“Par tera e par mar!”, Venezia ha detto no alle Grandi Navi

foto: Global Project

di Riccardo Bottazzo

E hanno anche il coraggio di chiamarle “navi”. Veri e propri villaggi turistici galleggianti che col mare non hanno niente a che fare se non quello di muoversi sopra come fosse una autostrada costruite solo per loro. Grandhotel alti come grattacieli “dotati di ogni comfort” – come non mancano mai di specificare i depliant delle agenzie – come piscine, saune, giostre d’acqua, night club, discoteche e ristoranti da una a cinque stelle. Sono queste le Grandi Navi alle quali viene consentito di devastare la laguna inquinando ad ogni passaggio come 14 mila auto, sollevando masse d’acqua che sventrano i delicati fondali lagunari ed impattano sulle rive della città abbattendone le antiche fondamenta.

Uno scandalo ambientale, sociale, artistico. Uno scandalo commesso nel nome del profitto delle lobby crocieristiche europee che dettano leggi a Governi ed amministrazioni.

Proprio per questo, le Grandi Navi, come è stato ribadito nella “tre giorni” di incontri svoltasi tra venerdì 7 e domenica 9 giugno a Venezia, rientrano a pieno titolo tra le grandi opere: mercificano e distruggono un bene comune (la laguna e la stessa città), per accumulare grandi guadagni in mano di poche società private.

E proprio come per le grandi opere, la città e i suoi cittadini, non solo non ne ricavano nessun vantaggio, ma vengono posti nella condizione di dover pagare le spese economiche ma anche ambientali del dissesto causato. Vari studi di docenti ed economisti di Ca’ Foscari hanno abbondantemente dimostrato che Venezia non ha nessuna ricaduta economica nella presenza di questi “alberghi del mare“, in quanto il turismo da loro indotto – e vi posso assicurare che Venezia non ha bisogno di ulteriori promozioni turistiche, anche in tempi di crisi! – è un turismo “mordi e fuggi” da mezza giornata che si esaurisce sul “tutto compreso” della nave-albergo che offre anche la possibilità di acquistare nei negozi sui ponti anche l’immancabile gondola in plastica e altri souvenir.

Ma anche al di là dell’aspetto economico, non possiamo tacere sui rischi inerenti al passaggio di queste enormi scatoloni di ferro in un canale strettissimo come quello della Giudecca. E’ appena il caso di ricordare cosa è successo al Giglio e a Genova. E se un simile incidente si verificasse davanti alla basilica di San Marco?

Con queste premesse, è facile intuire come la “tre giorni” organizzata dal comitato cittadino No Grandi Navi, alla quale ha aderito l’intero arcipelago associazionista che opera nella Città dei Dogi, sia stata caratterizzata da una ampissima partecipazione di pubblico. Il cuore delle iniziative è stata l’isola di Sacca Fisola, estrema propaggine della Giudecca, cui è collegata da un ponte, dove i ragazzi del laboratorio Morion hanno attrezzato un campeggio internazionale.

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Da sottolineare, a dimostrazione di quanto i destini di Venezia destino più preoccupazione all’estero che a casa nostra, la presenza di numerosi portavoce di comitati No Grandi Opere provenienti dalla Francia, dalla Germania, dalla Spagna e da altri paesi d’Europa. La lista delle adesioni alla “tre giorni” è davvero troppo lunga per essere riportata ma potete scorrerla collegandovi al sito del comitato organizzatore, dove potete anche vedere le foto di questi grattacieli ambulanti e farvi una idea sul loro impatto nella città più fragile del mondo.

Dopo gli incontri è venuto anche il momento di manifestare. E la città lo ha fatto per tutta la giornata di domenica rispolverando un antico motto di guerra: “Par tera e par mar!” Per terra e per mare. Le violente e del tutto ingiustificate cariche della polizia dalle quali i manifestanti si sono riparati con salvagenti e canotti, non sono riuscite a disperdere i cortei. Né quello di terra, né quello d’acqua. Per tutta la giornata, le Grandi Navi sono rimaste ferme alle banchine e non sono riuscite a forzare il blocco neppure con l’aiuto degli elicotteri e dei motoscafi della polizia.

Per un giorno almeno, la laguna si è liberata dai suoi mostri marini.

“Tre giornate straordinarie”, ha commentato Tommaso Cacciari, del laboratorio Morion. “Migliaia di persone sono scese in piazza nonostante le prescrizioni della questura e si sono rimpossessate della Città e delle sue acque espropriate dalla Capitaneria di porto metro dopo metro, sino a conquistarsi il diritto di manifestare contro queste grandi opere galleggianti che si ostinano a chiamare navi”.

Proprio come per le Grandi Opere, le Grandi navi sollevano, oltre che un problema ambientale ed economico, anche un problema di democrazia. A Venezia, nessuno le vuole. Non le vogliono i cittadini, non le vogliono i residenti che ad ogni loro passaggio, causa l’impatto delle onde, vedono il water di casa tracimare liquami. Non le vogliono gli ambientalisti e non le vuole neppure l’amministrazione comunale che da tempo ha chiesto alle autorità competenti di spostarle dalla laguna. Eppure le Grandi Navi continuano a solcare il canale prospiciente il “salotto buono di Venezia” – piazza San Marco – come fosse casa loro. “Per un antiestetico gabbiotto sotto il Campanile – ha osservato il consigliere comunale Beppe Caccia – è giustamente intervenuto il ministro dei Beni Culturali in persona. Eppure per le grandi navi che oltre ad essere antiestetiche inquinano e devastano, nessuno si scomoda”. Per questo, dicevamo, il problema delle grandi navi sta dentro un più ampio problema di democrazia. E’ un problema di “chi comanda a Venezia?” Tutto qua.

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La grande mobilitazione ha segnato anche un ulteriore punto a favore di Venezia. Come da tempo chiedevano gli ambientalisti e lo stesso Comune, il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi ha anticipato la convocazione del cosiddetto Comitatone, l’organo Interministeriale per la programmazione previsto dalla Legislazione speciale per Venezia, con un ordine del giorno tutto dedicato alle Grandi Navi.

Cosa possiamo aspettarci da questo incontro? Scorriamo la lista dei partecipanti. Non sono state convocate le associazioni ambientaliste. Non ci sarà neppure il Ministero per la Cultura che avrebbe il compito tramite le Soprintendenze di tutelare i beni architettonici (come se Venezia non lo fosse…). Ci sarà invece il sindaco di Venezia, e vorrei vedere il contrario, ma ci saranno anche i rappresentanti della Regione la cui amministrazione è tutta in mano a Pdl e Lega che ha la sensibilità ambientale di un Mister Hyde e la cui attenzione nei confronti di una città che gli ha sempre votato contro è ai minimi storici.

Al Comitatone ci saranno anche tutti i rappresentanti delle lobby crocieristice e delle organizzazioni armatoriali italiane ed europee (ci chiediamo a che titolo sono state invitate), insieme a quegli organi dello Stato che da sempre hanno unicamente tutelato gli interessi delle Grandi Navi come la Capitaneria e l’Autorità Portuale di Venezia, tutti enti a nomine ministeriali. A costoro, il sindaco di Venezia dovrà spiegare perché la città non vuole essere giornalmente devastata dal via vai di questi cementifici di mare.

Il problema, come abbiamo scritto poco sopra, sta tutto qua: “chi comanda a Venezia?”


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.

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