Il fotografo spagnolo Omar Havana ha vissuto tutti i momenti più drammatici del terremoto che ha scosso il Nepal. Condividendo il dramma con le persone del posto, ha scoperto un popolo resistente e con una inspiegabile forza di volontà. “Endurance” racconta le loro storie (con una prefazione di Bertolucci).
di Omar Havana
Il 25 aprile 2015 un terremoto di magnitudo 7,8 ha devastato il Nepal: quasi 9.000 persone sono morte, più di 22.000 hanno riportato ferite e oltre mezzo milione di case sono state distrutte. Per mesi scosse di assestamento hanno continuato a colpire il paese. Le persone hanno occupato strade e spazi all’aperto nella paura più totale. Il caos ha dominato la vita quotidiana dei nepalesi.
Una notte, dopo essere stato tutto il giorno a fotografare mentre le scosse di assestamento si erano fatte sentire più volte, mi sono finalmente addormentato abbracciando la mia macchina fotografica. Qualcuno mi ha toccato. Ho subito pensato che volessero rubare le mie macchine fotografiche. Ma voltandomi ho trovato una vecchia donna, una donna che aveva perso tutto, coprirmi con la sua trapunta. Mi ha detto: “Abbiamo bisogno di prenderci cura di te. Stai dicendo al mondo la situazione del nostro paese”. In quel momento, ho cominciato “Endurance”.
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In un primo momento il mondo era interessato alla storia e i media hanno pubblicato un fiume di immagini che mostravano la distruzione. Ma in poche settimane altre storie hanno catturato i titoli dei giornali. Il Nepal è scomparso a poco a poco dalla notizie mentre il popolo nepalese continuava la sua lotta, combattendo come ha fatto fin dal primo giorno, per aiutarsi a vicenda e ricostruire dopo la devastazione. “Endurance” racconta la loro storia.
Essere lì
Ho assistito in prima persona al terremoto. Mi sono ritrovato per le strade di Kathmandu pochi minuti dopo la prima scossa, scendendo di corsa sei rampe di scale con mia moglie e i vicini di casa. Mentre scendevamo le pareti hanno iniziato a squarciarsi intorno a noi. Ero terrorizzato e non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma, uscendo in strada, ho capito che eravamo delle persone fortunate.
Per le strade, le lacrime della gente mi hanno raccontato la storia. Eravamo stati colpiti dalla devastazione della madre terra. Abbiamo provato a chiamare le nostre famiglie e gli amici per assicurarli di essere vivi ma, pochi minuti dopo aver parlato con loro, le comunicazioni dal Nepal sono diventate impossibili. Proprio quando molte persone stavano cercando di raggiungere i loro cari, il Paese è stato tagliato fuori dal mondo esterno.
Per giorni abbiamo dormito tutti per le strade, condividendo paure ma anche l’amore e la cura reciproca. Da straniero che vive in Nepal, ho sentito che avrei dovuto dare tutto quello che avevo dentro per dire al mondo quanto era successo. Il mio amore per il paese, soprattutto per le persone, mi ha fatto spingere oltre la mia forza e mi ha aiutato a superare la mia paura.
Momenti di gioia
Passarono diversi giorni prima che nel piccolo e sovraccarico aeroporto le squadre di soccorso internazionali potessero arrivare a Kathmandu. La speranza era svanita. Il numero dei morti confermati era aumentato notevolmente. Quando i soccorritori sono arrivati, un raggio di luce occasionale ha trafitto l’oscurità di devastazione e di dolore. Nelle rovine di una pensione in cui decine di persone erano morte, Pemba Lama, un ragazzo di 15 anni, è stato salvato in vita dall’esercito nepalese e dalle squadre di soccorso internazionali.
Era sopravvissuto per cinque giorni, circondato dai cadaveri dei suoi colleghi della pensione, bevendo piccole gocce d’acqua di condensa da una t-shirt che pendeva su di lui in mezzo al mucchio di detriti.
Dopo Pemba, molte persone sono state trovate vive, esempi di resistenza e persistenza del popolo del Nepal. Ogni persona trovata è stata celebrata come vittoria sulla rabbia della madre terra. A poco a poco la vita stava tornando in Nepal, mentre i corpi venivano cremati giorno e notte, accompagnati dalle lacrime di coloro che erano sopravvissuti.
Ispirato dai miei soggetti
La situazione del popolo nepalese mi ha ispirato, non solo per essere un fotografo migliore, ma per chiedere che cosa potevo fare per essere una persona migliore. Mi sono chiesto, “come possono ancora sorridere dopo tutto quello che è successo?” Volevo capire quale spirito ha reso questo possibile, cosa ci fosse dietro la loro capacità di recupero. E di catturare tutto ciò con la mia fotografia.
Per diversi mesi ho viaggiato per tutto il Nepal, un paese che amo, scoprendo storie come quella di Pemba Lama, che è sopravvissuto cinque giorni sotto le macerie, o Pawn, la cui madre lo ha protetto stendendosi sopra di lui appena cominciò il terremoto. Lei è morta ma lui è sopravvissuto, riportando solo ferite alle gambe.
Da Bhaktapur a Gorkha, da Kathmandu a Sindhupalchowk, ovunque io sia andato, la lotta di chi resiste mi ha impressionato. La gente mi chiedeva di entrare nelle loro case, per condividere un tè, voleva posare per le foto. “Endurance” a poco a poco è diventata una realtà. Alle prese con il mio trauma, le storie di coloro che ho incontrato sono servite da terapia, mi ha aiutato capire che il mio trauma è stato condiviso. Il mio amore per il Nepal è cresciuto mentre le persone mi hanno fatto sentire parte di un paese che sta soffrendo lo stesso trauma. Ho pianto, sorriso, sentito il dolore di coloro che hanno voluto condividere un momento con me. Non potevo permette che le loro storie venissero dimenticate. Ho sentito sempre di più che era mio dovere dare loro voce. Per far capire al mondo la profondità della loro lotta e lo spirito con cui hanno combattuto per ricostruire il proprio paese.
Le persone, non il governo
Quando il governo del Nepal stava ancora pensando al modo giusto per fronteggiare questo disastro immane, la popolazione non è restata con le mani in mano. Le persone hanno lavorato duramente. Hanno fatto cadere a mani nude gli edifici pericolanti, recuperando mattoni e assi di legno per ricostruire le proprie case. La propria nazione. Ho sentito sempre di più le parole “ci rialzeremo, ci rialzeremo”. La comunità internazionale ha donato più di 4 miliardi di dollari al governo nepalese per aiutare la nazione ma, finora, il Nepal è ancora in attesa di vedere questa somma investita per coloro che ne hanno più bisogno. Organizzazioni locali e internazionali stanno aiutando chi ha necessità con cibo, cure mediche, acqua, ricostruendo scuole e offrendo istruzione ai bambini nei vari campi ma, soprattutto, è stato il popolo nepalese – che ha lavorato duramente giorno e notte – a ricostruire la propria nazione.
“Endurance”, il libro
Un collega mi ha detto una volta che “una storia che non viene raccontata non esiste”. Io voglio che venga ricordata la storia del popolo nepalese che ha reagito al terremoto. “Endurance” sarà un umile tributo a (e una sorta di eredità di) coloro che stanno lavorando duramente per vedere la propria nazione risorgere. “Endurance” includerà oltre 70 fotografie in bianco e nero scattate per tutto il Nepal immediatamente dopo il terremoto e nei mesi successivi. Sarà stampato in copertina rigida e misurerà 20 x 30 cm. La prefazione sarà scritta dal regista Bernardo Bertolucci, che ha usato immagini prese da “Endurance” per una campagna di raccolta fondi a Roma in favore del Nepal. Hanno collaborato, tra gli altri: il fotografo sudafricano Gareth Bright, il giornalista nepalese dell’AFP Paavan Mathema e il Senior Program Officer dell’International Medical Corps Nepal Amir Thapa. Ampiamente conosciuto nel mondo per i paesaggi mozzafiato dell’Himalaya, il Nepal dovrebbe essere apprezzato anche per il suo straordinario popolo. “Endurance” racconta la storia della resilienza di queste persone, la storia dello spirito di vita che si diffonde, come il sorriso sui loro volti, tra le strade piene di macerie e ciò che resta delle loro case.
La campagna su Kickstarter
Per pubblicare Endurance ho bisogno di raccogliere 27.000 dollari. Abbiamo creato una “folle” campagna di finanziamento su Kickstarter per rendere duratura questa testimonianza di forza e spirito del popolo del Nepal. Se raggiungiamo il nostro obiettivo saremo in grado di distribuire Endurance nelle biblioteche e tra le organizzazioni della comunità del Nepal. Abbiamo bisogno del vostro aiuto, anche condividendo questo post sui vostri social network potete fare tanto.
*Omar Avana (immortalato nella foto in copertina da Juliette Rousselotte) è nato in Spagna nel 1975. Lavora Getty Images e dal 2008 vive in Asia. Si è trasferito in Nepal nell’ottobre 2014 e da allora ha coperto un numero considerevole di storie, principalmente legate ai drammi umani e ai risultati delle lotte per migliorare la situazione del paese. Le sue foto del terremoto sono state pubblicate da decine di testate in tutto il mondo, tra cui il New York Times, che gli ha dedicato la prima pagina. Ha esibito il suo lavoro nel Festival di Perpignan del 2015. Omar e sua moglie Juliette hanno anche partecipato a varie conferenze tra Francia e Spagna per spiegare come aiutare i cittadini del Nepal dopo il dramma del terremoto. Si sente parte di questo paese, che ama e considera casa.
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