A Lampedusa per riscrivere la geografia dei diritti

A Lampedusa per riscrivere la geografia dei diritti

di Riccardo Bottazzo

Nessuno se l’è dimenticato, quel 3 ottobre. A poche miglia dalla spiaggia di Lampedusa affogavano 368 persone. Uomini, donne e bambini in fuga da guerre, fame e violenze. Uomini, donne e bambini che cercavano solo un futuro e che hanno trovato una frontiera. La frontiera di guerra di una Europa militarizzata che, anche dopo la tragedia, continua ad investire miliardi di euro in politiche di esclusione forzata a Lampedusa come a Melilla, con il muro di Evros, i pattugliamenti di Frontex, fino ad invadere la stessa sovranità di Stati terzi, esternalizzando sino al cuore del deserto libico i suoi dispositivi di controllo.

Le frontiere servono a dividere e non “pesano” mai solo da una parte. Anche chi è nato dalla parte “giusta” del confine viene giornalmente umiliato da una politica oramai sempre più lontana da quell’idea di democrazia diretta e partecipata che stava alla base della nostra Costituzione. L’esclusione di categorie sempre più ampie di nuovi poveri, la mercificazione dei diritti del lavoro e della cittadinanza colpiscono i migranti in fuga come colpiscono chi in tasca ha un passaporto europeo in piena regola.

Non è questa l’Europa che vogliamo. Non è questo il futuro che sogniamo.

Ed è qui che nasce l’appello lanciato da Melting Pot a realizzare insieme, come leggiamo nel sito meltingpot.org, “un patto costituente tra molti e diversi, un processo collettivo, uno spazio comune che sarà responsabilità di ognuno preservare, ciascuno con le sue pratiche e le sue modalità, un’occasione per iniziare a capire collettivamente come costruire una geografia del cambiamento che vada oltre i confini imposti dall’Europa per trasformare questo manifesto in realtà”.

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Sono centinaia le associazioni, italiane ma anche del resto d’Europa e dal nord Africa, che hanno già aderito all’iniziativa. Ci troveremo tutti insieme a Lampedusa da venerdì 31 gennaio a domenica 2 febbraio per scrivere quella che è stata chiamata la Carta di Lampedusa e “contrapporre a questo stato di cose un altro diritto, scritto dal basso. Un diritto alla vita che metta al primo posto le persone, la loro dignità, i loro desideri e le loro speranze, un diritto che nessuna istituzione oggi riesce a garantire, un diritto da difendere e conquistare, un diritto di tutti e per tutti”.

A questa iniziativa, associazioni, movimenti, cittadini – la lista di chi ha aderito è davvero troppo lunga per essere riportata ed inoltre è in continuo aggiornamento, ma la potete trovare facilmente nel sito di Melting Pot come nelle pagine di tutte le realtà che si sono mobilitando – stanno già lavorando sin dal giorno dopo la tragedia. Per mantenere il progetto nei binari della democrazia e della partecipazione, è stata usata una piattaforma wiki che permette a tutti di contribuire alla stesura dei documenti finali. Inoltre, sono già stati svolti svariati incontri, molti dei quali in web conference. Segnaliamo solo il prossimo appuntamento che si svolgerà materialmente a Palermo, mercoledì 18 a Diaria Didattica, via Venezia, alle ore 19.

Anche il programma della “tre giorni” di Lampedusa è in fase di definizione. Per ulteriori informazioni vi invito a raggiungerci sulla pagina Facebook “La Carta di Lampedusa”.

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Nessuna pretesa, sottolineano gli organizzatori, di imporre all’Europa un repentino cambiamento di rotta sulla politica migratoria,. L’appuntamento di Lampedusa deve essere inteso come un’occasione di “ribaltare i linguaggi e gli istituti imposti dalle politiche del confine” e gettare le basi di un “manifesto collettivo, un nuovo diritto che nasce dal basso”.

Un punto di partenza, dunque. Un trampolino per riscrivere insieme la “geografia” dell’Europa. E con essa la mappa dei nostri diritti che sono i diritti di tutti.


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.
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