La lotta al petrolio in Amazzonia: il Buen Vivir contro la dittatura del progresso

di Andrea Rinaldi

Quando dalla Sierra Ecuadoriana si arriva finalmente in Amazzonia si passa bruscamente da un clima mite e una bassa flora tipica delle Ande ad un clima caldo-umido e una vegetazione rigogliosa quasi opprimente. Ciò che colpisce di più è la vista dell’immensa foresta pluviale che si estende per migliaia di chilometri fino ad arrivare in Colombia, Brasile e Venezuela. Scendendo dalla capitale Quito e costeggiando gli interminabili oleodotti che attraversano l’Ecuador, si assiste ad un progressivo cambiamento del paesaggio: dalle terre quasi disabitate delle regioni andine si passa ad una gran varietà di piccole cittadine che si sviluppano sulle vie di comunicazione nascondendo la bellezza dell’entroterra amazzonico. Lago Agrio è una delle città più grandi e popolate della provincia di Sucumbios, al confine con la Colombia. Il centro è un susseguirsi di locali e negozi dai colori sgargianti e le sue strade durante il giorno si trasformano in un mercato all’aperto con i contadini che espongono i loro prodotti e i bambini che cercano di vendere coca o lucidano le scarpe ai pochi turisti presenti. La sera le strade si popolano grazie agli operai delle aziende petrolifere in cerca di svago nei bar o nei karaoke della città, locali che in realtà non sono altro che dei bordelli.

Un territorio stravolto dalla scoperta del petrolio. Non è stato sempre così: la popolazione amazzonica fino a 50 anni fa viveva di agricoltura familiare e allevamento. Da quando nel sottosuolo di queste terre sono state scoperte grandi quantità di petrolio, però, le multinazionali dell’energia con il benestare del governo hanno iniziato la corsa per il controllo della foresta. La prima, nel 1964, fu la Texaco Petroleum Company con gli scavi esplorativi sul Lago Agrio che le assicurarono nei decenni successivi l’88% del petrolio estratto in Ecuador. Nel 1992 la Texaco terminò la propria attività nel Paese, lasciandosi però dietro un altissimo debito ecologico: l’attività estrattiva ha difatti inquinato l’aria, i fiumi e le falde acquifere provocando un fortissimo aumento delle percentuali di tumori, aborti e infezioni nella popolazione locale. La Texaco si è comportata come se la zona fosse disabitata, stoccando rifiuti tossici in piscine a cielo aperto, immettendo l’acqua usata nel processo petrolifero nel suolo e liberando i gas tossici direttamente nell’aria. In 28 anni di attività estrattiva l’azienda statunitense ha prodotto più inquinamento che petrolio tanto che nel 2012, la ELAW (Environmental Law Alliance Worldwide) è riuscita vincere una causa intentata contro la Chevron, azienda che nel 2001 aveva rilevato la Texaco. La Corte di Lago Agrio ha infatti condannato la multinazionale a pagare 18 miliardi di dollari per i danni causati all’ambiente ed alle comunità indigene. La compagnia si è rifiutata di pagare la somma, sottolineando la presunta corruzione dei tribunali ecuadoriani e annunciando un ricorso internazionale. Ma la sentenza ha comunque fatto storia e ridato slancio alle proteste ambientaliste e dei movimenti sociali. Nella realtà i campesinos della foresta vivono ancora nelle stesse condizioni, a diretto contatto con i rifiuti tossici e con le multinazionali e le aziende statali che continuano ad inquinare e a deforestare.

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La finta rivoluzione di Correa. Il governo di Rafael Correa, in carica dal 2006 e riconfermato nel 2013, punta tutta la sua politica sul petrolio e nega qualsiasi tipo di inquinamento provocato dall’attività della Petroecuador, impresa pubblica che si occupa dell’estrazione, della raffinazione e della commercializzazione del carburante. Correa ha incentrato la sua ultima campagna elettorale sulla discontinuità con i governi precedenti, fortemente avversati da una fetta sempre più ampia della popolazione. Si è scagliato contro il passaggio, avvenuto nel 2000, dal sucre al dollaro, contro gli accordi di libero-commercio con gli Stati Uniti e in generale contro le politiche neo-liberiste dei suoi predecessori. In realtà il suo progetto “Alianza Pais”, dietro alla propaganda socialista nasconde una politica selvaggiamente capitalista.

Le comunità indigene sono allo stremo. Nella zone di estrazione come Lago Agrio vivono ampie comunità composte soprattutto da famiglie di contadini indigeni, che sopravvivono di ciò che producono con l’agricoltura. Alcune di queste si sono unite in comitati per la difesa dell’ambiente e mostrano a chiunque sia disposto ad ascoltarli la loro situazione. In molte case la Petroecuador ha installato pozzi per l’acqua sostenendo che sia potabile: in realtà è un’acqua fortemente inquinata dagli scarti del processo di estrazione petrolifera. Altri ancora convivono a stretto contatto con piscine di petrolio che inquinano la terra e fanno marcire le piante di cacao e banane o provocano la morte dei capi di bestiame. Intorno ai contadini si stanno ricompattando i movimenti sociali e le organizzazioni di difesa dei diritti umani e dell’ambiente, le quali cercano di dimostrare al mondo intero e al governo i danni irreparabili causati dall’estrazione del petrolio. Spesso vengono accusati di terrorismo andandosi a scontrare con i forti interessi delle multinazionali ancora presenti sul territorio, come l’italiana ENI.

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L’alternativa del Buen Vivir. Parallelamente tentano di proporre un modello di sviluppo alternativo rifacendosi alla nuova Costituzione ecuadoriana approvata nel 2008, che enuncia il principio del Buen Vivir. Con questo ideale ripartono dal basso seguendo le tradizioni indigene di auto-organizzazione e autogoverno: un esempio di vita comunitaria e solidale incentrato sul rispetto della natura e della vita umana prima di ogni altra cosa. Il Sumak Kawsay (appunto il Buen Vivir in lingua kichwa) è la principale alternativa alla dittatura del progresso, è un percorso in salita che cerca di ricreare il rapporto millenario che l’uomo ha con la Madre Terra, fonte primaria di vita e sostentamento. Nel vuoto politico lasciato dalla delusione verso il governo Correa, comunità indigene e società civile lottano per l’applicazione della Costituzione che enuncia i principi del diritto all’alimentazione e della sovranità alimentare, dell’ambiente come soggetto giuridico e delle comunità indigene. In sostanza riprende ideali antichissimi contestualizzandoli all’età contemporanea, delineando una società multiculturale e avanzata, che si basa su di una partecipazione orizzontale alla vita democratica e mette l’ideale Kichwa di comunità come fondamento per la salvaguardia dei diritti umani e della natura.


1 Comment

  • Tu sei uno schiaffo di giornalista che non,metti fonti,non metti il cambiamento le,cose,buone che ha,fatto e sta facendo il,governo dovresti preoccuparti più da qui Che nessuno si e mai curato di proteggere o salvaguardare la natura e parli di un governo che è considerato il migliore al mondo dal 2008 parli male di una persona senza avere le prove corrompendo e mostrando a chi legge e non sa nulla di quella nazione una bugia totale una infamia totale persone e giornalisti come te sono quelli che distruggono il mondo e fanno che le,persone vivano in una bolla di sapone fino a quando non scoppia come sta succedendo ora perché non hai detto che,mentre dal 2007 fino adesso sta,migliorando andando avanti diventando la terza economia del continente più in salita e per di più con rispetto all ambiente e alla gente na tu questo non lo metti perché evidentemente sei un leva culo del neoliberalismo….

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