Rom e scolarizzazione, un decennio di fallimenti

Dal 2002 al 2015 il Comune di Roma ha investito nel “Progetto Scolarizzazione Rom di Roma Capitale”circa 27 milioni di euro, coinvolgendo un numero compreso tra i 500 e i 2000 minori rom residenti negli insediamenti formali della Capitale. Nonostante il forte investimento di risorse e l’estesa durata del “Progetto”, in questi anni non sono mai stati prodotti dati ufficiali relativi alla valutazione dei risultati e alla qualità degli interventi.

Considerata tale carenza, Associazione 21 luglio ha condotto un’accurata analisi del “Progetto Scolarizzazione Rom” con uno specifico focus sul periodo 2009-2015, e ha elaborato i risultati nel report “Ultimo Banco. Analisi dei progetti di scolarizzazione rivolti ai minori rom a Roma”.

Il quadro che emerge dal rapporto è allarmante. Secondo i dati relativi al periodo analizzato, nella città di Roma 9 minori rom su 10 non hanno frequentato la scuola con regolarità, un minore rom su 2 è in ritardo scolastico e frequenta quindi una classe non conforme alla sua età anagrafica, infine, sulla media dei 1.800 bambini rom iscritti a scuola solo 198 hanno frequentato almeno i tre quarti dell’orario scolastico. Nell’ultimo anno scolastico monitorato, quello del 2014-2015, nella baraccopoli istituzionale di Castel Romano, la frequenza regolare ha raggiunto il suo valore più basso attestandosi al 3,1%.

Da questi elementi emerge come le politiche di scolarizzazione rivolte ai minori rom residenti nella Capitale siano state negli anni del tutto insufficienti. Le responsabilità di tale insuccesso sono imputabili a diversi soggetti e fattori: all’impianto politico e istituzionale, alle competenze e risorse di cui hanno potuto disporre gli enti affidatari del “Progetto”, alla risposta dei minori rom e al loro contesto socio-economico, alle politiche abitative e di sgombero.

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Dal rapporto emerge come anche il corpo docente non sembra mostrarsi adeguatamente preparato nel fornire risposte concrete alla questione. Ai minori rom vengono spesso assegnati programmi didattici semplificati rispetto a quelli del resto della classe, aumentando di fatto il loro ritardo scolastico che è destinato ad accumularsi nel corso degli anni. Già all’interno della Strategia Nazionale di Inclusione delle comunità Rom, Sinti e Camminanti – documento ufficiale pubblicato nel 2012 – veniva evidenziato come in Italia la percentuale di minori rom con un handicap certificato toccava percentuali allarmanti (30-40%). Il dato indicherebbe un uso improprio del sostegno scolastico, assegnato in modo indiscriminato per fronteggiare i ritardi scolastici interpretati come cognitivi.

Nel report presentato da Associazione 21 luglio viene sottolineato come – alla base di tutto – la segregazione abitativa all’interno delle baraccopoli, isituzionali e non, incida in maniera determinante sulle possibilità di successo delle politiche di scolarizzazione adottate. Un bambino nato e cresciuto in un contesto di emergenza abitativa inizia il proprio percorso scolastico in una condizione di oggettiva penalizzazione. Non dispone di servizi igienici adeguati e di spazi di studio per i compiti; quasi sempre i suoi genitori sono privi di strumenti e capacità per sostenerlo nello svolgimento dello studio; il trasporto scolastico – effettuato con mezzi riservati esclusivamente a minori rom – è riconosciuto istituzionalmente insufficiente tanto che l’alunno della baraccopoli è giustificato ad entrare anche un’ora dopo dall’inizio delle lezioni e ad uscire anticipatamente rispetto al normale orario scolastico.

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«Gli impietosi numeri della ricerca rivelano il fallimento di una politica abitativa segregazionista, condotta su base etnica, dispendiosa e lesiva dei diritti fondamentali, quale quella adottata dalle diverse amministrazioni che si sono succedute nella Capitale» – ribadisce Associazione 21 luglio – «È dal superamento delle baraccopoli romane che il nuovo sindaco che uscirà dalle urne dovrà ripartire per salvaguardare un’infanzia il cui futuro appare già gravemente compromesso».


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