Coronavirus in Guinea: prove tecniche di totalitarismo

Dopo decenni di instabilità politica e tensioni etniche, la Guinea sembrava aver trovato un equilibrio sociale. La lotta al coronavirus sta però diventando il pretesto per far sprofondare il Paese in una nuova deriva autoritaria e di discriminazione etnica istituzionale. La preziosa testimonianza di un attivista guineano


Dal 26 marzo la Guinea è in stato di emergenza. Il presidente Alpha Condé, in un messaggio alla nazione trasmesso in diretta televisiva, ha spiegato la strategia per limitare la diffusione del Covid-19. Per un mese, con possibilità di estensione, tutte le frontiere terrestri del Paese sono chiuse in entrata e in uscita, al netto del trasporto merci. Chiuse scuole e università, così come chiese e moschee, ha mantenuto aperto i ristoranti e i mercati. Al momento sono stati confermati cinque casi di positività al Coronavirus.

L’emergenza pandemia si inserisce in un momento estremamente delicato del Paese. Il governo ha comunicato i risultati provvisori di un recente referendum secondo i quali il 92% degli elettori avrebbe sostenuto un cambiamento della Costituzione. Secondo l’opposizione, con questa modifica legislativa il presidente Alpha Condé potrà governare altri 12 anni. La Corte costituzionale ha otto giorni per confermare i risultati.

Il referendum, originariamente previsto per il primo marzo, è stato da subito visto con molta preoccupazione dagli osservatori internazionali, preoccupati da brogli e pressioni. Le opposizioni avevano deciso di boicottarlo.

Sotto l’attuale impianto costituzionale, l’82enne Condé terminerebbe il suo mandato quest’anno. Non ha mai negato di voler cercare un nuovo termine grazie a queste modifiche. La nuova Costituzione limiterebbe i termini presidenziali a due cicli ma estenderebbe la durata di ciascun mandato a sei anni, consentendo potenzialmente a Condé di governare per altri 12 anni.

Secondo AFP, da ottobre almeno 32 persone sono state uccise dalle forze di polizia durante gli scontri che hanno accompagnato il processo di revisione costituzionale e le elezioni locali, mentre giornalisti e attivisti vengono costantemente arrestati.

Se per le opposizioni nella sola giornata delle votazioni sarebbero state uccise decine e decine di persone, per le autorità ci sono stati solo pochi decessi e le votazioni hanno avuto luogo in pace.

Condé è un ex personaggio dell’opposizione che durante i precedenti regimi era stato stato imprigionato varie volte. Nel 2010 era entrato nella storia come il primo presidente eletto democraticamente in Guinea, un paese con una storia di instabilità e continui colpi di Stato.

Se per il governo la Costituzione va aggiornata per inserire tutele sociali fondamentali, soprattutto per le donne (le riforme includerebbero il divieto di praticare mutilazioni genitali femminili e matrimoni minorili, oltre alla concessione ai coniugi di pari diritti in caso di divorzio) per le opposizioni si tratterebbe di legittimare un regime che negli anni è diventato sempre più autoritario.

In Guinea vivono circa 13 milioni di persone, che fanno parte di oltre 24 gruppi etnici differenti. I più cospicui sono i fulani (peul, 40% della popolazione), malinké (o mandingo, 30%) e soussou (20%). Ospita i monti Nimba, dove ci sono alcune delle più grandi riserve mondiali di bauxite e minerali ferrosi. Nel 1958 è stata la prima colonia francese a sud del Sahara ad ottenere l’indipendenza.


REPUBBLICA DI GUINEA – Scheda paese

Forma di governo: repubblica semipresidenziale
Presidente: Alpha Condé
Primo ministro: Ibrahima Kassory Fofana
Indipendenza: 2 ottobre 1958 (dalla Francia)
PIL pro capite: (PPA): 1109 $ (2012)
ISU: 0,344 – 178º (2011)
N. abitanti: 13 milioni (2017)
Lingua ufficiale: francese
Etnie: oltre 24, tra cui fula (40%) e mandinka (30%)
Religioni: musulmani 85%, cristiani 10%, credenze tradizionali 5%

Un attivista politico rifugiato in nord Italia ci ha tracciato la sua interpretazione degli ultimi sviluppi in Guinea. Quasi tutto quello che segue è verificabile attraverso rapporti ufficiali e decine di testimonianze facilmente reperibili online. Le accuse di violenza gratuita verso le opposizioni, oltre che nei report delle associazioni internazionali, trovano conferma in diversi gruppi social di cittadini guineani a cui Frontiere ha avuto accesso.

“Alpha Condé è il politico più anziano della politica guineana. È stato all’opposizione per cinquant’anni, da quando abbiamo avuto l’indipendenza, fino al 2010. Il periodo intorno alle elezioni del 2010 è stato estremamente fragile per il mio paese. Nel 2008 un colpo di Stato aveva spodestato il presidente Lansana Conté. Per due anni, dal 2008 al 2010, un gruppo di militari ha gestito la Guinea in maniera estremamente violenta. Ad esempio, il 28 settembre 2009 una protesta democratica nello stadio di calcio di Conakry si è conclusa quando i militari hanno aperto il fuoco, uccidendo oltre 157 persone e violentando circa 300 donne.

Alle urne del 2010 Alpha Condé era andato malissimo, aveva preso solo il 18% al primo turno. Ma aveva fortissime relazioni in Europa. Facendosi aiutare dalla Francia (il paese dove è cresciuto) e facendo un forte lavoro di lobby dentro l’Unione Africana, è riuscito a prendere il potere e governare. Basti pensare che siamo stati quattro mesi senza tornare alle urne, nonostante nella Costituzione è previsto che tra il primo e il secondo turno devono trascorrere massimo 60 giorni. Per cambiare la posizione e le idee degli elettori, tra il primo e il secondo turno hanno iniziato a dividerci su base etnica, mettendoci gli uni contro gli altri. Il secondo turno ha premiato Condé. Come ha vinto? Puntando all’odio verso i fulani. È riuscito a unire tutte le tribù contro i fulani.

Da quando è Presidente della Repubblica, il nostro paese non vive una situazione di tranquillità. Ci sono continue manifestazioni politiche. Ma a morire sono quasi solo fulani. I ragazzi arrestati vengono torturati, le loro famiglie minacciate.

Il cambio della Costituzione è estremamente pericoloso. Il popolo vuole organizzarsi, ci sono gruppi che tentano di diffondere le notizie legate ai giovani che manifestano e le barbarie. La Francia, l’Unione europea e l’Unione africana non hanno riconosciuto il referendum. Non so se servirà a qualcosa. La situazione è drammatica”.

E ora, il Coronavirus. “Che mi risulti la Guinea non è preparata per affrontare il Coronavirus”, ha spiegato a Business Live Jeggan Gray Johnson della Open Society Foundation. “Stiamo iniziando a vedere una sfida contro la pandemia in cui i dittatori non si fermano davanti a nulla per ottenere ciò che vogliono”.


foto copertina: Cellou Binani/AFP 


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