Pena di morte: dati positivi ma ancora lontani dall’abolizione

Oggi, 10 ottobre, è la giornata mondiale contro la pena di morte. Nonostante se ne parli spesso, la pena di morte sembra una di quelle cose che accadono una tantum, un’ ottima occasione per sventolare cartelli e indignarsi ad hoc. In realtà la pena capitale è una presenza costante nel sistema penale di molti Paesi. Perfino di quelli insospettabili.

Nel 2011, stando all’ultimo rapporto di Nessuno Tocchi Caino, le esecuzioni sono state più di 5000. Un numero altissimo, eppure di per sé una piccola vittoria, visto che nel 2010 erano state 5946.

Ad oggi, i Paesi che ufficialmente hanno deciso di abolire la pena di morte sono 155. Tra questi c’è però da distinguere tra chi è totalmente abolizionista (99), chi è abolizionista per i crimini ordinari (7) e quelli che invece attuano una moratoria delle esecuzioni (5).

I Paesi che, di fatto, non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono schierati ed impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte sono solo 44. Numeri destinati ad aumentare, perché i Paesi mantenitori sono via via diminuiti nel corso degli anni, basti pensare che si è passati dai 54 del 2005 ai 45 del 2009.

È l’Asia il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo. I “Paesi-boia” infatti sono Cina, Iran ed Arabia Saudita per un totale di almeno 4931 esecuzioni, pari al 98,6% del totale. Analizziamoli nel dettaglio.

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La Cina stima circa 4000 esecuzioni, anche se la cifra diminuisce progressivamente dal 2007, anno in cui è entrata in vigore la legge che prevede che ogni sentenza di condanna a morte debba essere rivista dalla Corte Suprema. Inoltre, durante il Congresso Nazionale del Popolo dello scorso marzo, è stato approvato un emendamento che riforma la legge di procedura penale cinese.

Per la prima volta la riforma specifica che tutte le deposizioni e le testimonianze ottenute mediante minaccia o violenza non possono essere usate come prove durante i processi. Sicuramente un passo importante. Di fatto, dal 2007 le sentenze di morte sono diminuite del 50 per cento ed il numero è ancora molto elevato.

L’Iran, nel solo 2011, ne conta 676 contro le 546 dell’anno precedente. I dati provengono dal monitoraggio di Iran Human Rights anche se fonti ufficiose parlano di numeri sensibilmente maggiori. Esistono ancora esecuzioni di minorenni, nonostante sia vietata dalla Convenzione dei Diritti del Fanciullo ratificata dall’Iran ma, evidentemente, mal compresa visto che sono almeno 4 i minorenni impiccati.

Altro dato allarmante è il numero delle esecuzioni pubbliche: 65 le impiccagioni sulla pubblica piazza, un numero che si è triplicato e che non veniva registrato da almeno diedi anni. L’accusa principale è quella di essere oppositori politici, anche se spesso viene mascherata con arresti per reati minori, per terrorismo o per omosessualità.

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Non solo pena di morte ma anche torture, fustigazioni, punizioni corporee e amputazioni degli altri. L’Iran continua ancora ad ignorare il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che è entrato in vigore nel Paese il 23 marzo 1976.

L’Arabia Saudita conta 76 condannati a morte, ma Amnesty International sostiene che il numero esatto è 82, tra le quali cinque donne e 28 stranieri nel solo 2011. Secondo i dati riportati dall’Agence France Presse, il 26 giugno 2012 erano già state giustiziate 45 persone.

Gli Stati Uniti detengono il triste primato di essere l’unico paese del continente americano a mantenere la pena di morte. Sono solo 20 gli Stati che l’hanno abolita. Le esecuzioni del 2011 sono 43, 13 nel solo stato del Texas.

L’Africa invece, registra 24 esecuzioni. Un numero in sensibile diminuzione se si pensa che nel 2006 se ne registravano 87. Il numero più alto di esecuzioni è in Somalia, 11 casi. Immediatamente successivo il Sudan che oramai diviso tra Nord e Sud ne conta ben 12 .

L’Europa, purtroppo, non è un continente totalmente. La Bielorussia infatti non ha mai smesso di condannare i proprio cittadini alla pena capitale previa fucilazione. Nel 2011 sono stati due i casi per condanna ad omicidio, mentre nel 2012 i due uomini giustiziati in quanto accusati di terrorismo.

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C’è da sottolineare però una generale tendenza di molti Paesi ad appoggiare la moratoria contro la pena di morte. Tra il 2011 e il 2012 Lettonia, Mongolia, Guinea, Benin, Illinois, Connecticut, Oregon, Maldive, Suriname, Liberia, Mauritania, Nigeria e Ghana hanno ufficialmente predisposto il loro interesse ad appoggiare la moratoria e, in alcuni casi, a revisionare la propria costituzione in modo da abolire definitivamente la pena capitale.

Significativo anche il numero di amnistie o commutazioni di condanne in Paesi quali Birmania, Uganda, Zambia e Sierra Leone. Una speranza, ancora, c’è.

Ilaria Bortot

 


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