutt’altra maniera. Non passa un quarto d’ora che una viaggiatrice israeliana, particolarmente incavolata dall’acceso battibecco sostenuto col rabbino, telefona alla polizia. In tre minuti arrivano, nell’ordine, due vigili di piazza e una vigilessa, due soldati armati con bombe, maschere antigas e mitraglie come se fossero sulle strade di Mosul, con un poliziotto a sostegno (sono le famose ronde per la “sicurezza” che il sindaco di Venezia apprezza tanto), due carabinieri, altri due poliziotti in divisa e uno della Digos in borghese.

C’è da sottolineare che la sceneggiata che ne è nata aveva il suo lato comico. Nessuno di questi signori spiaccicava una sola parola di inglese, per tacer dell’ebraico, inoltre nessuno di loro aveva idea che esistessero ebrei ortodossi antisionisti. I cartelli che denunciavano Israele, in mano a due uomini che possedevano tutte le caratteristiche del tipico ebreo da film, li spiazzava non poco. Quando i due rabbini hanno esibito regolari passaporti a Stelle e strisce, e non di qualche strano stan ex sovietico, i tutori dell’ordine hanno cominciato a pensare che le cose fossero più complicate del previsto. Come se non bastasse, tra tutte quelle forze in campo, non era neppure chiaro chi dovesse prendersi la responsabilità di decidere se portarli dentro per accertamenti o limitarsi a sgomberare il sit in.

Ma un passaporto rilasciato dagli Usa dà sempre qualche vantaggio rispetto ad uno emesso in Libia o in Sudan. Così, una volta resisi conto che la questione era sì complicata ma non rientrava nel genere “attentato terroristico di matrice islamica”, hanno optato per un saggio “lasciamo perdere”. Non senza aver prima preso i documenti di un paio di italianissime persone che si erano gentilmente offerte di fare da interpreti con l’inglese ed essersi accertati che i due rabbini si incamminassero verso il loro albergo.

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Senza voler entrare nel merito della delicata questione se la causa palestinese tragga o no vantaggio da un sostegno che, per così dire, arriva dalle file dell’integralismo religioso ebraico, va sottolineato che l’iniziativa dei due rabbini nordamericani ha avuto quanto meno il merito di mettere il dito nella piaga del problema: l’uguaglianza ebreo = israeliano = sionista, con la quale Israele giustifica le sue continue violazioni ai diritti dei palestinesi, non ha motivo di essere. Si può essere ebreo senza essere sionista e si può essere sionista senza essere ebreo.

L’ebraismo è una religione, una forma di spiritualità, mentre il sionismo è una ideologia nazionalistica che non ha nulla a che vedere con la religione ebraica – spiega rabbi Weiss-. Più di un secolo fa, qualcuno decise di creare uno Stato per il popolo ebraico mentre noi crediamo fermamente che questo ci è proibito perché siamo stati esiliati dalla Terra Santa per decreto divino. Israele è stata creata sull’oppressione di un intero popolo e continua ancora ad opprimere commettendo continue violenze e atrocità. Noi ebrei non possiamo che ribadire che questo è un crimine. Nei dieci comandamenti è scritto ‘non uccidere’ e ‘non rubare’. Eppure al mondo viene data l’impressione che i crimini sionisti siano commessi in nome del popolo ebraico, quando simili azioni sono espressamente proibite nella Torah”.

Eppure Israele continua ad essere appoggiata dalla maggior parte dei governi. Come vede questo sostegno?

“Il mondo deve capire che l’appoggio allo Stato di Israele non è assolutamente di aiuto al popolo ebraico. Al contrario, il sionismo sta favorendo la ripresa dell’antisemitismo. Alla gente viene fatto credere che tutti gli ebrei siano favorevoli allo Stato di Israele, mentre, di fatto, ci sono centinaia di migliaia di ebrei che si oppongono all’esistenza stessa di uno Stato fondato su una ideologia nazionalista. A Gerusalemme comunità religiose cristiane, ebraiche e musulmane vissero in armonia per secoli. Fu l’intervento di questo movimento politico, il sionismo, che occupò le terre e commise crimini inauditi, a scatenare l’odio e la violenza che vediamo ancora oggi”.

Quali sono le soluzioni per portare la pace in Palestina?

“Ce n’è una sola di soluzione che è anche la cosa giusta da fare: la Terra Santa appartiene ai palestinesi e a loro va restituita”.


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.

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