“Karim ha la prossima udienza il 10 maggio. Qualcuno deciderà in base alle regole (ma quali regole?!) se deve salire su un aereo oppure se può rimanere in Italia. Che è il suo paese. Dove ha una famiglia, la sua famiglia. Ha me ed un figlio in arrivo. KARIM NON DEVE PARTIRE“.
Finisce così l’appello di Federica, una giovane futura mamma, che si è scontrata con la burocrazia italiana e i suoi errori, che chiede aiuto per firmare la petizione che potrebbe fermare l’espulsione del suo ragazzo.
La loro è una storia come quella di tanti altri: lui, egiziano, arriva in Italia a sei anni, vive con la nuova famiglia del padre, cresce nel paese che lo ha accolto e lo sente suo. Poi, quando il padre muore, frequenta brutte compagnie e viene arrestato per abuso di stupefacenti. Seguono gli anni in carcere, il recupero, la libertà ritrovata e l’incontro con lei, Federica. Vanno a vivere insieme a Milano. Tre anni d’amore, una casa e ora, un bimbo in arrivo. Il 4 aprile scorso però, un poliziotto lo ferma e lo arresta perché non ha i documenti in regola. Poco contano le spiegazioni, Karim viene mandato al CIE di Ponte Galeria a Roma, pronto per l’estradizione nel “suo” paese.
Ora, come glielo spieghi che il suo paese non è quello che l’ha visto nascere ma quello che l’ha visto crescere? Come puoi spiegare ad uno Stato che applica la legge Bossi Fini che Karim è molto più italiano che egiziano, che la sua vita è qui, che la sua famiglia è italiana e che non è colpa sua se i suoi documenti non erano in regola, ma di un funzionario magari distratto, magari stanco, che ha commesso un errore?
A prendersi a cuore la causa di Karim, e di molti altri costretti a vivere nei CIE, è la campagna LasciateCIEntrare che monitora costantemente il rispetto delle normative europee in questi centri, facendo particolare attenzione alle condizioni di vita dei migranti. Inutile dire che molto spesso queste strutture sono degradate, “oltre il limite della vivibilità e del rispetto della dignità umana e dove si verificano continue e sistematiche violazioni dei diritti fondamentali“. Loro hanno aiutato Karim, hanno, momentaneamente, fermato il rimpatrio e hanno trovato un avvocato esperto di ASGI – Studi Giuridici sull’Immigrazione che sta spiegando a lui e alla sua giovane compagna cosa fare.
Tra meno quarantotto ore qualcuno stabilirà se Karim deve salire su un aereo e tornare “a casa” o no. Nel mentre c’è una petizione da firmare. E una famiglia da riunire.
di Ilaria Bortot
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