Una coppia di rom tenta di rapire un bimbo di soli 8 mesi a Tor Tre Teste, nella periferia della capitale. Quale migliore notizia poteva capitare ieri alla stampa frettolosa di cavalcare la rabbia dei romani contro gli stranieri e i campi nomadi? Deve essere sembrata loro una manna dal cielo. E vai giù di titolone sparato in prima pagina: “Roma, tentano di rapire un bimbo: rom bloccati durante la fuga” (Il Messaggero). E sui social network parte la condivisione compulsiva accompagnata da commenti carichi di odio e razzismo.
Poi oggi arriva la smentita: l’uomo che ha tentato il rapimento sarebbe il padre naturale del bimbo. Lui e la madre si conoscono da tempo e in passato avrebbero avuto una relazione che ha portato alla nascita del bimbo ora conteso. Sono bastate meno 24 ore per trasformare una notizia in una bufala che continua però a girare online come una verità. Come era già successo in passato e come continuerà ad accadere in futuro. Perché quello che conta non è il fatto che mai in Italia si è verificato un rapimento di un minore non rom da parte di una famiglia rom. Quello che conta è fare un click in più senza curarsi delle conseguenze delle proprie azioni. Sarebbe bastato omettere dal titolo la parola “rom” in attesa che le indagini chiarissero l’accaduto. Ma quante condivisioni avrebbe ottenuto l’articolo?
Certo, la responsabilità è anche di chi ormai legge solo i titoli degli articoli alla ricerca di conferme, senza mai mettere in dubbio le proprie certezze. Per dire ai propri amici, “hai visto che avevo ragione io?!”. No, non avevi ragione tu… E siamo sicuri che nessuno di loro sentirà il bisogno di chiedere scusa.
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