Il neofascismo croato e i muri dell’odio

La democratica Croazia non ha ancora fatto i conti con il suo passato fascista e i tanti graffiti anti-serbi vengono tollerati dalle autorità. Ma c’è anche chi, come il deputato Jure Zubčić, trasforma scritte filo-naziste sui muri in messaggi d’amore.

di Tatjana Đorđević Simic


Lo scorso dicembre, il noto giornalista croato Saša Kosanović pubblicò sul suo profilo Facebook una foto del muro di una scuola elementare coperto con i simboli dell’epoca ustascia (tra cui lo slogan Za dom, spremni – “Per la patria, pronti” – corrispettivo del tedesco Sieg Heil). Il giornalista ricevette tantissimi commenti di sostegno da molte persone, che si chiedevano come fosse possibile che in un paese basato sui valori democratici – come spesso ricorda l’elite della politica croata – sopravviva ancora una rumorosa minoranza che guarda nostalgicamente al passato ustascia, il movimento croato alleato dei nazisti tedeschi e dei fascisti italiani durante la Seconda guerra mondiale, che si opponeva al Regno di Jugoslavia dominato dall’etnia serba.

Non sarebbe neanche cosi strano vedere sui muri scritte d’odio e insulti rivolti soprattutto contro la minoranza serba – una cosa ormai solita ed ereditaria soprattutto dopo la guerra del ‘91-’95 in Croazia – se non si trattasse della scuola di un piccolo paese vicino alla capitale Zagabria, adibita per di più a seggio elettorale nelle elezioni presidenziali dell’anno scorso.

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In quell’occasione, il giornalista Kosanović ha affermato che quel giorno ha votato contro l’odio e contro tutti coloro che sono ciechi davanti ai messaggi e ai simboli destinati ai serbi. E pochi giorni dopo, quando qualcuno ha sporto denuncia alla polizia contro le scritte che erano apparse sui muri della scuola, le autorità locali le hanno tolte. Ma chissà per quanto tempo quei messaggi erano rimasti sui muri della scuola elementare.

Quando graffiti d’odio si trasformano in messaggi d’amore

Nella Croazia di oggi, tanto democratica quanto ancora molto fragile davanti alla questione del suo passato fascista, nelle città principali ci sono ancora innumerevoli graffiti filo-nazisti e anti-serbi. Sono presenti da anni negli stessi posti, sui muri, sulle facciate delle istituzioni, sui monumenti partigiani, sulle strade. E molti non li vedono, neanche si accorgono della loro esistenza.

Però, anche nella stessa Croazia, c’è gente come Jure Zubčić, giovane attivista e deputato del Partito Socialdemocratico croato, nel municipio di Zara, che l’anno scorso ha modificato la scritta Ubi Srbina – “Uccidi il serbo” – aggiungendo alcune lettere alla prima parola,  così ubi (“uccidi”) è diventato poljubi (“bacia”). Qualche giorno dopo, qualcuno ha sporto una denuncia anonima alla polizia per violazione di proprietà privata. In questo caso, la polizia ha reagito velocemente, cancellando subito la scritta che in questo caso trasmetteva il messaggio d’amore ed amicizia. 

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“Non so per quanto tempo la scritta originaria è rimasta lì. Si tratta del muro di un palazzo che appartiene al comune di Zara. Il sindaco di Zara, per esempio, ogni giorno fa quella strada e non ha mai notato quel messaggio destinato alla minoranza serba. Quando fui io a notarlo decisi di sfidare chiunque lo avesse scritto, ma a quanto pare alcune persone erano più infastidite dal mio messaggio che dal messaggio originale. Il culto della guerra e dell’odio, purtroppo, viene ancora coltivato in Croazia”, racconta Jure.

Un futuro migliore con il nuovo presidente?

I croati sono stati influenzati molto bene in questi 25 anni, soprattutto dai politici, che non hanno ancora risposto a domande essenziali e, quindi, invece di dare lavoro alle persone, danno loro bandiere e trasmettono messaggi d’odio dei quali il popolo si nutre.



Esiste in Croazia una legge contro la discriminazione, in base alla quale i messaggi di odio vengono considerati reati. Ma finora nessuno è stato punito per questi crimini. C’è solo un artista di Zagabria che l’hanno scorso è stato condannato per aver disegnato la falce e il martello – simbolo comunista – sul monumento dell’ex presidente croato e fondatore della Croazia indipendente, Franjo Tudjman. È stato condannato a non potersi avvicinare mai pù al monumento di Tudjman che si trova nel centro della città. Una punizione assurda, quanto normale in un paese che non ha fatto ancora i conti con il proprio passato. Forse non li farà mai nella maniera che tutti vorrebbero, però l’annuncio della vittoria del nuovo presidente socialdemocratico Zoran Milanović, che “la guerra è finita”, infonde la speranza per un futuro migliore.

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Profilo dell'autore

Tatjana Đorđević Simic

Tatjana Đorđević Simic
Corrispondente dall'Italia per vari media della Serbia degli altri paesi dell'ex Jugoslavia, vive in Italia dal 2006 e da allora ha collaborato con molte riviste di geopolitica italiane e internazionali. Attualmente scrive per Al Jazeera Balkans e per la versione in serbo della BBC. È membro dell'International Federation of Journalist e dal marzo 2020 è il Consigliere Delegato dell'Associazione Stampa Estera Milano

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