I rapimenti di massa sono la forza di Boko Haram. Ecco perché

Disumanizzati, privati di ogni rapporto socio-familiare e sedotti dalla promessa di ricchezze e ricompense materiali, costituiscono la perfetta manovalanza per le mire criminali di Boko Haram: sono le migliaia di civili rapiti e trasformati in letale fanteria

di Michael W. Baca, analista

Il primo anniversario del rapimento delle ragazze di Chibok è stato un tragico monito della propensione di Boko Haram verso i rapimenti di civili. Mentre continuano a mancare statistiche esaustive, le informazioni disponibili suggeriscono che Boko Haram abbia rapito e/o arruolato migliaia di civili nel corso della sua lotta violenta contro Abuja. La maggior parte dei sequestri sembrano essersi verificati dopo che, nel 2013, Boko Haram si è evoluto da un movimento di guerriglia principalmente urbana a una rivolta in gran parte rurale. La tempistica, molto probabilmente, non è una coincidenza. I rapporti indicano che il trasferimento di Boko Haram nelle campagne ha comportato sfide importanti nel reclutamento, che il gruppo ha cercato di affrontare – in parte – attraverso i rapimenti.

Boko Haram aveva già una presenza in espansione nel hinterland rurale – del nord-est del Paese – prima del 2013. Ma il vero cambiamento geografico ha probabilmente avuto inizio nel maggio dello stesso anno, quando il governo nigeriano ha dichiarato lo stato di emergenza e ha proceduto con l’impiego di forze militari nelle città del nord-est. Di fronte a questa offensiva, molti elementi di Boko Haram sembrano aver abbandonato i loro nascondigli urbani, per rifugiarsi nelle boscaglie. Questa apparente battuta d’arresto alla fine si è rivelata essere vantaggiosa per Boko Haram. Le insicure campagne del nord-est della Nigeria hanno fornito un ambiente ideale per permettere al gruppo salafita-jihadista di operare; lasciato in gran parte indisturbato dalle forze di sicurezza nigeriane, Boko Haram ha aumentato la sua capacità militare e, infine, ha strappato da Abuja vaste aree di territorio.

C’era solo un problema: riposizionando la maggior parte delle sue forze al di fuori delle grandi città del Nord-Est, Boko Haram sembrava essersi tagliato fuori dalla sua base. Fondato negli affollati quartieri di Maiduguri – la più grande città nord-est della Nigeria – Boko Haram aveva attirato gran parte del suo precoce sostegno da due dati demografici. Il primo consisteva di persone provenienti dal sottoproletariato nascente di Maiduguri, mentre il secondo era caratterizzato dagli studenti universitari. Molti membri di questi gruppi erano cresciuti disillusi con la mancanza di opportunità economiche e dilagante corruzione politica.

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In questo contesto, l’aspra critica di Boko Haram verso il sistema socio-politico nigeriano è rimbalzata trai molti abitanti di Maiduguri. Inoltre, l’adesione a Boko Haram ha offerto ad individui insoddisfatti l’opportunità di far parte di una rete sociale con collegamenti significativi in tutto il nord-est della Nigeria e oltre. La violenta repressione che il governo di Abuja ha esercitato nel luglio 2009 contro Boko Haram sembra aver ulteriormente rafforzato il fascino dell’ideologia rivoluzionaria di Boko Haram tra alcuni segmenti della popolazione di Maiduguri. Le dure tattiche impiegate dalle forze di sicurezza nigeriane all’indomani della rinascita di Boko Haram nel 2010 (che presumibilmente includeva omicidi extragiudiziali e arresti di massa), ha semplicemente spinto gli abitanti delle aree più urbane tra le braccia del movimento salafita-jihadista.

Nella campagna del nord-est, Boko Haram invece ha incontrato un pubblico molto meno amichevole. Oltre a contenere un numero considerevole di comunità cristiane e politeiste, l’area rurale del nord-est della Nigeria possiede anche una popolazione musulmana che aderisce in generale a forme sincretiche di islam, incorporando anche aspetti di religioni indigene. Per di più, i musulmani rurali hanno probabilmente atteggiamenti meno antagonistici verso il governo nigeriano, dovuta in parte alla mancanza di contatto con gli agenti di Abuja. Le istituzioni tradizionali – in particolare quelle relative alla autorità politica o religiosa – ancora esercitano una certa influenza tra molti abitanti del luogo, presentando un baluardo conservatrice contro la radicalizzazione islamica.

Operando tra popolazioni poco o nulla ricettive alla propria visione del mondo, Boko Haram ha affrontato una scelta. Il gruppo salafita-jihadista avrebbe potuto modificare il proprio messaggio per ampliare il suo consenso nelle zone rurali, oppure affermarsi tra le campagne attraverso la coercizione armata. Scegliendo di perseguire la seconda opzione, la leadership di Boko Haram ha creato una nuova sfida per il suo movimento. Gli scontri sul campo di battaglia hanno portato ad un costante bisogno di nuove reclute, ma il bacino della manodopera di Boko Haram consisteva ancora di pochi gruppi di persone dedite alla causa. Boko Haram ha quindi probabilmente identificato nei rapimenti su larga scala la strada per superare questa sfida.

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Per attirare più volontari, Boko Haram sembra aver fatto sempre più affidamento su incentivi materiali. Oltre a dispensare ai suoi seguaci denaro e beni saccheggiati, Boko Haram ha presumibilmente distribuito donne catturate durante le incursioni agli insediamenti vulnerabili. In una regione in cui i maschi di solito hanno bisogno di un certo grado di ricchezza per sposarsi, la prospettiva di ottenere una “moglie” deve certamente essersi rivelata allettante per molti giovani indigenti, che altrimenti avrebbero trovato di scarsa utilità il messaggio islamista di Boko Haram. I militanti possono persino barattare i loro prigionieri di sesso femminile ottenendo merci o un compenso in denaro da parte dei locali trafficanti di esseri umani.

Oltre ad utilizzare le donne e le ragazze rapite per il reclutamento, Boko Haram sembra aver schierato un certo numero di sue prigioniere come attentatrici suicide. Questa militarizzazione dei rapiti è stata estesa anche ai prigionieri di sesso maschile, in particolare agli adolescenti. Resoconti dal nord-est della Nigeria e dal Camerun settentrionale indicano che una grande percentuale di combattenti di Boko Haram è ora tratta da prigionieri di guerra e da arruolamenti forzati. Anche se costretti a unirsi Boko Haram con mezzi violenti, è plausibile che questi individui servano il gruppo salafita-jihadista come soldati di fanteria,  affidabili perché propensi ad effettuare attacchi frontali sulle posizioni armate.

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Boko Haram probabilmente raggiunge questo livello di obbedienza alienando i suoi prigionieri dalle proprie comunità natali e successivamente facendoli socializzare nel proprio rango di riferimento nel gruppo salafita-jihadista. Secondo le testimonianze fornite da alcuni disertori, Boko Haram uccide spesso i parenti davanti ai prigionieri stessi, per recidere i loro legami familiari. Spogliati dei loro legami sociali, molti prigionieri sembrano diventare più vulnerabili alle tecniche di indottrinamento di Boko Haram, che apparentemente li plasmano in combattenti duttili. Coloro che rischiano l’esecuzione tentando di fuggire dai campi di di Boko Haram si trovano spesso ostacolati nel tornare nei territori controllati dal governo della Nigeria o dei suoi vicini. Con queste tetre prospettive, non dovrebbe essere una sorpresa che tanti combattenti arruolati rimangono con Boko Haram.

Centinaia, se non migliaia, di queste persone dovranno essere reintegrati nella società, in caso di una sconfitta di Boko Haram. In caso contrario si potrebbe creare un fluttuante corpus di giovani scontenti, privi di opportunità e propensi ad unirsi ad altre violenti forze non-governative. In effetti, questa potenziale sfida sulla sicurezza potrebbe rivelarsi come uno dei lasciti più duraturi di Boko Haram.

su gentile concessione di African Arguments

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